PESARO - Misha Beric a cuore aperto, come mai prima d’ora. L’aveva preannunciato: «Se c’è qualcosa da dire lo farò solo a fine campionato» ed è stato di parola. Non è il tipo che crea maretta in spogliatoio, sa come si sta al mondo. Quest’anno non avrà giocato una stagione da ricordare, ma Misha Beric resta sempre un signore. La prossima settimana tornerà in Serbia e magari farà in tempo ad assistere a qualche partita del “suo" Partizan, che è in finale scudetto, «vero, ora mi resta solo lui come squadra per cui fare il tifo...». Nel frattempo Miro si aggira per Pesaro e ogni tanto si becca pure qualche critica non velata dai passanti delusi. E’ in vacanza, suo malgrado, la guardia/ala della Scavolini, «ma ancora non sono riuscito ad andare al mare per via di questo tempaccio... Sono troppo incavolato!». Dice che tornerà verso la fine dell’estate, «perchè ho un contratto da rispettare. Spero di parlare con i dirigenti prima di partire. Se vorrei restare? Preferisco non dire niente prima di averne discusso con la società». L’unica cosa certa è che non andrà in Nazionale: «Ho deciso di chiudere». Il bilancio di Misha non può essere positivo: «Abbiamo sperato tutti di poter fare di più, ma abbiamo perso con la Kinder, una delle migliori squadre d’Europa. La nostra pecca è stata quella di non essere arrivati quarti o quinti, così da evitare i campioni d’Italia. Non è stata una buona stagione, ma potrei dire lo stesso di quella che ha vissuto la Scavolini lo scorso anno. Per me conta vincere e un’annata è positiva quando si arriva in fondo a qualche manifestazione. Dividerei il mio percorso in biancorosso in tre tappe: all’inizio ho trovato qualche difficoltà ad inserirmi in una squadra nuova, poi ho passato 3-4 mesi in cui ho espresso un buon basket e infine - quando sono stato fuori 5 settimane per via di guai fisici - non sono più riuscito a esprimermi ai miei livelli. Nei play-off mi sentivo bene, ma forse era tardi». «Dopo l’infortunio ho giocato poco e non sono stato utilizzato come avrei voluto - confessa il serbo, con una certa vena polemica - Quello non era il mio gioco, io devo poter tirare molto di più. Ho giocato 10 minuti divisi in due spezzoni, un’altra volta 7 minuti, tirando una-due volte, ma era più facile dire e scrivere che Beric faceva -2 di valutazione. Non posso fare 20 punti con cinque tiri. L’anno scorso con il Partizan segnavo tanto perchè avevo più palloni e anche prima dello stop, con la Scavolini, avevo 16 punti di media con buone percentuali, più o meno come al Tau. Penso che si possa fare molto di più per valorizzarmi, non posso aver dimenticato come si gioca a basket». Misha Beric è un fiume in piena, ha voglia di parlare, di dire la sua opinione. Perchè se la sua annata non è stata nemmeno lontanamente paragonabile a tutte quelle trascorse prima di venire a Pesaro, ci sono delle spiegazioni: «Sapevo che qui avrei trovato tanti giocatori buoni, che non sarei stato la punta dell’attacco. Però dovevo essere utilizzato in un altro modo. Per rientrare in forma, dopo un infortunio, un giocatore ha bisogno di stare in campo. Io non ero abituato a stare fuori e l’accumulo di situazioni negative è stato deleterio». Ci spiega il tecnico che le è stato fischiato in gara-3 con la Kinder? «Ero nervoso - conclude Beric - per noi era la partita della vita. Loro difendevano duro, con le mani addosso e gli arbitri non fischiavano niente. Dopo il fallo di Ginobili l’arbitro mi ha fissato e ha sentito solo le mie proteste». Sarà un arrivederci o un addio?
Camilla Cataldo
Camilla Cataldo