SULLA mensola d´ingresso di casa Messina, c´è ancora il santino con cui la Fossa dei Leoni era pronta a salutare con feroce ironia l´allenatore nemico, quando ancora il suo esonero non era rientrato per i tumulti di massa. E vedere quel santino il giorno dopo la sconfitta peggiore della Virtus made in Ettore, fa un certo effetto. Un qualche effetto lo fa anche trovare Messina e il suo staff (Molin e Consolini) in salotto davanti al videotape, tutti intenti a ragionare su schemi e disegni tattici, dopo aver rivisto la partita col Panathinaikos, probabilmente continuando a farsi anche un po´ di male. Bene, allora tanto vale cominciare da lì, dalla partita del dolore, e capire che effetto fa il giorno dopo, partendo da una considerazione rubata ad Obradovic nella notte della festa greca: "Loro erano favoriti, ma noi avevamo più fame. Se hai vinto gli ultimi quattro tornei a cui hai partecipato, un po´ di appetito ti viene meno".
Allora, Messina, la squadra aveva un´inconsapevole inappetenza?
«No, non sono d´accordo con Obradovic. Non credo che il nostro problema sia stata la fame, semmai la pressione. Altrimenti la palla non ci sarebbe pesata sulle mani al punto da sbagliare 16 tiri liberi. A campi inversi, adesso penso che avremmo vinto. Perché vincere era alla nostra portata, su questo, purtroppo, non ci sono dubbi. Semmai, può essere che a un certo punto, a un qualche livello mentale, la squadra abbia pensato che vincere potesse essere facile».
Obradovic ha cercato a lungo di spostare la pressione sulla Kinder, nei giorni della Final four: a quanto pare ci è riuscito.
«Non credo sia vero nemmeno questo: la pressione poggiava su di noi a prescindere dalle parole di Obradovic. Giocavamo in casa, avevamo vinto l´anno scorso, e tanto bastava».
La Kinder negli ultimi tempi ha ampiamente dimostrato di saper vincere. Ora saprà perdere, cioè reagire di conseguenza?
«Questo dovremo vederlo, certo dovremo porci quel problema. Cioè reagire al meglio ad una finale persa, dopo averne vinte quattro consecutive. Ma siamo un buon gruppo, posso avere fiducia».
Su questo gruppo pesano però molte incertezze. Cominciamo dalla prima, fresca di giornata, e cioè la situazione di Griffith. Il suo procuratore ha detto peste e corna della società, e lasciato chiaramente intendere che a queste condizioni il giocatore potrebbe pure fermarsi. Che si fa?
«Perché fate questa domanda a me? Se c´è una disputa fra il procuratore, o il giocatore, e il management societario, è alle due parti in causa che dovete chiedere, non a me: giusto?».
Giusto. Possiamo allora chiedere se questi difficili rapporti tra la società e Griffith, abbiano in qualche modo disturbato il lavoro dell´allenatore, o comunque non l´abbiamo agevolato?
«Chiedete pure, io però a questa domanda non rispondo».
Bene. Torniamo alle situazioni d´incertezza che si dicevano: lasciando stare quelle diciamo fisiologiche, ossia i possibili destini americani di Jaric e Ginobili, qui non si è ancora nemmeno capito dove sarà Messina l´anno prossimo. Questo possiamo chiederlo?
«Certo, e rispondere è facilissimo, perché tutti sanno che io voglio e desidero davvero intensamente continuare ad essere l´allenatore della Virtus. Ci ho vissuto in questa società, poi ci ho vinto, e ora vorrei continuare a farlo. Detto questo, tutti sanno anche che l´ineluttabile destino della Virtus è quello di essere competitiva a tutti i livelli, come lo è da 10 anni a questa parte, o comunque da quando l´alleno io. E per essere competitivi servono una società forte, un allenatore possibilmente bravo, e dei giocatori anche migliori. Non si scappa».
Quindi?
«Quindi a fine stagione vedremo i progetti della società e di conseguenza decideremo entrambi il da farsi».
Provando a sintetizzare: se la Virtus del futuro sarà competitiva, nonostante i suoi non idilliaci rapporti con Madrigali, resterà?
«Certo che sì. L´ho detto, il mio primo desiderio è quello».
Per capirne un po´ di più: ai club che l´hanno cercata in questi giorni cosa ha risposto, aspettate che vi so dire più avanti come sono messo?
«Questa mi sembra una curiosità eccessiva».
Non vorrà mica negare che dall´esonero in poi non l´abbiano cercata in diversi, vero?
«No, non lo nego. E´ solo che non dico cosa ci siamo detti, e francamente mi sembra che dobbiate anche capirmi».
Capiamo. Ora però provi lei a capire il virtussino medio, che in queste ore è gravemente depresso. Cosa può dirgli per rincuorarlo?
«Io lo so bene cosa stanno passando i virtussini, fidatevi. Avrei voluto portarli tutti con me nello spogliatoio, per fargli vedere il dolore con cui la squadra è rientrata dal campo dopo la sconfitta. Io però credo che oltre la delusione, i nostri tifosi debbano sapere ritrovare l´orgoglio di essere legati a una squadra che ha vinto più della metà delle tante finali che ha saputo conquistarsi. Loro hanno bisogno di tornare a vederci vincere, noi abbiamo bisogno di loro per riuscire a farlo. Ci stiano vicino, ecco cosa voglio dirgli, e sappiano che abbiamo molta voglia di rifarci e tutte le possibilità per farlo, a cominciare dai play off che vanno ad iniziare».
Un´ultima, inevitabile, domanda: tornando alla finale, rifarebbe tutto?
«L´ho appena rivista… no, non rifarei tutto. In parte l´avevo già detto che forse avrei dovuto insistere più su Granger, e ora ne sono sicuro. Ma non è colpa di Rigaudeau o Becirovic, e questo voglio sia chiaro. La colpa in questi casi è di chi sceglie chi mandare in campo. E chi sceglie sono io».
Giovanni Egidio
Allora, Messina, la squadra aveva un´inconsapevole inappetenza?
«No, non sono d´accordo con Obradovic. Non credo che il nostro problema sia stata la fame, semmai la pressione. Altrimenti la palla non ci sarebbe pesata sulle mani al punto da sbagliare 16 tiri liberi. A campi inversi, adesso penso che avremmo vinto. Perché vincere era alla nostra portata, su questo, purtroppo, non ci sono dubbi. Semmai, può essere che a un certo punto, a un qualche livello mentale, la squadra abbia pensato che vincere potesse essere facile».
Obradovic ha cercato a lungo di spostare la pressione sulla Kinder, nei giorni della Final four: a quanto pare ci è riuscito.
«Non credo sia vero nemmeno questo: la pressione poggiava su di noi a prescindere dalle parole di Obradovic. Giocavamo in casa, avevamo vinto l´anno scorso, e tanto bastava».
La Kinder negli ultimi tempi ha ampiamente dimostrato di saper vincere. Ora saprà perdere, cioè reagire di conseguenza?
«Questo dovremo vederlo, certo dovremo porci quel problema. Cioè reagire al meglio ad una finale persa, dopo averne vinte quattro consecutive. Ma siamo un buon gruppo, posso avere fiducia».
Su questo gruppo pesano però molte incertezze. Cominciamo dalla prima, fresca di giornata, e cioè la situazione di Griffith. Il suo procuratore ha detto peste e corna della società, e lasciato chiaramente intendere che a queste condizioni il giocatore potrebbe pure fermarsi. Che si fa?
«Perché fate questa domanda a me? Se c´è una disputa fra il procuratore, o il giocatore, e il management societario, è alle due parti in causa che dovete chiedere, non a me: giusto?».
Giusto. Possiamo allora chiedere se questi difficili rapporti tra la società e Griffith, abbiano in qualche modo disturbato il lavoro dell´allenatore, o comunque non l´abbiamo agevolato?
«Chiedete pure, io però a questa domanda non rispondo».
Bene. Torniamo alle situazioni d´incertezza che si dicevano: lasciando stare quelle diciamo fisiologiche, ossia i possibili destini americani di Jaric e Ginobili, qui non si è ancora nemmeno capito dove sarà Messina l´anno prossimo. Questo possiamo chiederlo?
«Certo, e rispondere è facilissimo, perché tutti sanno che io voglio e desidero davvero intensamente continuare ad essere l´allenatore della Virtus. Ci ho vissuto in questa società, poi ci ho vinto, e ora vorrei continuare a farlo. Detto questo, tutti sanno anche che l´ineluttabile destino della Virtus è quello di essere competitiva a tutti i livelli, come lo è da 10 anni a questa parte, o comunque da quando l´alleno io. E per essere competitivi servono una società forte, un allenatore possibilmente bravo, e dei giocatori anche migliori. Non si scappa».
Quindi?
«Quindi a fine stagione vedremo i progetti della società e di conseguenza decideremo entrambi il da farsi».
Provando a sintetizzare: se la Virtus del futuro sarà competitiva, nonostante i suoi non idilliaci rapporti con Madrigali, resterà?
«Certo che sì. L´ho detto, il mio primo desiderio è quello».
Per capirne un po´ di più: ai club che l´hanno cercata in questi giorni cosa ha risposto, aspettate che vi so dire più avanti come sono messo?
«Questa mi sembra una curiosità eccessiva».
Non vorrà mica negare che dall´esonero in poi non l´abbiano cercata in diversi, vero?
«No, non lo nego. E´ solo che non dico cosa ci siamo detti, e francamente mi sembra che dobbiate anche capirmi».
Capiamo. Ora però provi lei a capire il virtussino medio, che in queste ore è gravemente depresso. Cosa può dirgli per rincuorarlo?
«Io lo so bene cosa stanno passando i virtussini, fidatevi. Avrei voluto portarli tutti con me nello spogliatoio, per fargli vedere il dolore con cui la squadra è rientrata dal campo dopo la sconfitta. Io però credo che oltre la delusione, i nostri tifosi debbano sapere ritrovare l´orgoglio di essere legati a una squadra che ha vinto più della metà delle tante finali che ha saputo conquistarsi. Loro hanno bisogno di tornare a vederci vincere, noi abbiamo bisogno di loro per riuscire a farlo. Ci stiano vicino, ecco cosa voglio dirgli, e sappiano che abbiamo molta voglia di rifarci e tutte le possibilità per farlo, a cominciare dai play off che vanno ad iniziare».
Un´ultima, inevitabile, domanda: tornando alla finale, rifarebbe tutto?
«L´ho appena rivista… no, non rifarei tutto. In parte l´avevo già detto che forse avrei dovuto insistere più su Granger, e ora ne sono sicuro. Ma non è colpa di Rigaudeau o Becirovic, e questo voglio sia chiaro. La colpa in questi casi è di chi sceglie chi mandare in campo. E chi sceglie sono io».
Giovanni Egidio
Fonte: La Repubblica