PESARO – Due ali dovrebbero bastare per prendere il volo, ma Silvio Gigena e Brad Traina non hanno fatto volare la Anzi, è nella posizione “numero tre" che la squadra pesarese ha accusato evidenti problemi, legati – prima ancora che al rendimento dei due giocatori in questione – al ruolo fondamentale che l’ala piccola riveste in una squadra di vertice. Ed in effetti quando Stefano Pillastrini si lascia sfuggire che «è mancata alla Scavolini un’esplosione “alla Ginobili" da parte di qualcuno», c’è da scommettere che con quel “qualcuno" si riferisce proprio al “gaucho" o al “marine", e soprattutto a quest’ultimo, che dopo tre stagioni in Italia, due delle quali trascorse a Pesaro, è ancora in gran parte un... oggetto misterioso.
Punto di raccordo tra “piccoli" e “lunghi", il numero tre è una figura chiave nella struttura e nella dinamica di un quintetto. Può eccellere o nel tiro da fuori, alla Oscar (o alla Bob Morse per i più tradizionalisti), oppure nella rapidità di movimento e nella penetrazione, alla Darren Daye per intenderci. Ma in entrambi i casi deve essere una presenza certa ed uno stabile punto di riferimento. E’ forse pensando a questi parametri, mentre la stagione biancorossa muoveva i primi passi, che Valerio Bianchini, dal suo letto d’ospedale al San Salvatore, dopo essersi informato su chi stesse giocando ala nella squadra di Pillastrini, disse categoricamente che l’impiego di Beric in quel ruolo gli sembrava improponibile (in estate si era parlato del serbo come ala piccola), che Traina era troppo discontinuo per coprire stabilmente la posizione e Gigena non abbastanza rapido né sufficientemente realizzatore. Ovvio che ciò che conta in una squadra è pur sempre la chimica, la simbiosi tra i vari elementi: ed allora se Beric o Middleton avessero fatto la differenza nel ruolo di guardia, assicurando prestanza difensiva e pericolosità in attacco, la questione dell’ala piccola avrebbe avuto un impatto minore, ma così non è stato. Due ruoli chiave, insomma, non sono stati coperti al meglio nell’ultima edizione della Scavolini, e questa è già un’indicazione per il prossimo futuro.
Onde evitare confusioni, però, occorre distinguere le responsabilità delle due ali. Gigena, pur senza fare sfracelli (6,8 punti e 3,5 rimbalzi di media), la sua parte l’ha fatta, risultando anzi il più preciso della squadra da tre (45%) e il secondo alle spalle di Blair nel tiro da due (61%). Una performance balistica tra l’altro migliorata di 3-4 punti rispetto alla stagione precedente, ma raccogliendo in media un punto (e mezzo rimbalzo) in meno. La valutazione complessiva (8), lo colloca al sesto posto nella gerarchia del rendimento, subito alle spalle di Beric ma indietro rispetto a Tusek e a grande distanza dal trio statunitense. Il “corazon" dell’argentino, la sua anima latina non sono mai state in discussione, e la gente di Pesaro per questo continua ad amarlo e a farlo saltare “con la curva", ma la paurosa stecca al tiro contro la Kinder è ancora negli occhi di tutti. Ha in mano un contratto e la certezza di restare in biancorosso.
Quanto a Traina, croce e delizia della tifoseria ed anche dello staff tecnico, vale il discorso inverso: si è improvvisamente risvegliato nell’ultima di regular season con la Mabo ed ha disputato discreti play off, specie contro Fabriano, ma fino a quel momento... meglio stendere un velo pietoso, a parte qualche sporadico filotto di bombe nelle serate di grazia (poche). Tant’è vero che alla fine è rimasto ancora l’ultimo dei titolari in valutazione (4,9): sotto di lui, soltanto Panichi. Per giunta il suo rendimento è ulteriormente sceso rispetto alla stagione precedente, in cui aveva suscitato non poche perplessità: da 9 a 6 i punti a partita, da 3 a 2 i rimbalzi, dal 50 al 44 la percentuale da due, da 7,4 a 4,9 la valutazione (solo da tre è migliorato). I mezzi fisici sono quelli di sempre: è l’unico giocatore che fa sognare i tifosi... “prima" della partita. Celebre la battuta di Pilla su di lui: “E’ un grande, quando è... collegato". Il punto è proprio questo: aspettiamo l’Umts per una “connessione" stabile col cellulare-Traina oppure ci affidiamo ad un giocatore-computer, meno estroso e “potenziale" ma più affidabile e sicuro?
Giancarlo Iacchini
Punto di raccordo tra “piccoli" e “lunghi", il numero tre è una figura chiave nella struttura e nella dinamica di un quintetto. Può eccellere o nel tiro da fuori, alla Oscar (o alla Bob Morse per i più tradizionalisti), oppure nella rapidità di movimento e nella penetrazione, alla Darren Daye per intenderci. Ma in entrambi i casi deve essere una presenza certa ed uno stabile punto di riferimento. E’ forse pensando a questi parametri, mentre la stagione biancorossa muoveva i primi passi, che Valerio Bianchini, dal suo letto d’ospedale al San Salvatore, dopo essersi informato su chi stesse giocando ala nella squadra di Pillastrini, disse categoricamente che l’impiego di Beric in quel ruolo gli sembrava improponibile (in estate si era parlato del serbo come ala piccola), che Traina era troppo discontinuo per coprire stabilmente la posizione e Gigena non abbastanza rapido né sufficientemente realizzatore. Ovvio che ciò che conta in una squadra è pur sempre la chimica, la simbiosi tra i vari elementi: ed allora se Beric o Middleton avessero fatto la differenza nel ruolo di guardia, assicurando prestanza difensiva e pericolosità in attacco, la questione dell’ala piccola avrebbe avuto un impatto minore, ma così non è stato. Due ruoli chiave, insomma, non sono stati coperti al meglio nell’ultima edizione della Scavolini, e questa è già un’indicazione per il prossimo futuro.
Onde evitare confusioni, però, occorre distinguere le responsabilità delle due ali. Gigena, pur senza fare sfracelli (6,8 punti e 3,5 rimbalzi di media), la sua parte l’ha fatta, risultando anzi il più preciso della squadra da tre (45%) e il secondo alle spalle di Blair nel tiro da due (61%). Una performance balistica tra l’altro migliorata di 3-4 punti rispetto alla stagione precedente, ma raccogliendo in media un punto (e mezzo rimbalzo) in meno. La valutazione complessiva (8), lo colloca al sesto posto nella gerarchia del rendimento, subito alle spalle di Beric ma indietro rispetto a Tusek e a grande distanza dal trio statunitense. Il “corazon" dell’argentino, la sua anima latina non sono mai state in discussione, e la gente di Pesaro per questo continua ad amarlo e a farlo saltare “con la curva", ma la paurosa stecca al tiro contro la Kinder è ancora negli occhi di tutti. Ha in mano un contratto e la certezza di restare in biancorosso.
Quanto a Traina, croce e delizia della tifoseria ed anche dello staff tecnico, vale il discorso inverso: si è improvvisamente risvegliato nell’ultima di regular season con la Mabo ed ha disputato discreti play off, specie contro Fabriano, ma fino a quel momento... meglio stendere un velo pietoso, a parte qualche sporadico filotto di bombe nelle serate di grazia (poche). Tant’è vero che alla fine è rimasto ancora l’ultimo dei titolari in valutazione (4,9): sotto di lui, soltanto Panichi. Per giunta il suo rendimento è ulteriormente sceso rispetto alla stagione precedente, in cui aveva suscitato non poche perplessità: da 9 a 6 i punti a partita, da 3 a 2 i rimbalzi, dal 50 al 44 la percentuale da due, da 7,4 a 4,9 la valutazione (solo da tre è migliorato). I mezzi fisici sono quelli di sempre: è l’unico giocatore che fa sognare i tifosi... “prima" della partita. Celebre la battuta di Pilla su di lui: “E’ un grande, quando è... collegato". Il punto è proprio questo: aspettiamo l’Umts per una “connessione" stabile col cellulare-Traina oppure ci affidiamo ad un giocatore-computer, meno estroso e “potenziale" ma più affidabile e sicuro?
Giancarlo Iacchini