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I playoff secondo Dan Gay

Il centro dell'Oregon: "Siamo la squadra che gioca il miglor basket"

Quattro club approdati in semifinale. Dan Gay, 41 anni il prossimo 20 luglio, ha giocato in tre di questi. E del quarto, la Virtus, conserva i ricordi di un amico carissimo, Roberto Brunamonti, e di un coach, Ettore Messina, che gli permise di vincere la medaglia d'argento agli europei del 1997, a Barcellona, con la maglia della nazionale italiana. Dan Gay è - così almeno sostiene lui - un esperto giocatore di carte. E a lui, appunto, abbiamo chiesto di fare il gioco delle tre carte. Pardon, delle quattro carte (o semifinaliste).
Gay, partiamo da Benetton-Kinder. Vede una favorita?
«Sinceramente non lo so. Mi sembra che Treviso, almeno in gara-due, abbia fatto un po' di fatica. Potrebbero pagare il periodo di inattività. Per farla breve: vedo un grande equilibrio anche se il fattore campo potrebbe farsi sentire. Una serie lunga e interessante».
E, venendo più vicino a lei, Skipper-Oregon?
«Meglio non pronunciarsi. Di certo non sarà un 3 a 0, né per l'una né per l'altra. Anche qui potrebbe incidere il fattore campo. Ma potrebbe essere decisivo, per dare un indirizzo preciso alla serie, il primo confronto».
C'è chi dice che Benetton-Kinder sia la vera finale. E' d'accordo?
«Assolutamente no. La vera finale è Skipper-Oregon. Anzi, chi vincerà questo confronto si porterà a casa lo scudetto. Sicuro».
Un pronostico clamoroso. Perlomeno singolare. Come quello sul "quarto": pochi avrebbero scommesso che Cantù avrebbe lasciato solo le briciole alla Mens Sana.
«L'avevo detto. Ma non era una risposta buttata là, tanto per dire qualcosa. Ci credevo: il campo mi ha dato ragione. Abbiamo una squadra nella quale i singoli possono godere di un ampio minutaggio. Possono sbagliare e in questo modo giocano più tranquilli».
Mentre lei sta sempre più spesso in panchina.
«Non è vero. Do il mio contributo alla squadra. Come tutti. Ma ognuno lo fornisce in misura diversa».
Torniamo alla sua ex Fortitudo: c'è qualcuno che teme in particolare?
«Beh, non credo di scoprire nulla di speciale se faccio i nomi di Fucka, Basile e Kovacic. E poi c'è Galanda che sta recuperando spazio e credito. Anche se, quando hanno giocato contro di noi, proprio Gek non poteva contare su un minutaggio corposo».
Lei è un ex di Treviso, la squadra che sta giocando la migliore pallacanestro.
«Posso dire la mia?».
Prego.
«Non sono assolutamente d'accordo. La squadra che sta giocando meglio, ora, è proprio Cantù. Un basket veloce, spumeggiante».
Come invece dicono tutti la Benetton.
«E' un po' diverso, perché loro, come la Skipper, per certi versi, puntano molto sui tiri dal perimetro. Se gli entra il tiro pesante non hanno problemi. Ma in un playoff, quando devi giocare ogni due giorni e alla fine puoi ritrovarti ad aver affrontato quattro impegni in una settimana, le gambe ti sorreggono meno. E quando le gambe fanno fatica ecco che le percentuali di tiro scendono. E scende il gioco di Benetton e Skipper».
Sempre convinto dunque che la vostra sia la pallacanestro migliore?
«Come e più di prima. Perché in attacco, rispetto a quelle due, abbiamo un po' più di equilibrio. Come succede alla Kinder, che pure dispone di una batteria di esterni di prima grandezza. La differenza, in questo momento, la fa la difesa. E noi abbiamo difeso molto bene. Chiedete informazioni a Siena, se non ci credete».
Forse Siena era già appagata dalla conquista della Saporta Cup.
«Ho sentito questo discorso, ma ci credo poco. Perché loro - e ve lo dice uno che li appena affrontati - volevano vincere. Volevano la semifinale con la Skipper. Ma sulla loro strada hanno trovato una Cantù che non solo sta bene fisicamente, ma si diverte pure a giocare».
S.F.
Fonte: Il Gazzettino
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