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Tusek non si arrende

Il giocatore sloveno al microfono invita i tifosi a d andare a Bologna

PESARO — Alla fine è la sera degli appelli. Un po' surreale (a qualcuno è sembrato anche un po' patetico) quello di Tusek al microfono dell'astronave: «Non è finita, andiamo a Bologna per vincere». Un po' atipico, ma comunque in tema, quello di un babbo al telefono: «Mia figlia di dieci anni ha perso un giubbottino bianco, ma la cosa più grave è che all'interno c'è un contenitore con l'apparecchio per i denti. Chi lo trovasse mi telefoni: 0721-55992». Di denti da mettere a posto, fors'anche da proteggere ce ne sarebbero molti di più dopo la seconda sconfitta consecutiva della Scavolini nei quarti di playoff con la Kinder. Perché se a Bologna si era gettata al vento una grande occasione, a Pesaro non si è riusciti ad imporsi nonostante la Virtus avesse solo 7 giocatori 7.
D'altra parte la generosità dell'Inferno e la presenza di un pubblico quasi da record (superata quota 7000 con 109 mila euro d'incasso) avrebbe meritato ben altra sorte. Non basta il solito ratto dello striscione, questa volta è toccato ai «Ranger» che si sono adeguatamente arrabbiati, per far dimenticare l'ennesima delusione. Non basta nemmeno il muro biancorosso, così stretto da far ricordare il vecchio hangar e forse caricato da un pomeriggio passato tra vino e porchetta ad attendere l'evento. Non c'è stato bisogno della Croce Rossa, anche perché l'assessore regionale ai tagli della sanità, alias Augusto Melappioni, faceva bella mostra di sè in tribuna. Ma di qualche amuleto in più si poteva fare commercio. Che dire, ad esempio, di quel Middleton che ricade sulla caviglia, con tanto di distorsione, nel mentre l'arbitro Sabetta sottraeva a lui ed alla Scavolini il terzo punto della meritata bomba? Che dire del 36enne che si ributta coraggiosamente nella mischia ma rimane troppo in campo (con Gigena) nel momento del black out biancorosso? Che dire delle 13 dicasi 13 apette schierate al gran completo a sfidare numero e cabala, pur di rendere meno amara una domenica di calori bestiali? Che dire della giacca di Pillastrini, indumento diventato inutile 30 secondi dopo l'avvio, dimenticata, lei sì, a lungo sulla panchina? Che dire dei cori dei diavoli biancorossi? Da «Non mollare mai» a «Vogliamo questa vittoria» a «Noi vogliamo... vincere» che sospingono, inutilmente e contro-cabala, i biancorossi fino ad un passo dalla rimonta? Che dire di un metro arbitrale che consente alla Kinder di «imporre le mani» ovunque? Che dire di una Scavolini che gioca alla velocità della Kinder, subisce fisicamente (Beric e Demarco su tutti), viene talvolta picchiata, ma commette più falli dell'avversaria? Che dire di una stagione che è ormai al tramonto e sembra volata via attorno ad una squadra mai cambiata veramente. Dall'inizio alla fine. Dall'alba al tramonto.
Luigi Luminati
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