E' un ex di Virtus e Benetton. Di più: è originario di Treviso ma, da tempo, ha scelto le Due Torri per vivere e lavorare. Renato Villalta, il capitano della stella della Virtus, è un osservatore particolare di questa sfida che, come è accaduto nelle ultime due stagioni, metterà contro Kinder e Benetton. Di diverso, rispetto ai precedenti, c'è la posizione al termine della regular season: per questo motivo, per la prima volta, i veneti avranno il vantaggio dell'eventuale bella in casa.
Villalta, Kinder o Benetton?
«Non so chi potrà passare. Dal mio punto di vista sarà una sfida molto bella. La Benetton, forse, ha qualche vantaggio in più. Perché sta giocando molto bene in attacco. La Virtus, invece, tra infortuni e stanchezza, ha faticato con la Scavolini. Però proprio la Virtusriesce a tirar fuori il meglio quando il livello sale».
E lo scudetto?
«Non lo so. O meglio, diciamo che lo vincerà una tra Benetton e Kinder. Mi sembra la semifinale che potrà esprimere la finalista più forte».
E tra Skipper e Oregon?
«La Fortitudo ha vinto, con pieno merito, la stagione regolare. Ma attenzione a Cantù, è una brutta bestia».
L'Oregon, però, potrebbe anche essere appagata. Era da nove anni che Cantù non raggiungeva questi livelli.
«Continuo a pensare che sia una squadra da maneggiare con cura. Con Siena ha stravinto. La prima di venti, poi si sono ripetuti a Siena e hanno chiuso il conto sul 3 a 0. Una serie che appariva incerta. E poi, per esperienza, posso dire che quando arrivi a una semifinale non c'è nulla di scontato».
Decisivo il primo confronto?
«Decisivo forse no, ma importante dal punto di vista psicologico, Chi vince prende fiducia. Soprattutto se uno lo fa in trasferta».
Eppure proprio lei, con la Virtus, vinse lo scudetto della stella vincendo a Milano, perdendo in piazza Azzarita, ed espugnando il palazzone di San Siro.
«E' vero. Ma si tratta di situazioni insolite che si verificano ogni vent'anni.
La Benetton gioca la pallacanestro più spettacolare: è d'accordo?
«Da vedere è una via di mezzo tra il basket americano e quello jugoslavo. Quando uno è libero tira, senza tanti problemi».
Ma sfrutta poco l'area colorata.
«Forse dipende da un'involuzione di Marconato».
Strano che l'artefice di questo basket veloce sia D'Antoni. Ai suoi tempi Mike era un maestro della difesa.
«In attacco ci pensavano gli altri, come Mc Adoo o Joe Barry Carroll. In fondo è successo la stessa cosa, seppur ribaltata, con Lombardi: grande attaccante ma, da allenatore, ha sempre posto grande attenzione alla difesa. Adesso, però, il marchio della difesa è quello di Ettore Messina».
Alessandro Gallo
Villalta, Kinder o Benetton?
«Non so chi potrà passare. Dal mio punto di vista sarà una sfida molto bella. La Benetton, forse, ha qualche vantaggio in più. Perché sta giocando molto bene in attacco. La Virtus, invece, tra infortuni e stanchezza, ha faticato con la Scavolini. Però proprio la Virtusriesce a tirar fuori il meglio quando il livello sale».
E lo scudetto?
«Non lo so. O meglio, diciamo che lo vincerà una tra Benetton e Kinder. Mi sembra la semifinale che potrà esprimere la finalista più forte».
E tra Skipper e Oregon?
«La Fortitudo ha vinto, con pieno merito, la stagione regolare. Ma attenzione a Cantù, è una brutta bestia».
L'Oregon, però, potrebbe anche essere appagata. Era da nove anni che Cantù non raggiungeva questi livelli.
«Continuo a pensare che sia una squadra da maneggiare con cura. Con Siena ha stravinto. La prima di venti, poi si sono ripetuti a Siena e hanno chiuso il conto sul 3 a 0. Una serie che appariva incerta. E poi, per esperienza, posso dire che quando arrivi a una semifinale non c'è nulla di scontato».
Decisivo il primo confronto?
«Decisivo forse no, ma importante dal punto di vista psicologico, Chi vince prende fiducia. Soprattutto se uno lo fa in trasferta».
Eppure proprio lei, con la Virtus, vinse lo scudetto della stella vincendo a Milano, perdendo in piazza Azzarita, ed espugnando il palazzone di San Siro.
«E' vero. Ma si tratta di situazioni insolite che si verificano ogni vent'anni.
La Benetton gioca la pallacanestro più spettacolare: è d'accordo?
«Da vedere è una via di mezzo tra il basket americano e quello jugoslavo. Quando uno è libero tira, senza tanti problemi».
Ma sfrutta poco l'area colorata.
«Forse dipende da un'involuzione di Marconato».
Strano che l'artefice di questo basket veloce sia D'Antoni. Ai suoi tempi Mike era un maestro della difesa.
«In attacco ci pensavano gli altri, come Mc Adoo o Joe Barry Carroll. In fondo è successo la stessa cosa, seppur ribaltata, con Lombardi: grande attaccante ma, da allenatore, ha sempre posto grande attenzione alla difesa. Adesso, però, il marchio della difesa è quello di Ettore Messina».
Alessandro Gallo
Fonte: Il Resto del Carlino