MILANO — Per almeno un ventennio è stato il rivale più accerrimo, l'avversario più fischiato e si può dire, sportivamente, più odiato. A Milano è passato come una meteora. In sei mesi trasformato da profeta del verbo della rinascita di Pasquale Caputo a principale responsabile della disfatta della passata stagione e, infine, giubilato dalla nuova proprietà per far posto a Guido Saibene, proprio prima del derby contro la «sua» Cantù.
Valerio Bianchini oggi lavora per Roseto, come consulente del presidente Martinelli. E dal suo ufficio parla volentieri del derby, di quella sfida vissuta tante volte sulla panchina brianzola e mai assaporata sul legno milanese. «Quando arrivai al Pianella una delle prime cose di cui si parlò era proprio del derby con l'Olimpia - racconta il «Vate» - una partita che rappresentava per tutta Cantù un evento straordinario. All'epoca stavamo iniziando un ciclo d'oro, grazie a giocatori come Marzorati, Riva, Cattini, Bosa. Tutti prodotti del vivaio, la vera forza di quella Cantù».
Una tradizione che non è stata rispettata quest'anno: «L'Oregon ha saputo interpretare meglio di chiunque le nuove regole. Arrigoni e Corrado sono stati più bravi di tutti, anche di Milano, dove sono passati giocatori mediocri e senza personalità. Cantù invece non ha fatto la squadra con gli agenti, ha mandato il suo general manager negli States a vedere e a scegliere i giocatori. Una selezione qualitativa che sta pagando».
Nel match di oggi l'Adecco parte, forse per la prima volta negli ultimi anni, senza essere favorita: «Certo, Cantù ha il pronostico dalla sua parte anche se in un derby gli equilibri possono facilmente essere sovvertiti. Ricordo delle semifinali scudetto, giocate all'inizio degli anni '80, in cui allenavo una squadra competitiva e sullo stesso livello di Milano. Poi l'Olimpia è diventata superiore. Oggi invece Sacripanti ha dalla sua un roster bilanciato in tutti i ruoli, giocatori uniti che fanno sempre la cosa giusta. Milano è più indietro e non solo in classifica».
Guardando fuori dal parquet, all'Olimpia si vuole cambiare ancora assetto societario con Tacchini che rinuncia alle presidenza e alla ribalta per far entrare nuovi soci: «Non mi sembra di poter dire che Tacchini sia mai entrato in scena prepotentemente visto che la gestione della società non è mai stata in mano sua. Comunque sia, quello dei tre o quattro soci proprietari è un progetto fattibile a patto che Milano possa crescere insieme a tutto il movimento. Servono una Lega e una Federazione più forti, bisogna tirare fuori l'orgoglio di uno sport di vertice. A quel punto anche Milano potrà tornare grande».
In via Caltanissetta è tornato il suo rivale Dan Peterson: «Sono felice per lui. E' stato un grande, ha insegnato a tutti come gestire il basket in modo professionistico facendo sognare il pubblico di Milano grazie alle sue invenzioni tattiche e al suo modo unico di condurre la squadra in campo. Un grande». E oggi chi vincerà? «Mi dispiace ma non faccio pronostici». Ma il cuore, c'è di giurarlo, batterà tutto per Cantù.
Maurizio Trezzi
Valerio Bianchini oggi lavora per Roseto, come consulente del presidente Martinelli. E dal suo ufficio parla volentieri del derby, di quella sfida vissuta tante volte sulla panchina brianzola e mai assaporata sul legno milanese. «Quando arrivai al Pianella una delle prime cose di cui si parlò era proprio del derby con l'Olimpia - racconta il «Vate» - una partita che rappresentava per tutta Cantù un evento straordinario. All'epoca stavamo iniziando un ciclo d'oro, grazie a giocatori come Marzorati, Riva, Cattini, Bosa. Tutti prodotti del vivaio, la vera forza di quella Cantù».
Una tradizione che non è stata rispettata quest'anno: «L'Oregon ha saputo interpretare meglio di chiunque le nuove regole. Arrigoni e Corrado sono stati più bravi di tutti, anche di Milano, dove sono passati giocatori mediocri e senza personalità. Cantù invece non ha fatto la squadra con gli agenti, ha mandato il suo general manager negli States a vedere e a scegliere i giocatori. Una selezione qualitativa che sta pagando».
Nel match di oggi l'Adecco parte, forse per la prima volta negli ultimi anni, senza essere favorita: «Certo, Cantù ha il pronostico dalla sua parte anche se in un derby gli equilibri possono facilmente essere sovvertiti. Ricordo delle semifinali scudetto, giocate all'inizio degli anni '80, in cui allenavo una squadra competitiva e sullo stesso livello di Milano. Poi l'Olimpia è diventata superiore. Oggi invece Sacripanti ha dalla sua un roster bilanciato in tutti i ruoli, giocatori uniti che fanno sempre la cosa giusta. Milano è più indietro e non solo in classifica».
Guardando fuori dal parquet, all'Olimpia si vuole cambiare ancora assetto societario con Tacchini che rinuncia alle presidenza e alla ribalta per far entrare nuovi soci: «Non mi sembra di poter dire che Tacchini sia mai entrato in scena prepotentemente visto che la gestione della società non è mai stata in mano sua. Comunque sia, quello dei tre o quattro soci proprietari è un progetto fattibile a patto che Milano possa crescere insieme a tutto il movimento. Servono una Lega e una Federazione più forti, bisogna tirare fuori l'orgoglio di uno sport di vertice. A quel punto anche Milano potrà tornare grande».
In via Caltanissetta è tornato il suo rivale Dan Peterson: «Sono felice per lui. E' stato un grande, ha insegnato a tutti come gestire il basket in modo professionistico facendo sognare il pubblico di Milano grazie alle sue invenzioni tattiche e al suo modo unico di condurre la squadra in campo. Un grande». E oggi chi vincerà? «Mi dispiace ma non faccio pronostici». Ma il cuore, c'è di giurarlo, batterà tutto per Cantù.
Maurizio Trezzi