Oltre che fisioterapista dalla comprovata preparazione ed abilità, Jovan "Jovo" Mihaljcic grazie alla sua saggezza e alla proverbiale simpatia è un elemento fondamentale nello spogliatoio della Snaidero. Cinquantaquattro anni, serbo nativo di Sarajevo, Mihaljcic ha incominciato a svolgere la professione in ambito sportivo con la squadra femminile di atletica leggera della sua città. Poi è passato alla squadra femminile di basket, il Bosna, ove giocava la moglie di Teo Alibegovic, «un talento formidabile, peccato che si sia sposata giovanissima» ed infine è passato al team maschile, sempre del Bosna, con allenatori i celebri Pesic, prima, ed il compianto Delibasic poi. Innumerevoli le sue collaborazioni con la nazionale iugoslava e le varie rappresentative giovanili ove ha avuto a che fare con muscoli ed articolazioni dei vari Kukoc, Divac,Radja, Georgevic, lo stesso Teo Alibegovic e moltissimi altri assi slavi. Nel '93 è approdato in Italia chiamato a collaborare in B1 a Brescia, allora allenata dall'amico Vujosevic: «Un giorno, mentre mi trovavo all'ospedale di Sarajevo, ove lavoravo nel reparto di traumatologia, mi comunicarono che avrei dovuto partire anche io in guerra, sulle montagne. Decisi quindi di andarmene, la guerra non faceva per me, io volevo continuare a svolgere quella professione per cui avevo tanto studiato e che mi stava dando soddisfazioni». Fu breve l'esperienza di Jovo a Brescia poichè il club l'anno successivo mise in vendita i propri diritti; così Mihalicjc passò al Montichiari che nel giro di tre anni salì dalla C1 all B1. E poi venne la chiamata da Udine: «Una città a dimensione d'uomo, ove si vive benissimo».
- Come spieghi le difficoltà attraversata in questa stagione dalla Snaidero?
«Perdita di Charlie Smith e infortuni a parte, credo che il club nella sua nuova breve storia è forse partita troppo forte. Prima la promozione in A1, poi il settimo posto con uscita dai play-off contro la Sacvolini solo in gara 5. Questo ha fatto sì che si creassero troppe aspettative intorno a questa squadra ed appena le cose non sono incominciate a girare per il verso giusto si sono subito levati mormorii. E' nella logica delle cose che si debbano passare dei periodi che possiamo definire di transizione. Nonostante tutto la Snaidero è riuscita a raddrizzare bene il suo campionato».
- Cosa ha di più l'ex Jugoslavia, fucina inesauribile di giovani talenti rispetto all'Italia?
«I talenti ci sono anche in Italia; diversa è però la mentalità. I giovani slavi hanno molta più "fame", molta più voglia di arrivare degli italiani che hanno già tutto».
- Il più forte giocatore slavo?
«Drazen Petrovic, il più grande, oso dire, al mondo. Mi piace moltissimo anche Sasha Djordevic, un computer vivente».
Giovanni Boldarino
- Come spieghi le difficoltà attraversata in questa stagione dalla Snaidero?
«Perdita di Charlie Smith e infortuni a parte, credo che il club nella sua nuova breve storia è forse partita troppo forte. Prima la promozione in A1, poi il settimo posto con uscita dai play-off contro la Sacvolini solo in gara 5. Questo ha fatto sì che si creassero troppe aspettative intorno a questa squadra ed appena le cose non sono incominciate a girare per il verso giusto si sono subito levati mormorii. E' nella logica delle cose che si debbano passare dei periodi che possiamo definire di transizione. Nonostante tutto la Snaidero è riuscita a raddrizzare bene il suo campionato».
- Cosa ha di più l'ex Jugoslavia, fucina inesauribile di giovani talenti rispetto all'Italia?
«I talenti ci sono anche in Italia; diversa è però la mentalità. I giovani slavi hanno molta più "fame", molta più voglia di arrivare degli italiani che hanno già tutto».
- Il più forte giocatore slavo?
«Drazen Petrovic, il più grande, oso dire, al mondo. Mi piace moltissimo anche Sasha Djordevic, un computer vivente».
Giovanni Boldarino
Fonte: Il Gazzettino