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Boniciolli e le emozioni del basket

Il coach della Skipper per la prima volta in semifinale da capo allenatore

La Fortitudo voleva chiuderla, questa serie con Roma, e lo ha fatto nel modo migliore, trovando i famosi mattoni che servono a edificare i successi. A turno li hanno portati i suoi uomini più attesi, costantemente li ha portati un gruppo che ha controllato le fiammate di una Wurth Carltondipendente, superando anche i momenti più delicati con la forza dei nervi distesi. Merito di Matteo Boniciolli, un tecnico che sa emozionare e emozionarsi, quando ricorda che una semifinale da queste parti sarà anche un’abitudine, ma per lui è un momento da tenere stretto e da assaporare con gusto. “Mi sto godendo questa esperienza in maniera incredibile. Questo è il mio mestiere, ma per me il mestiere è passione e quello che mi sta accadendo mi piace da impazzire. Sono una persona fortunata”. Da un debutto ci si aspetta sempre qualcosa. “E io, a questo punto, mi aspetto di andare oltre. Vado a vivermi la sfida con Cantù con ragionevoli aspirazioni di approdo in finale, e questo è indicibilmente bello. Non saprei spiegare: la mia vita è stata segnata dal basket in un modo che non tutti possono immaginare”. Si aspettava l’Oregon, dall’altra parte? “Sinceramente si, anche se non mi aspettavo che avrebbe eliminato Siena con un 3-0. Contavo su un risultato del genere per la mia Fortitudo contro Roma. E’ andata così, ma è stata una serie combattuta”. Vinta da un gruppo compatto, ci pare. “Quello che mi è piaciuto di più è stato vedere che la Virtus Roma giocava come la Fortitudo della stagione passata, e che invece la Fortitudo di oggi è stata squadra dal primo all’ultimo istante. Al di là del risultato finale, siamo riusciti a cambiare squadra, prima si viveva sulle prodezze personali”. Combinazione: in quell’Aquila individualistica c’era Myers. Che ora si spreme per Roma. “Lui è un grande campione, ma non si può giocare così, per quanto una sia bravo. Michael Jordan ha dato l’esempio: ha iniziato a vincere, e tanto, quando ha capito o gli hanno fatto capire, che da solo non poteva reggere la squadra. W allora ha lavorato per gli altri, prendendosi comunque i tiri importati, le responsabilità”. Quando è nata la Fortitudo di Boniciolli? “Subito, all’inizio della stagione. Poi è cresciuta, e ancora sta crescendo. I miei risultati, in questi anni, sono arrivati allo stesso modo. A Udine eravamo noni nel girone d’andata, settimi dopo il ritorno e ai playoffs siamo arrivati a una partita dai primi quattro posti. Quest’anno ho la percezione che la crescita sia simile”. Con un gruppo diverso, indubbiamente. “Che mi ha insegnato tanto. In passato ho trasmesso molto a giocatori grandi a livello umano, ma tecnicamente inferiori a questi. Ora vado in palestra e imparo sempre qualcosa da Zoran, da Gregor, da Basile e Meneghin. Un movimento, una giocata”. La crisi è alle spalle, si può dire? “E’ durata esattamente una settimana. Pesaro, Kinder e Barcelona ecco le tappe. Ma anche in quei momenti avevo la percezione che le cose si sarebbero riaggiustate. La società è stata fondamentale. E così lo sfogo di Seragnoli: lì per lì non mi ha fatto piacere, ma è servito a fare chiarezza in un momento in cui c’era il rischio di farsi prendere dal panico”.
Marco Tarozzi
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