ROSETO. Roseto ha accettato il suo congedo, dopo un triennio legato a soddisfazioni inimmaginabili, come un marinaio che vede la sua barca allontanarsi e galleggiare sapiente lungo la linea dell'orizzonte, consapevole che niente e nessuno potevano distruggere il ricordo dei tempi passati insieme ma anche che, un giorno, le correnti avrebbero potuto farli incontrare di nuovo. E' accaduto prima ancora di quanto fosse lecito attendersi e Phil Melillo è di nuovo il coach del Roseto Basket, anche se un anno dopo le situazioni e gli uomini che hanno determinato il ritorno del coach di Newark sulla panchina biancoblù sono profondamente diverse. Il coach italoamericano è intenzionato a ripartire con tutte facce nuove. Boni in bilico.
Melillo, che effetto le fa tornare a Roseto?
«Quello che si prova quando si torna a casa dopo un po' e si ha voglia di riabbracciare i propri cari. A certe sensazioni non ci si abitua mai».
Quando c'è stato il primo contatto con la nuova proprietà?
«10 giorni fa mi hanno detto di aspettare prima di fare eventuali scelte per il futuro. Poi ci siamo incontrati e martedì sera abbiamo sottoscritto l'accordo biennale».
Qual è la cosa che più l'ha colpita di Amadio?
«Innanzitutto va ringraziato perché ha fatto sì che la pallacanestro restasse a Roseto, grazie alla fondamentale opera di mediazione del sindaco Di Bonaventura. Poi vuole coinvolgere la città, restituirle nuovo entusiasmo, come dimostra l'attenzione che sta mettendo nel rilancio del settore giovanile e altre cose che lui stesso illustrerà quando sarà il momento».
Lei è l'allenatore di una squadra che non ha un tesserato, cosa intende fare?
«L'orientamento è di ripartire da zero, con tutte facce nuove, anche se sto guardando le cassette delle partite dell'ultima stagione».
Questo significa che anche Boni, con il quale la società aveva già parlato, è tagliato fuori?
«Mario è un giocatore che ha dato tantissimo a Roseto, contribuendo a molti successi, e non sarà facile sostituirlo. Ma l'orientamento è di iniziare un nuovo ciclo, ma non abbiamo ancora approfondito l'argomento».
Nella costruzione della squadra avrà al suo fianco Bianchini.
«La sua presenza è una garanzia! Bianchini è il primo personaggio che ho conosciuto quando sono arrivato in Italia 25 anni fa, insieme a Martinelli, altro personaggio che va ringraziato, da me in particolare perché mi ha consentito di conoscere Roseto dove ho messo le radici. Con Bianchini siamo già al lavoro e andremo nel mese di luglio a Boston a vedere un camp».
Ha già scelto il suo vice?
«Ancora no, perché prima di firmare per scaramanzia non ho mosso un dito. Potrebbe essere Griffin che ho avuto a Forlì per due anni, o qualcun altro, ma al momento ancora non ci ho pensato».
Il suo Roseto parlerà prevalentemente americano o no?
«E' presto per dirlo. Quello che posso dire è che, come sempre, guarderò all'uomo quando si tratterà di scegliere un giocatore, al resto ci penso io con il lavoro in palestra. Che poi sia americano, europeo o italiano conta relativamente».
Qual è l'obiettivo, o il sogno per la prossima stagione?
«L'obiettivo è fare bene, il sogno è di fare quello che ha fatto Cantù quest'anno. Non capita tutti gli anni ma io intanto sogno».
Cosa le ha insegnato l'esperienza di Udine?
«Ogni esperienza è positiva, ma l'odio tra giocatori che ho visto a Udine non l'avevo mai visto in 25 anni che gioco e 10 che alleno. Speravo che giocatori esperti riuscissero a mettere da parte i loro egoismi per la causa, invece sembrava di essere all'asilo. Alla fine mi sono trovato a gestire piuttosto che allenare, ed ho preferito rinunciare agli altri due anni di contratto».
A Roseto quale sarà il motto?
«Quello che i rosetani conoscono: sputare sangue in allenamento e in partita»!
Giorgio Pomponi
Melillo, che effetto le fa tornare a Roseto?
«Quello che si prova quando si torna a casa dopo un po' e si ha voglia di riabbracciare i propri cari. A certe sensazioni non ci si abitua mai».
Quando c'è stato il primo contatto con la nuova proprietà?
«10 giorni fa mi hanno detto di aspettare prima di fare eventuali scelte per il futuro. Poi ci siamo incontrati e martedì sera abbiamo sottoscritto l'accordo biennale».
Qual è la cosa che più l'ha colpita di Amadio?
«Innanzitutto va ringraziato perché ha fatto sì che la pallacanestro restasse a Roseto, grazie alla fondamentale opera di mediazione del sindaco Di Bonaventura. Poi vuole coinvolgere la città, restituirle nuovo entusiasmo, come dimostra l'attenzione che sta mettendo nel rilancio del settore giovanile e altre cose che lui stesso illustrerà quando sarà il momento».
Lei è l'allenatore di una squadra che non ha un tesserato, cosa intende fare?
«L'orientamento è di ripartire da zero, con tutte facce nuove, anche se sto guardando le cassette delle partite dell'ultima stagione».
Questo significa che anche Boni, con il quale la società aveva già parlato, è tagliato fuori?
«Mario è un giocatore che ha dato tantissimo a Roseto, contribuendo a molti successi, e non sarà facile sostituirlo. Ma l'orientamento è di iniziare un nuovo ciclo, ma non abbiamo ancora approfondito l'argomento».
Nella costruzione della squadra avrà al suo fianco Bianchini.
«La sua presenza è una garanzia! Bianchini è il primo personaggio che ho conosciuto quando sono arrivato in Italia 25 anni fa, insieme a Martinelli, altro personaggio che va ringraziato, da me in particolare perché mi ha consentito di conoscere Roseto dove ho messo le radici. Con Bianchini siamo già al lavoro e andremo nel mese di luglio a Boston a vedere un camp».
Ha già scelto il suo vice?
«Ancora no, perché prima di firmare per scaramanzia non ho mosso un dito. Potrebbe essere Griffin che ho avuto a Forlì per due anni, o qualcun altro, ma al momento ancora non ci ho pensato».
Il suo Roseto parlerà prevalentemente americano o no?
«E' presto per dirlo. Quello che posso dire è che, come sempre, guarderò all'uomo quando si tratterà di scegliere un giocatore, al resto ci penso io con il lavoro in palestra. Che poi sia americano, europeo o italiano conta relativamente».
Qual è l'obiettivo, o il sogno per la prossima stagione?
«L'obiettivo è fare bene, il sogno è di fare quello che ha fatto Cantù quest'anno. Non capita tutti gli anni ma io intanto sogno».
Cosa le ha insegnato l'esperienza di Udine?
«Ogni esperienza è positiva, ma l'odio tra giocatori che ho visto a Udine non l'avevo mai visto in 25 anni che gioco e 10 che alleno. Speravo che giocatori esperti riuscissero a mettere da parte i loro egoismi per la causa, invece sembrava di essere all'asilo. Alla fine mi sono trovato a gestire piuttosto che allenare, ed ho preferito rinunciare agli altri due anni di contratto».
A Roseto quale sarà il motto?
«Quello che i rosetani conoscono: sputare sangue in allenamento e in partita»!
Giorgio Pomponi
