Nino Calebotta è stato un grande in tutti i sensi. Per la statura, innanzitutto ai suoi tempi superare di 3 o 4 centimetri i 2 metri significava essere la torre del campionato italiano è uno dei più alti giocatori in Europa. Poi per il suo talento, un mix di forza e di agilità sottocanestro, che lo fece diventare il primo vero pivot italiano del basket pre-moderno e lo trasformò nella carta vincente della Virtus dei campionati 1954- 55 e 1955-56 i primi due conquistati nel nuovo Palazzo dello Sport dopo l'abbuffata di scudetti (4) post-bellici della Sala Borsa. Infine per la sua vita di ragazzo costretto all'avventura dal mestiere del padre. Dino era nato a Spalato, in Dalmazia, e aveva girovagato nell'Est europeo prima di sistemarsi in Italia dove la famiglia aveva finalmente trovato l'approdo.
Di quella Virtus magica del biennio di VittorioTracuzzi resta in tutti gli appassionati un forte ricordo. Alesini, Canna e Gambini erano le pallottole in canna della squadra e se potevano tirare serenamente a canestro, anche perché là sotto comunque c'era Calebotta, che avrebbe potuto in ogni momento recuperare il rimbalzo vagante.
Se ne è dunque andato un grande virtussino in un momento difficile per il club. Chissà se anche il ricordo di Calebotta sarà d'aiuto per far capire che la Virtus non è mai stata nè può essere un club come gli altri.
Paolo Francia
Di quella Virtus magica del biennio di VittorioTracuzzi resta in tutti gli appassionati un forte ricordo. Alesini, Canna e Gambini erano le pallottole in canna della squadra e se potevano tirare serenamente a canestro, anche perché là sotto comunque c'era Calebotta, che avrebbe potuto in ogni momento recuperare il rimbalzo vagante.
Se ne è dunque andato un grande virtussino in un momento difficile per il club. Chissà se anche il ricordo di Calebotta sarà d'aiuto per far capire che la Virtus non è mai stata nè può essere un club come gli altri.
Paolo Francia
Fonte: Il Resto del Carlino