Dal Giornale di Brescia
«Non me ne sono reso conto subito, ma soltanto tre sere più tardi, nel corso della festa organizzata dai tifosi; e da allora cammino a mezzo metro da terra». Fabio Fossati, allenatore della Pool Comense campione d’Italia, inizia così a raccontare l’emozione di una stagione trionfale (due sole sconfitte nella stagione regolare, entrambe con Schio), conclusa con la conquista del titolo tricolore superando 3-1 in finale proprio le vicentine. Bresciano d’adozione, Fossati ha alle spalle una buonissima carriera da play maker tra Bergamo, Brescia (fece parte della Cidneo che vent’anni fa sfiorò la semifinale scudetto, eliminata più da Bianchi e Teofili che dal Billy, che poi conquistò lo scudetto), Napoli e Roma, brillante preludio all’attività di allenatore iniziata a 33 anni proprio nella nostra città. Era infatti l’estate dell’86 quando, dopo due stagioni come assistente di Taurisano, venne promosso head coach dell’allora Ocean di A1 e ricambiò la fiducia del presidente Pedrazzini con una salvezza «miracolosa». Un avvio folgorante, cui però fecero seguito stagioni con minor gloria e visibilità, buona parte delle quali in B1. Fin quando, nell’estate del Duemila, venne chiamato a guidare la Pool Comense, che aveva appena interrotto una straordinaria sequenza di nove scudetti consecutivi. «Credevo che si sarebbe trattato di un viaggio di sola andata», non ha difficoltà ad ammettere Fossati. E invece... «Invece penso che dopo questo successo potrei anche tornare ad interessare qualche società maschile. Devo molto al basket femminile, ma mi manca il maschile». Può sintetizzare la differenza che c’è tra allenare i ragazzi e le ragazze? «Faccio un esempio assurdo: se dico ad un maschio che per migliorare deve picchiare la testa contro il muro, lui mi risponde "perchè?"; una donna mi dice "dove?"». Veniamo allo scudetto. «Per la prima volta nella mia vita ho potuto fare la squadra che volevo. Non era la più forte in assoluto, palma che spetta a Schio e Parma, ma ha saputo fare del lavoro la sua cultura. Questo scudetto è il premio alle scelte azzeccate, come quella di straniere funzionali all’obiettivo di far crescere le giovani, alcune delle quali si apprestano a diventare devastanti. Mi riferisco a Masciadri, Cirone, Zara e Macchi. Questo senza dimenticare che Streymikite è l’ala, ma probabilmente anche la giocatrice europea più forte in circolazione. Non sarà facile sostituirla, visto che ha deciso di tornare in Lituania e fare un figlio». «Ho detto che cammino a mezzo metro da terra - prosegue Fossati - ma in realtà ho i piedi ben piantati per terra. E mi dico che non sono cambiato, che sono sempre io, anche se adesso mi cercano tutti, mentre soltanto un paio di anni fa ero uno dei tanti allenatori che si spaccavano il cuore su una panchina di serie B, aggrappati all’ultimo tiro, alla radiolina che dava il risultato della squadra concorrente». Brescia per lei è... «È da tanti anni la mia città. Ci vive la mia famiglia e, compatibilmente agli impegni di lavoro, ci vivo anch’io. Como è bella, io sono sistemato in centro, ma la vivo come un dormitorio. Appena posso torno a Brescia». Dove però non c’è una squadra di basket vertice... «Già, ed è un vero peccato. Spero sempre che le cose cambino. Le potenzialità economiche ci sono ed il pubblico anche, come ho potuto constatare di persona in occasione del "Solfrini Day": se sono venuti in duemila per vedere delle vecchie glorie... Bei tempi davvero, però quelli...»
Franco Bassini
«Beauty-fool» è il singolare ed accattivante titolo del libro di ritratti che verrà presentato stasera al pubblico ed alla stampa a partire dalle 20 presso «Personal Time», in via Malvezzi a Brescia. L’autore è Marco Palumbo, già funambolico play maker del Basket Brescia degli anni d’oro (con all’attivo oltre 4.000 punti in serie A) e da oltre un decennio apprezzato fotografo di moda.
«Non me ne sono reso conto subito, ma soltanto tre sere più tardi, nel corso della festa organizzata dai tifosi; e da allora cammino a mezzo metro da terra». Fabio Fossati, allenatore della Pool Comense campione d’Italia, inizia così a raccontare l’emozione di una stagione trionfale (due sole sconfitte nella stagione regolare, entrambe con Schio), conclusa con la conquista del titolo tricolore superando 3-1 in finale proprio le vicentine. Bresciano d’adozione, Fossati ha alle spalle una buonissima carriera da play maker tra Bergamo, Brescia (fece parte della Cidneo che vent’anni fa sfiorò la semifinale scudetto, eliminata più da Bianchi e Teofili che dal Billy, che poi conquistò lo scudetto), Napoli e Roma, brillante preludio all’attività di allenatore iniziata a 33 anni proprio nella nostra città. Era infatti l’estate dell’86 quando, dopo due stagioni come assistente di Taurisano, venne promosso head coach dell’allora Ocean di A1 e ricambiò la fiducia del presidente Pedrazzini con una salvezza «miracolosa». Un avvio folgorante, cui però fecero seguito stagioni con minor gloria e visibilità, buona parte delle quali in B1. Fin quando, nell’estate del Duemila, venne chiamato a guidare la Pool Comense, che aveva appena interrotto una straordinaria sequenza di nove scudetti consecutivi. «Credevo che si sarebbe trattato di un viaggio di sola andata», non ha difficoltà ad ammettere Fossati. E invece... «Invece penso che dopo questo successo potrei anche tornare ad interessare qualche società maschile. Devo molto al basket femminile, ma mi manca il maschile». Può sintetizzare la differenza che c’è tra allenare i ragazzi e le ragazze? «Faccio un esempio assurdo: se dico ad un maschio che per migliorare deve picchiare la testa contro il muro, lui mi risponde "perchè?"; una donna mi dice "dove?"». Veniamo allo scudetto. «Per la prima volta nella mia vita ho potuto fare la squadra che volevo. Non era la più forte in assoluto, palma che spetta a Schio e Parma, ma ha saputo fare del lavoro la sua cultura. Questo scudetto è il premio alle scelte azzeccate, come quella di straniere funzionali all’obiettivo di far crescere le giovani, alcune delle quali si apprestano a diventare devastanti. Mi riferisco a Masciadri, Cirone, Zara e Macchi. Questo senza dimenticare che Streymikite è l’ala, ma probabilmente anche la giocatrice europea più forte in circolazione. Non sarà facile sostituirla, visto che ha deciso di tornare in Lituania e fare un figlio». «Ho detto che cammino a mezzo metro da terra - prosegue Fossati - ma in realtà ho i piedi ben piantati per terra. E mi dico che non sono cambiato, che sono sempre io, anche se adesso mi cercano tutti, mentre soltanto un paio di anni fa ero uno dei tanti allenatori che si spaccavano il cuore su una panchina di serie B, aggrappati all’ultimo tiro, alla radiolina che dava il risultato della squadra concorrente». Brescia per lei è... «È da tanti anni la mia città. Ci vive la mia famiglia e, compatibilmente agli impegni di lavoro, ci vivo anch’io. Como è bella, io sono sistemato in centro, ma la vivo come un dormitorio. Appena posso torno a Brescia». Dove però non c’è una squadra di basket vertice... «Già, ed è un vero peccato. Spero sempre che le cose cambino. Le potenzialità economiche ci sono ed il pubblico anche, come ho potuto constatare di persona in occasione del "Solfrini Day": se sono venuti in duemila per vedere delle vecchie glorie... Bei tempi davvero, però quelli...»
Franco Bassini
«Beauty-fool» è il singolare ed accattivante titolo del libro di ritratti che verrà presentato stasera al pubblico ed alla stampa a partire dalle 20 presso «Personal Time», in via Malvezzi a Brescia. L’autore è Marco Palumbo, già funambolico play maker del Basket Brescia degli anni d’oro (con all’attivo oltre 4.000 punti in serie A) e da oltre un decennio apprezzato fotografo di moda.