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Spogliatoi Fabriano

Per Lasi è stata la partita d'addio?

FABRIANO — Imbarazzo, nient'altro che imbarazzo. Perfino Stefano Pillastrini, ultimo a entrare in sala stampa dopo la lunga sosta ai microfoni di Raisat fatica a commentare la partita che non c'è stata. Il derby solo virtuale, a questo punto, anche per i vincitori passa in secondo piano. «Si è svolto tutto in una situazione molto strana», ammette con signorilità e solidarietà. «Noi, forse, eravamo molto più motivati di loro e una volta preso il largo tutto è stato più facile». Conosce le regole del gioco e della vita il «Pilla», per cui glissa sui 121 punti infilati, sul record del più 58 raggiunto nel terzo periodo e sulle ben 75 realizzazioni dei panchinari che anche da soli avrebbero battuto l'inesstente avversario. Piuttosto preferisce imboccare un piccolo, ma dolce zuccherino nelle ugole svuotate dei biancazzurri. «Dispiace anche a me che Fabriano finisca così la sua stagione», mette la toga da avvocato difensore dei rivali di turno il «Pilla». «Ciò, però, non deve far dimenticare quanto di buono la Banca Marche ha compiuto nel suo campionato tra salvezza anticipata e conseguimento dei play-off da sorprendente matricola». Domani, comunque, è un altro giorno. Domani non si gioca la tanto temuta «garatre» del primo turno, ma già si pensa alla sfida di giovedì a Bologna: con la Kinder, lo saprebbe anche Lapalisse, sarà tutta un'altra cosa. E domani, però, è anche un altro giorno per il Fabriano basket, chiamato a far chiarezza sull'accaduto nel più assurdo dei commiati. In sala stampa il Consiglio di amministrazione — organo burocratico dietro il quale in molti troppo comodamente si nascondono — mandano l'addetto stampa a chiedere scusa ai tifosi e a tutta l'Italia dei canestri che ha assistito allo scempio di fine stagione. Molto più onesto e coraggioso, Maurizio Lasi che, nel giorno della vergogna, arriva puntuale davanti ai taccuini e trova la forza per parlare. Dice di non sentirsi tradito dai giocatori o da qualcun altro, ma sibillinamente sottolinea che «ci sarebbero da evidenziare altre situzioni particolari per spiegare questo difficile finale di stagione». Poi parla della squadra. «Qualcuno era con la testa negli Stati Uniti e a quel punto tutto è divenuto inutile». Infine il futuro. «Non è il momento di parlarne, adesso sono troppo amareggiato». Ma sùbito dopo — da persona seria molto più di altre… — si alza e lascia andare la mano verso quelli dello staff e i giornalisti. Non c'è dubbio, questo è un addio. Un addio con evidenti demeriti tecnici per il gruppo sfuggitogli di mano negli ultini due mesi, ma con profondi valori umani. Anche se forse qualcuno nella stanza dei bottoni sarà contento di averlo dato in pasto alla contestazione e agli «scioperi» di più di un suo giocatore…
Alessandro Di Marco
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