SIENA - A fine giugno gli anni saranno 39, ma diteci un po’ se li dimostra un giocatore che con 21,4 punti di media è il secondo marcatore del campionato dietro a Monroe. Mario Boni sta guidando la “sua” Roseto, di cui è leader e capitano, fuori dalla lotta per la salvezza. Anzi oltre... “Dopo la vittoria di domenica scorsa siamo più tranquilli. L’obiettivo è il dodicesimo posto, per entrare nei playoff”. Preoccupato per il movimento della pallacanestro, si diverte a giocare ma sembra non amare molto la “Babele” che è diventata il campionato italiano, di cui comunque Roseto è una delle più grandi esponenti, situazione che in Abruzzo ha portato al cambio dell’allenatore. “Impaloni ha avuto subito il gradimento della squadra, è carismatico e sa il fatto suo. Anche Cavina, però c’era da cambiare qualcosa. Impaloni ha dato più tranquillità al gruppo”.
La sua forza è sempre stata la grinta, la combattività, il carattere. Proprio il carattere però lo ha portato a suscitare le “antipatie” di molti palasport, su tutti quello di Siena. Boni non si tira indietro, raccoglie la sfida, però sottolinea che con la maglia di Montecatini la vera rivalità era quella con Pistoia. Ci tiene molto comunque a fare una bella figura domenica al PalaSclavo, e conoscendolo c’è da scommettere che sarà un grande protagonista del match contro la Mens Sana.
Durante la vicenda doping disse: “Tornerò più forte di prima”. Passano gli anni, siamo quasi a 39, e ormai si può dire che aveva ragione visto che è sempre protagonista.
“Sì, si può dire. La ‘vicenda doping’ non era doping ma un errore, come si sta vedendo oggi nel calcio. Da allora sono passati 8 anni e la cosa che non ho mai perso è il divertimento. L’amore per il gioco è la cosa più bella da conservare negli anni, e quello che oggi mi rende ancora più piacevole essere ancora qui”.
Passano gli anni, dicevamo, e forse è proprio per questo che la Nazionale non punta su di lei, nonostante un rendimento indiscutibile.
“E’ giusto che la Nazionale cerchi novità per il futuro. Il problema è che i giocatori nuovi non ci sono. I giocatori sono sempre quelli e ormai sono tutti oltre i 30 anni. Questo deve far riflettere. Oggi il reclutamento è azzerato, i settori giovanili abbandonati. Poi credo che siamo gli unici in Europa ad aver scelto la liberalizzazione totale degli stranieri. Di questo passo la nostra Nazionale scenderà al livello di squadre come Inghilerra e Finlandia...”
Grande spirito combattivo, ama le battaglie, anche perchè ha fatto molta gavetta. Come ha cambiato il suo modo di giocare rispetto ai suoi primi anni in serie A?
“Oggi sono più esperto e meno irruento. Faccio meno fatica a smarcarmi e a tirare perchè prima mi fidavo moltissimo della mia forza per superare l’avversario. Ora mi sento meno forte fisicamente e ho affinato altro: la velocità d’esecuzione, il tiro fuori equilibrio e altri piccoli accorgimenti che mi aiutano a giocare meglio”.
E’ sicuramente uno dei giocatori più bersagliati dalle tifoserie avversarie. Cosa rappresentano per lei i fischi?
“Mah, a volte mi chiedo perchè. Ammetto che i fischi potevano essere una conseguenza del mio comportamento, ma questo a inizio carriera, perchè oggi in campo sono più pacato. E’ un dato di fatto che a volte non lo fanno per un motivo preciso ma perchè offendere Boni è diventato un luogo comune”.
Tra gli italiani, lei è il miglior realizzatore della stagione e quello con la più alta media punti nella storia del campionato. Qual è il suo rapporto con gli americani?
“Per carità, un ottimo rapporto, io mi trovo bene con tutti e non ho problemi con nessuno. Mi dispiace però che c’è sempre meno spazio per gli italiani, vorrei che ce ne fossero di più nel campionato italiano. E’ preoccupante l’abbandono delle giovanili. La diminuzione di gente e di sforzi intorno al movimento deve far riflettere”.
Venti giocatori diversi mandati a referto finora, 34 compresi quelli venuti in prova, e adesso è in arrivo anche il play Brunner. Quanto ostacola questo la formazione di un’identità di squadra?
“Parecchio. Brunner sarebbe il 35° giocatore che arriva. Il quintetto cambia continuamente. I giocatori vengono qui per sparare tutti i loro colpi in due-tre settimane e giocarsi le loro chance. Questo va a discapito del gioco di squadra. Noi siamo molto individualisti e infatti la classifica ne risente”.
Ritiri pre-partita, contestazioni dure... ogni tanto a Roseto succede qualcosa. Qual è oggi la situazione?
“Contro Cantù siamo stati avanti per tre quarti e poi abbiamo perso. La contestazione ha amareggiato noi e anche una parte del pubblico. Oggi è tutto superato dopo la vittoria di Imola. Vincere è la panacea di tutti i mali. Questo ha portato ossigeno all’ambiente e alla società”.
All’andata avete vinto meritatamente dando a Siena una lezione di difesa, che non è proprio il vostro punto forte. Avete in mente anche per domenica una partita di questo tipo?
“Noi in casa giochiamo in maniera diversa, infatti in trasferta abbiamo vinto una partita sola. All’andata c’era Attruia, è stata una giornata di esaltazione collettiva in difesa. Quella vittoria ha dato molto prestigio alla nostra stagione, è stata un po’ la ciliegina sulla torta, ci ha riempito d’orgoglio. Fuori casa siamo un’altra squadra, bisogna vedere come gira, siamo imprevedibili nel bene e nel male”.
Rispetto ad allora ci sono stati cambiamenti importanti da entrambe le parti. Quanto ci ha guadagnato Roseto e quanto Siena?
“Noi abbiamo perso Attruia, ed è stata una perdita molto grave. Abbiamo preso Swinson, un giocatore dinamico contro le ali forti avversarie, che noi soffrivamo molto, e questo ci dà forza in più. Siena era già molto forte, poi c’è stato l’arrivo eccellente di Naumoski, e tutti conoscono le sue qualità. Oggettivamente dopo la sfortuna nella finale di Coppa Italia con la Kinder, la Mens Sana si propone seriamente per il titolo. Dipenderà dalle condizioni in cui arriverà all’ultimo mese di campionato, ma può giocarsela alla pari di Benetton, Skipper e Kinder”.
Quale sarà la chiave di volta della partita?
“Come dicevo prima, noi siamo una squadra imprevedibile. A sensazione pronosticherei un ‘1’ fisso, abbiamo appena vinto la nostra prima partita in trasferta della stagione. Sicuramente Siena è più squadra, più forte, più quadrata. La chiave sarà la nostra intensità difensiva, potremmo almeno fare in modo che la partita non sia scontata. Se invece giochiamo molli come contro Udine, potremmo essere out dalla partita già nel primo quarto”.
Il giocatore che toglierebbe alla Mens Sana?
“Tanti. Potrei dire Chiacig, il miglior pivot del campionato, Gorenc, Stefanov... Ma Siena ha anche una panchina lunga e un allenatore bravo dal punto di vista tattico e in gamba. Sarebbe la stessa cosa di chiedere chi togliere a Kinder o Skipper”.
Montecatini è sparita dalla geografia del basket nazionale. Parlando con Niccolai, ci ha detto che si sta aspettando l’estate per vedere se si può comprare un diritto sportivo di serie A. Come vive questa situazione?
“Montecatini è la mia città, mi piacerebbe che tornasse nell’elite della pallacanestro. Il problema è vedere se la passione è ancora viva. Ultimamente erano diminuite le presenze, al di là dello zoccolo duro del migliaio di abbonati. Bisogna vedere quanto entusiasmo c’è nell’ambiente, è quello che muove presidenti e sponsor”.
Proprio per i suoi trascorsi qui a Montecatini, a Siena lei è visto un po’ come il nemico numero uno. Visto che si gioca in Toscana, sente anche lei un po’ l’aria del derby?
“Sì, certo, la partita con Siena non è una partita come tutte le altre. In verità però quando giocavo a Montecatini il vero derby era con Pistoia. Non c’è mai stata rivalità diretta, credo che l’odio nacque quando Siena fece il gemellaggio con Pistoia. Giocare a Siena comunque sarà una sfida importante che mi emoziona, so che il pubblico sarà cattivo con me. Però sono passati veramente molti anni dall’ultima volta che ho giocato a Siena con Montecatini, penso che in curva ci sarà tanta gente che non si ricorda neanche di avermi visto con la maglia rossoblu. Comunque sono soddisfatto, perchè dopo tutto questo tempo io sono sempre qui”.
Una vittoria a Siena avrebbe un gusto particolare per lei?
“Sì, ma sarebbe una grande soddisfazione vincere fuori casa contro una grande squadra, sarebbero 2 punti in più per i playoff”.
Un messaggio ai tifosi senesi.
“Credo di averli sempre onorati, altrimenti non mi considererebbero un grande avversario. Continuerò a farlo. Quindi onore a Siena e onore a me!”
Boni, quanti anni pensa di giocare ancora?
“Finchè mi diverto e riesco ad andare avanti e a fare bene. Non mi piacerebbe fare panchina e vedere giocare gli altri. Vorrei essere sempre protagonista, e se fosse necessario scenderei anche di categoria per questo”.
Non le piacerebbe giocare con un ruolo più ridotto in una squadra di primo piano per vincere qualcosa?
“Io qua a Roseto ho trovato la mia dimensione. Ho già vinto due coppe all’Aris che mi hanno dato una grande soddisfazione. Il mio Scudetto oggi è dare la salvezza e i playoff a Roseto, il centro più piccolo della serie A”.
E dopo il basket giocato cosa ha in mente?
“Non so. Continuare a giocare non mi lascia lo spazio per pensare a cosa farò dopo, allenandosi tutti i giorni non c’è tempo per guardare oltre”.
Giuseppe Nigro
La sua forza è sempre stata la grinta, la combattività, il carattere. Proprio il carattere però lo ha portato a suscitare le “antipatie” di molti palasport, su tutti quello di Siena. Boni non si tira indietro, raccoglie la sfida, però sottolinea che con la maglia di Montecatini la vera rivalità era quella con Pistoia. Ci tiene molto comunque a fare una bella figura domenica al PalaSclavo, e conoscendolo c’è da scommettere che sarà un grande protagonista del match contro la Mens Sana.
Durante la vicenda doping disse: “Tornerò più forte di prima”. Passano gli anni, siamo quasi a 39, e ormai si può dire che aveva ragione visto che è sempre protagonista.
“Sì, si può dire. La ‘vicenda doping’ non era doping ma un errore, come si sta vedendo oggi nel calcio. Da allora sono passati 8 anni e la cosa che non ho mai perso è il divertimento. L’amore per il gioco è la cosa più bella da conservare negli anni, e quello che oggi mi rende ancora più piacevole essere ancora qui”.
Passano gli anni, dicevamo, e forse è proprio per questo che la Nazionale non punta su di lei, nonostante un rendimento indiscutibile.
“E’ giusto che la Nazionale cerchi novità per il futuro. Il problema è che i giocatori nuovi non ci sono. I giocatori sono sempre quelli e ormai sono tutti oltre i 30 anni. Questo deve far riflettere. Oggi il reclutamento è azzerato, i settori giovanili abbandonati. Poi credo che siamo gli unici in Europa ad aver scelto la liberalizzazione totale degli stranieri. Di questo passo la nostra Nazionale scenderà al livello di squadre come Inghilerra e Finlandia...”
Grande spirito combattivo, ama le battaglie, anche perchè ha fatto molta gavetta. Come ha cambiato il suo modo di giocare rispetto ai suoi primi anni in serie A?
“Oggi sono più esperto e meno irruento. Faccio meno fatica a smarcarmi e a tirare perchè prima mi fidavo moltissimo della mia forza per superare l’avversario. Ora mi sento meno forte fisicamente e ho affinato altro: la velocità d’esecuzione, il tiro fuori equilibrio e altri piccoli accorgimenti che mi aiutano a giocare meglio”.
E’ sicuramente uno dei giocatori più bersagliati dalle tifoserie avversarie. Cosa rappresentano per lei i fischi?
“Mah, a volte mi chiedo perchè. Ammetto che i fischi potevano essere una conseguenza del mio comportamento, ma questo a inizio carriera, perchè oggi in campo sono più pacato. E’ un dato di fatto che a volte non lo fanno per un motivo preciso ma perchè offendere Boni è diventato un luogo comune”.
Tra gli italiani, lei è il miglior realizzatore della stagione e quello con la più alta media punti nella storia del campionato. Qual è il suo rapporto con gli americani?
“Per carità, un ottimo rapporto, io mi trovo bene con tutti e non ho problemi con nessuno. Mi dispiace però che c’è sempre meno spazio per gli italiani, vorrei che ce ne fossero di più nel campionato italiano. E’ preoccupante l’abbandono delle giovanili. La diminuzione di gente e di sforzi intorno al movimento deve far riflettere”.
Venti giocatori diversi mandati a referto finora, 34 compresi quelli venuti in prova, e adesso è in arrivo anche il play Brunner. Quanto ostacola questo la formazione di un’identità di squadra?
“Parecchio. Brunner sarebbe il 35° giocatore che arriva. Il quintetto cambia continuamente. I giocatori vengono qui per sparare tutti i loro colpi in due-tre settimane e giocarsi le loro chance. Questo va a discapito del gioco di squadra. Noi siamo molto individualisti e infatti la classifica ne risente”.
Ritiri pre-partita, contestazioni dure... ogni tanto a Roseto succede qualcosa. Qual è oggi la situazione?
“Contro Cantù siamo stati avanti per tre quarti e poi abbiamo perso. La contestazione ha amareggiato noi e anche una parte del pubblico. Oggi è tutto superato dopo la vittoria di Imola. Vincere è la panacea di tutti i mali. Questo ha portato ossigeno all’ambiente e alla società”.
All’andata avete vinto meritatamente dando a Siena una lezione di difesa, che non è proprio il vostro punto forte. Avete in mente anche per domenica una partita di questo tipo?
“Noi in casa giochiamo in maniera diversa, infatti in trasferta abbiamo vinto una partita sola. All’andata c’era Attruia, è stata una giornata di esaltazione collettiva in difesa. Quella vittoria ha dato molto prestigio alla nostra stagione, è stata un po’ la ciliegina sulla torta, ci ha riempito d’orgoglio. Fuori casa siamo un’altra squadra, bisogna vedere come gira, siamo imprevedibili nel bene e nel male”.
Rispetto ad allora ci sono stati cambiamenti importanti da entrambe le parti. Quanto ci ha guadagnato Roseto e quanto Siena?
“Noi abbiamo perso Attruia, ed è stata una perdita molto grave. Abbiamo preso Swinson, un giocatore dinamico contro le ali forti avversarie, che noi soffrivamo molto, e questo ci dà forza in più. Siena era già molto forte, poi c’è stato l’arrivo eccellente di Naumoski, e tutti conoscono le sue qualità. Oggettivamente dopo la sfortuna nella finale di Coppa Italia con la Kinder, la Mens Sana si propone seriamente per il titolo. Dipenderà dalle condizioni in cui arriverà all’ultimo mese di campionato, ma può giocarsela alla pari di Benetton, Skipper e Kinder”.
Quale sarà la chiave di volta della partita?
“Come dicevo prima, noi siamo una squadra imprevedibile. A sensazione pronosticherei un ‘1’ fisso, abbiamo appena vinto la nostra prima partita in trasferta della stagione. Sicuramente Siena è più squadra, più forte, più quadrata. La chiave sarà la nostra intensità difensiva, potremmo almeno fare in modo che la partita non sia scontata. Se invece giochiamo molli come contro Udine, potremmo essere out dalla partita già nel primo quarto”.
Il giocatore che toglierebbe alla Mens Sana?
“Tanti. Potrei dire Chiacig, il miglior pivot del campionato, Gorenc, Stefanov... Ma Siena ha anche una panchina lunga e un allenatore bravo dal punto di vista tattico e in gamba. Sarebbe la stessa cosa di chiedere chi togliere a Kinder o Skipper”.
Montecatini è sparita dalla geografia del basket nazionale. Parlando con Niccolai, ci ha detto che si sta aspettando l’estate per vedere se si può comprare un diritto sportivo di serie A. Come vive questa situazione?
“Montecatini è la mia città, mi piacerebbe che tornasse nell’elite della pallacanestro. Il problema è vedere se la passione è ancora viva. Ultimamente erano diminuite le presenze, al di là dello zoccolo duro del migliaio di abbonati. Bisogna vedere quanto entusiasmo c’è nell’ambiente, è quello che muove presidenti e sponsor”.
Proprio per i suoi trascorsi qui a Montecatini, a Siena lei è visto un po’ come il nemico numero uno. Visto che si gioca in Toscana, sente anche lei un po’ l’aria del derby?
“Sì, certo, la partita con Siena non è una partita come tutte le altre. In verità però quando giocavo a Montecatini il vero derby era con Pistoia. Non c’è mai stata rivalità diretta, credo che l’odio nacque quando Siena fece il gemellaggio con Pistoia. Giocare a Siena comunque sarà una sfida importante che mi emoziona, so che il pubblico sarà cattivo con me. Però sono passati veramente molti anni dall’ultima volta che ho giocato a Siena con Montecatini, penso che in curva ci sarà tanta gente che non si ricorda neanche di avermi visto con la maglia rossoblu. Comunque sono soddisfatto, perchè dopo tutto questo tempo io sono sempre qui”.
Una vittoria a Siena avrebbe un gusto particolare per lei?
“Sì, ma sarebbe una grande soddisfazione vincere fuori casa contro una grande squadra, sarebbero 2 punti in più per i playoff”.
Un messaggio ai tifosi senesi.
“Credo di averli sempre onorati, altrimenti non mi considererebbero un grande avversario. Continuerò a farlo. Quindi onore a Siena e onore a me!”
Boni, quanti anni pensa di giocare ancora?
“Finchè mi diverto e riesco ad andare avanti e a fare bene. Non mi piacerebbe fare panchina e vedere giocare gli altri. Vorrei essere sempre protagonista, e se fosse necessario scenderei anche di categoria per questo”.
Non le piacerebbe giocare con un ruolo più ridotto in una squadra di primo piano per vincere qualcosa?
“Io qua a Roseto ho trovato la mia dimensione. Ho già vinto due coppe all’Aris che mi hanno dato una grande soddisfazione. Il mio Scudetto oggi è dare la salvezza e i playoff a Roseto, il centro più piccolo della serie A”.
E dopo il basket giocato cosa ha in mente?
“Non so. Continuare a giocare non mi lascia lo spazio per pensare a cosa farò dopo, allenandosi tutti i giorni non c’è tempo per guardare oltre”.
Giuseppe Nigro