PESARO – Bologna, ultima spiaggia? Può darsi. Scavolini con le spalle al muro? Vero. Ma è nella logica dei play off vivere sempre su un’...ultima spiaggia. Tutto nella norma: la battaglia di domenica, senza dubbio, ha dato alla Kinder un netto vantaggio in questa serie dei quarti, eppure va detto forte e chiaro che la guerra non è ancora persa. Gara-tre si deve ancora giocare. Difficile come le altre e forse ancora di più, ma aperta a qualsiasi risultato. Se poi qualcuno si fa spaventare dalla “legge dei play off" al punto da fasciarsi la testa prima di rompersela, significa che non è all’altezza di un basket a questi livelli. Ma siamo certi che nessuno, all’interno della squadra biancorossa, commetterà questo errore. E’ importante che anche nell’ambiente della tifoseria ci si creda ancora, non si semini il tarlo del pessimismo e della rassegnazione. Del resto, il modo in cui le due sconfitte sono maturate non autorizza nessun tipo di disfattismo. La squadra pesarese ha combattuto ad armi pari. Per la prima volta dopo anni (anche senza contare il funambolico +33 di due mesi fa) ha retto l’urto con la corazzata di Ettore Messina, tenendo testa alla Kinder proprio in quelli che sono sempre stati i suoi campi di battaglia privilegiati, ovvero la difesa e la potenza sotto canestro.
E infatti qualcosa di importante è forse sfuggito in molti commenti sui primi due atti della sfida con la Virtus: nel rinnovare il rammarico e il fatalismo per l’ennesimo stop contro la “bestia nera" della Pesaro cestistica, è stata sottovalutata la vera e propria metamorfosi subita nel frattempo dalla Scavolini. Da squadra offensivista, leggera sotto i tabelloni e dedita soprattutto al tiro da tre, la formazione biancorossa è diventata dura e forte in difesa, quasi quanto il suo “nemico" e modello con la V nera. E della forza degli avversari nel settore lunghi adesso è Messina ad aver paura: sono i pesaresi, infatti, ad essere diventati il prototipo della squadra potente e ben equipaggiata là sotto. Un passo avanti davvero notevole, non vi pare? Ed ha ragione Pillastrini quando si dice sicuro che la Scavolini dello scorso anno sarebbe stata schiacciata da questa Virtus, che invece quest’anno ha vinto faticando, sudando e per il rotto della cuffia. Il punto debole dei biancorossi è diventato il reparto degli esterni: questo da un lato può sorprendere, ma dall’altro rientra nell’alveo delle cose preventivabili fin dalle prime battute della stagione. Già ai tempi del dibattito sul famoso “quarto lungo" avevamo cercato di spostare l’attenzione della società sulla fragilità esistente nel ruolo di ala piccola, suscitando la replica un po’ seccata di qualche dirigente. Ma ciò non impedisce, oggi, di sperare che da Gigena o da Traina possa venir fuori qualcosa di consistente in gara-tre (il gaucho ha uno 0 su 7 al tiro da riscattare!) e che nel ruolo di guardia Beric possa trovare finalmente un acuto stile-Partizan. Come non si può non auspicare una grandissima gara da parte di Booker, un exploit che è pienamente nelle sue corde nonostante il duro ed estenuante confronto con Jaric. Ed un DeMarco Johnson di nuovo sugli scudi, messo dai giochi di squadra nella condizione di esprimere tutto il suo potenziale offensivo, a fianco di un Blair sicuro presidio dell’area colorata e con i contributi diversi ma importanti di Tusek e Maggioli. “Qualcosa in più", invocava Pillastrini per la sua squadra pensando a gara-tre. Perfetta, la Scavolini di quest’anno non lo è mai stata, ma per battere almeno una volta la Kinder e costringerla a tornare a Pesaro potrebbe bastare non avere... qualcosa in meno.
E infatti qualcosa di importante è forse sfuggito in molti commenti sui primi due atti della sfida con la Virtus: nel rinnovare il rammarico e il fatalismo per l’ennesimo stop contro la “bestia nera" della Pesaro cestistica, è stata sottovalutata la vera e propria metamorfosi subita nel frattempo dalla Scavolini. Da squadra offensivista, leggera sotto i tabelloni e dedita soprattutto al tiro da tre, la formazione biancorossa è diventata dura e forte in difesa, quasi quanto il suo “nemico" e modello con la V nera. E della forza degli avversari nel settore lunghi adesso è Messina ad aver paura: sono i pesaresi, infatti, ad essere diventati il prototipo della squadra potente e ben equipaggiata là sotto. Un passo avanti davvero notevole, non vi pare? Ed ha ragione Pillastrini quando si dice sicuro che la Scavolini dello scorso anno sarebbe stata schiacciata da questa Virtus, che invece quest’anno ha vinto faticando, sudando e per il rotto della cuffia. Il punto debole dei biancorossi è diventato il reparto degli esterni: questo da un lato può sorprendere, ma dall’altro rientra nell’alveo delle cose preventivabili fin dalle prime battute della stagione. Già ai tempi del dibattito sul famoso “quarto lungo" avevamo cercato di spostare l’attenzione della società sulla fragilità esistente nel ruolo di ala piccola, suscitando la replica un po’ seccata di qualche dirigente. Ma ciò non impedisce, oggi, di sperare che da Gigena o da Traina possa venir fuori qualcosa di consistente in gara-tre (il gaucho ha uno 0 su 7 al tiro da riscattare!) e che nel ruolo di guardia Beric possa trovare finalmente un acuto stile-Partizan. Come non si può non auspicare una grandissima gara da parte di Booker, un exploit che è pienamente nelle sue corde nonostante il duro ed estenuante confronto con Jaric. Ed un DeMarco Johnson di nuovo sugli scudi, messo dai giochi di squadra nella condizione di esprimere tutto il suo potenziale offensivo, a fianco di un Blair sicuro presidio dell’area colorata e con i contributi diversi ma importanti di Tusek e Maggioli. “Qualcosa in più", invocava Pillastrini per la sua squadra pensando a gara-tre. Perfetta, la Scavolini di quest’anno non lo è mai stata, ma per battere almeno una volta la Kinder e costringerla a tornare a Pesaro potrebbe bastare non avere... qualcosa in meno.