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Scavolini bella per 30', poi crolla

Kinder-Scavolini 76-64

BOLOGNA — Trenta minuti giocati bene. Poi gli ultimi dieci dove non trovi nessuno. Regge e poi schianta Pesaro. Le vedette mandate sopra la torre trovano davanti il deserto, tutti nascosti dietro le dune, nell'ultimo giro di lancette, quelle che poi, alla fine, contano. E la Kinder, una formazione che non sembra più essere uno di quei camion dell'Anas pieni di bitume fumante pronti ad asfaltare tutto, esce facendo un figurone per chi si ferma solo al punteggio finale: 76-64. Dieci minuti, quelli finali, dove è mancato il colpo di genio e la forza di un giocatore in grado di dare profondità e consistenza alle azioni.
L'assenza di una grande personalità, una guardia in grado di fare canestro dando una mano a Johnson, l'unico che ha tentato, assieme a Blair, di sfondare il canestro della Kinder. Il resto zero: due punti da Beric, due da Booker, zero da Middleton incappato in una giornata nera al tiro e in passaggi orridi.
La Scavolini ha giocato, fino a quando il laccio al collo della Kinder non ha iniziato a stringere, una partita ottima sotto il profilo tattico, attenta e tut'altro che sprecona, contrariamente ad altre volte. Attenta soprattutto a non far prendere il sopravvento ai lunghi bianconeri. E c'è riuscita per trenta minuti. Poi ha sbracato, Pesaro, quando l'illusione di un possibile colpaccio stava affiorando visto che era dietro di soli 5 punti. Anche perché la Kinder vista in questo primo quarto di playoff non ha abbacinato nessuno. Anzi.
Booker stecca clamorosamente, Beric fa una partita importante per trenta minuti poi anche lui scompare, Middleton dà pochissimo peso, Traina si salva solo in difesa su Ginobili e Gigena, subito in difficoltà, viene lasciato a lungo in panca. Ma ancora una volta chi è mancato clamorosamente è stato Booker. Dicevano, dopo Fabriano, che lui era già qualificato per i quarti, gli ottavi li passava a sedere da spettatore. Ma evidentemente il suo orologio segna un altro orario, ha altri calendari, perché è mancato, offensivamente, anche in questa prima gara contro la Kinder.
La sindrome Jaric? Potrebbe essere. Anche se a questo punto affiorano molti dubbi. Ma che il giocatore ci metta impegno non ci sono dubbi: nell'ultimo quarto quando torna in campo per rilevare Pecile, ha quasi un moto di stizza contro l'allenatore che lo aveva tolto dal campo poco prima. Comunque sarebbe bastato uno dei suoi irresistibili finali di gara per far passare Pesaro da una brutta sconfitta ad una esaltante vittoria. Ma così non è stato.
Dopo una sbandata iniziale sotto i colpi di Ginobili, Pesaro sembrava fosse riuscita a trovare spigoli giusti dove mandare (a farsi male) questa Kinder. Soprattuto non lasciando il dominio dei tabelloni al gigante Griffith. Bene Blair, ottimo DeMarco. Poi a sollevare il morale della truppa pesarese, anche una partita di spessore, forse la prima, da parte di Beric. Un fiore nel deserto nella pochezza delle guardie biancorosse, tutte in affanno. Poi il crollo finale e tutti a casa.
dall'inviato Maurizio Gennari
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