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Kinder, ecco Andersen l’uomo del destino

«Soffro per Matjaz, ma farò la mia parte. Il ruolo di “quattro”? Mi piace»

Bella rimpatriata, alla palestra dell’Arcoveggio. Ci sono Roberto Brunamonti, Antonello Riva, Dan Gay e ti ritrovi all’improvviso di fronte un pezzo di storia del basket italiano. E il bello è che, aggiungendo alla lista Luca Ansaloni che è lì a due passi, con le sue trentacinque primavere sulle spalle nonostante l’aria da eterno ragazzo, sono ancora quasi tutti in attività: solo Brunamonti si presenta in borghese allo scrimmage tra Kinder e Benetton, gli altri hanno addosso la canotta dell’Oregon Cantù e sono attesi all’ennesima prova del parquet, seppure per un allenamento di altissima qualità con i campioni d’Italia in carica. Tra i quali, ormai è noto, manca Matjaz Smodis, che ormai fa il conto alla rovescia aspettando l’operazione di venerdì prossimo, che servirà a ridurgli la frattura allo scafoide della mano sinistra. C’è invece Ale Frosini, che indossa una mascherina protettiva per evitare ulteriori problemi al naso, colpito fortuitamente venerdì durante l’allenamento. Niente di grave, comunque: una piccola infrazione che non creerà problemi in vista dei play-off. Tutto okay anche in campo, sfida che va in scena rigorosamente a porte chiuse, risultato che conta il giusto. Conta, invece, che sia stata un’amichevole produttiva per entrambe le squadre, coinvolte nella grande corsa.
Mancherà Smodis, di qui in avanti, e il reparto lunghi dovrà fare gli straordinari, cercando di registrare i meccanismi. Lo sa bene David Andersen, che si prepara all’appuntamento, e alla pesantissima assenza. «Mi sembra logico che dovrò giocare più spesso nel ruolo di "quattro". Senza Matjaz ci troveremo a dover coprire un buco, e personalmente cercherò di dare un aiuto alla squadra. Questa è la mia posizione preferita, per me non è assolutamente un problema spenderci un maggior numero di minuti».
Messina dice che Andersen cresce in proporzione ai minuti, che più sta in campo più rende. Avrà modo di dimostrarlo, adesso. «Una premessa: mi dispiace moltissimo per Matjaz, so quello che sta passando e gli sono vicino. Per il resto, è normale che con più opportunità io possa cercare di fare più cose, facendo in modo che siano cose utili per la squadra. Io so che devo cercare di dare una mano alla Virtus, in questo ruolo, perché c’è un traguardo da raggiungere, c’è uno scudetto in palio e noi non abbiamo rinunciato a vincerlo, ci mancherebbe. Anche se questo è un momento delicato».
C’è la delusione dell’Eurolega da smaltire. «Non mi riferisco a questo. Dico che è dura pensando ancora a Smodis. Lui era in grande forma, in un momento di grande continuità. Il suo stop è un problema per lui e per la squadra. La Final Four? Vero, fa male aver perso una finale importante come quella, ma adesso dobbiamo pensare al futuro, guardare alle prossime partite. Personalmente, non sono uno che ama voltarsi indietro».
Cose da chiarire, da capire. Griffith ha parlato di qualche problema di circolazione di palla tra esterni e lunghi, alla Final Four. Com’è andata? «Con la Benetton benissimo. Ci sono arrivati molti palloni, c’era un gran bel ritmo. Contro il Panathinaikos siamo stati spesso anticipati in post basso, e se non la prendi lì diventa tutto più difficile, anche essere utili alla squadra. I greci sono stati bravi a anticiparci, soprattutto con Middleton e Kutluay. In quei casi serve calma, bisogna trovare l’equilibrio con un po’ di pazienza. E nel finale di quella partita non era facile, ci eravamo un po’ innervositi. Ma non è soltanto colpa delle guardie, chiaramente: anche noi lunghi dobbiamo lavorare di più, per prendere la posizione giusta». Avete pensato alla soluzione? «Il coach ne ha parlato, certo. Sappiamo che questa squadra ha forza da vendere, fuori e dentro. Dobbiamo semplicemente trovare gli equilibri giusti, perché quando riusciamo a farlo non temiamo nessuno, nè in Italia nè in Europa».
Marco Tarozzi
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