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Nasce la Snaidero alla Frates

Il credo: «Rispetto del budget, gerarchie chiare, squadra più atletica e spettacolare»

Archiviata la salvezza in mezza stagione sulla panchina arancione, nasce la prima Snaidero alla Frates. Se il presidente Edi si è legato a vita al gm Sarti, con coach Fabrizio non ha avuto bisogno di discutere di rinnovo. «Avevo già un altro anno di contratto – dice il tecnico – e sono contento di restare. A Udine pensavo già in uscita da Siena. Poi, io ero legato sino a fine stagione e loro hanno preso Melillo prima. Ora tutto combacia dopo l’esperienza, nuova, di prendere una squadra in corsa, non fatta da me e con la situazione complicata dagli infortuni».
Che grane a subentrare?
«Non tanto gli infortuni a Scott e Smith, perché mi ci ero abituato a Siena con Scarone ed Emiliano Busca. Piuttosto, problemi individuati prima che arrivassi. In palestra mi sono accorto subito che i giocatori non avevano senso d’appartenenza a società e squadra. A Imola ci abbiamo sbattuto per l’ultima volta la faccia, uscendo da un momento di stallo per cui le colpe erano distribuite».
Che scremare di utile?
«Non perdere l’identità. La squadra nelle difficoltà ha dato, raddrizzando gare difficili e in salita. Non tanto nel blitz a Treviso, il fiore all’occhiello, quanto nelle vittorie in casa con Fabriano, Roseto e Cantù frutto di attaccamento e forza di reazione per uscire dal buco nero, inserendo uomini nuovi in un momento drammatico. Dovremo avere identità di vedute e obiettivi condivisi al 110 per cento. Senza negatività, ma con consapevolezza e convinzione del proprio ruolo tecnico, che è alla base dello stare bene insieme. Non dovremo essere per forza dieci amici, ma dieci professsionisti sì».
La tua squadra ideale?
«Rivoluzioni non ne facciamo. Si parte dal budget e dalla situazione contrattuale preesistente. Poi, faremo considerazioni sulla stagione: la squadra ha mostrato la corda sul piano atletico e dinamico. Ciò ci ha impedito di fare difese allungate, di praticare un gioco più spettacolare, di correre di più in contropiede. Ci vuole una squadra più fresca, che non vuol dire solo più giovane con la carta d’identità in mano. Ci vorrà tempo e pazienza per farla, tanto quest’anno si può tornare a un precampionato tradizionale perché l’estate non è occupata dalla nazionale».
Una traccia di lavoro?
«A Vujacic abbiamo fatto fare un primo passo quest’anno e ha risposto, nel prossimo avrà minutaggio sicuro come cambio dei piccoli. Zacchetti entrerà nelle rotazioni dei quattro lunghi. Vedo anche Cuic nei dieci, ha fatto progressi e si sta trasformando da ala grande in ala piccola. La post stagione sarà tutta loro, almeno finché Sasha e Joel non andranno agli europei juniores e Under 20. Se poi Sarti, come dice, ingaggiasse giovani comunitari dell’Est, che ormai fanno le squadre vincenti, benvenuto. In una mia squadra terrei sempre Cantarello, che anche quest’anno è stato esemplare per comportamento. Poi, non resta che fare il quintetto: una traccia può essere un play, Mian, un’ala piccola, Scott e un’ala grande. Bisognerà vedere chi ci sta con chiarezza di ruoli. Degli Usa, tranne Mills, tutti gli altri hanno dato: Woolridge è stato molto importante, Smith ha prospettive Nba».
Il preparatore atletico?
«Prima di tutto dovremo parlare con Braida, che ci ha permesso di rimetterci in piedi in una situazione di caos. È stato molto bravo e gentile ad anteporre ai suoi interessi personali quelli della squadra. Bisognerà vedere che disponibilità avrà ancora. Siamo a Udine ed è chiaro che corra il nome di Sepulcri. È uno dei tre preparatori più bravi d’Italia di basket (a meno che non si dia al calcio in un derby Snaidero - Udinese, ndr) ed è legato da affetto alla società, alla squadra e anche a me che con lui ho fatto la promozione a Gorizia e lo volevo a Siena».
Valerio Morelli
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