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Cantù, una professione di fede

Il presidente Corrado: «Abbiamo voglia di andare in finale».

CANTÙ — Altro che fuoco d'artificio. «Questa vittoria vuol dire una cosa sola: che Cantù è una squadra che può lottare alla pari contro qualunque avversario. Non siamo semplicemente una sorpresa del campionato, ma una formazione autentica, con tante certezze. E la voglia di andare in finale».
Esulta Francesco Corrado. In gara2 nella semifinale scudetto, l'Oregon, con una rivincita spettacolare (80-69), ha pareggiato il conto (1-1) con la Skipper. E il giorno dopo, per il presidente della Pallacanestro Cantù è un dolce venerdì: «Bravi tutti i giocatori. Hanno dato il massimo. Anche gli arbitri sono stati ottimi». Guarda a domenica il patron brianzolo, a gara3 in casa della Fortitudo: «Andiamo a Bologna per vincere. Questo è chiaro. La Skipper è fortissima. Sarà molto dura. Ma noi possiamo farcela e ci proveremo fino all'ultimo». Ieri coach Stefano Sacripanti ha rivisto il film del trionfo della sera prima. «Siamo stati perfetti - commenta - Ordinati e disciplinati. La nostra pressione ha impedito alla Fortitudo di correre».
Sull'apporto decisivo delle seconde linee di Cantù nella costruzione della vittoria più bella di una stagione memorabile, il tecnico biancoblu spende parole d'elogio per i suoi giocatori: «La nostra grande determinazione ci ha premiato. Tutti hanno fatto magistralmente la loro parte. Abbiamo dimostrato di essere una squadra di qualità, personalità e carattere».
Se il quintetto a stelle e strisce di Cantù è stato l'architrave del riscatto, il killer della Skipper è arrivato dall'Illinois. Il sigillo sulla vittoria dell'Oregon porta la firma di un yankee 28enne. È Ryan Hoover, la guardia maglia numero 5. Un cecchino dalla mira chirurgica. Con la sua precisione ha messo in ginocchio la Fortitudo. Ma, in gara2, non si è limitato a sparare dalla linea dei tre punti, si è inventato anche incursioni che hanno spaccato in due la difesa bolognese.
Miglior realizzatore in campo con 16 punti, il «soldato Ryan» è ormai diventato un pericolo per tutte le squadra avversarie. Un tiratore puro, un asso nella manica per Sacripanti. Cresciuto a pane e basket, Hoover racconta che ha iniziato a tirare a canestro, nel cortile di casa nella cittadina di Dakota nell'Illinois, a 4 anni. A scuola diventa micidiale dalla lunetta e grazie alla sua bravura nella pallacanestro ottiene una borsa di studio alla Notre Dame University, nell'Indiana. Studia marketing e si spreme in palestra, cullando il sogno di sbarcare nella Nba. Uscito dal college, prova per i New York Knicks e poi per Phoenix Suns, ma trova al porta chiusa. Hoover riesce a ritagliarsi uno spazio nelle leghe minori: Cbs, Aba. Poi vola in Venezuela con i Bravos de Portuguesa e vince il premio come miglior playmaker del campionato.
In estate la chiamata dalla Brianza. «Sapevamo che Cantù era una società dal grande blasone e che c'era la voglia di tornare in alto - dice Hoover - Così ho accettato. Siamo una squadra unita. Vogliamo vincere il più possibile. E dopo aver eliminato Siena, ora siamo in parità contro la forte Skipper. Non ci poniamo limiti, un passo alla volta. Ma a Bologna andiamo per vincere».
Paolo Marelli
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