A cinque minuti dalla fine, sul 73-51, la Fortitudo aveva già accoppato con comodo anticipo Gara 3, e si stava preparando ad infierire su Cantù. Chi fosse entrato al PalaDozza in quel momento, non avrebbe quindi nemmeno sospettato che solo all´intervallo, arrivato con un vantaggio di appena 3 punti, le prospettive non erano proprio quelle del lauto banchetto. Il che naturalmente aumenta i meriti del gruppo Boniciolli, arrivato fin qui in condizioni talmente buone da potersi permettere di sprintare anche dopo una mezza gara passata a preoccuparsi di un avversario difficile e capace di dolorose improvvisazioni, e sempre pronto a risalire la sua china.
Com´è noto, sul 2-1 ci può ancora stare tutto, ma anche alla luce della partita di ieri pensare che la Skipper possa perdere per due volte di seguito da Hines e Damiao, è una prospettiva che nemmeno il più pessimista dei tifosi avverte come verosimile. Morale: da qui alla finalissima (che sarebbe la sesta in sette anni) c´è un tappeto di velluto rosso che la Skipper deve solo attraversare col suo passo, senza neanche aver bisogno di clamorose accelerazioni.
Il passo con cui ieri ha iniziato la partita, ad esempio, andrebbe di lusso. Due o tre minuti scintillanti (12-3 quasi subito, innescando Fucka al meglio, cioè in velocità), prima di perdere il filo e abbandonarsi a un primo quarto di partita brutto, sporco e nemmeno cattivo. Pur avendo avuto il merito di conservare quel vantaggio, la Fortitudo ha infatti avuto la colpa di non ingrossarlo quando per Cantù segnare sembrava un esercizio sconosciuto e inaffrontabile (nella prima manche, 22% da due). Col campionario di errori di Lindeman ci si poteva fare un manuale alla rovescia, gli altri ad andar bene prendevano il ferro (ma si è visto anche un bel cross di Stonerook dall´angolo).
Consapevole della propria anemia, Cantù ha però capito in fretta che non poteva concedere sempre a Fucka di arrivare a rimorchio, pena prenderne 30 ogni cinque minuti, e così si è adeguata in difesa, aprendo gli occhi e mulinando con convinzione le braccia. Lì la Skipper ha subito il primo intoppo della sua serata, non riuscendo ad avere da Basile, né da altri, le idee per scardinare il fortino canturino. Senza segnare se non dai liberi (e poco), Cantù ha arginato le falle e tenuto quel -10 in chiusura della prima rata, ma ha poi saputo ridurre lo svantaggio a soli tre punti per l´intervallo. Hoover è stato il trascinatore con la prima bomba (poi ne ha sbagliate tre di fila), Thornton si è dato una svegliata, Riva ha messo la sua tripla, ma soprattutto la Fortitudo ha continuato a faticare per trovare la luce in attacco. Poco da Meneghin e da Basile, qualcosa da Kovacic (anche se non più la perfezione, com´era stato in questa serie) e insomma, se non c´erano gli 11 di Fucka, sarebbe stato quasi il buio.
Con quelle premesse crescere dopo il the era obbligatorio, e la Skipper l´ha fatto. Trovando scelte vincenti e coraggiose, pazientando per scardinare la difesa canturina, ritrovando almeno la mira in Basile, se non proprio la regia (8 punti del break in 7´), dominando a rimbalzo e imponendo il fisico. Tenere a distanza Cantù non è però un´impresa da poco, e i 9 punti di vantaggio alla fine del terzo quarto il gruppo Boniciolli ha dovuto sudarseli tutti, sfruttando anche un arbitraggio non limpido, almeno in quel frangente. Dal 59-50 si è ripartiti per cercare di matare il match, con Cantù che cominciava ad avere una situazione pesante ai falli, le idee sempre più annebbiate e la mira pure. Una bomba di Meneghin (suo primo canestro su azione della serata, prima solo due liberi) ha fissato un 64-50 a 8´ dalla fine, che aveva già il sapore della sentenza, soprattutto dopo essere stato seguito da un´altra tripla di Galanda per il +17. Quelli venuti da Cantù, lassù cantavano lo stesso, ma quelli in campo avevano già le braccia alzate.
In teoria la partita era ancora viva, in pratica solo la Skipper poteva rianimarla, ammutinandola. Ma questo non è un gruppo con i buchi neri. Magari non sarà baciato dal talento come altri che di recente l´hanno preceduto su queste canotte, ma conosce e apprezza la fatica con cui si deve sudare ogni partita, e quindi si guarda bene dal buttare via quel che risparmia. Quindi, secondo l´inerzia della logica, è finita di venti, lasciando a Basile il ruolo di primattore (Goldwire si è fatto 40 minuti seduto, Boniciolli gliel´ha data su) e al pubblico la festa. Domani si gioca ancora, basterà non scordarselo per evitarsi una sudata al PalaDozza, in attesa dell´ultimo atto.
Giovanni Egidio
SKIPPER-OREGON 84-64
Skipper: Basile 19, Meneghin 5, Milic 13, Fucka 17, Kovacic 12, Galanda 13, Marcelic 3, Pilutti 2. N.e. Goldwire e Savic.
Oregon: McCullough 13, Thornton 15, Hines 8, Stonerook 7, Lindeman 2, Damiao 2, Hoover 10, Riva 4, Gay, Ansaloni 3.
Arbitri: Facchini e Paternicò.
Note: liberi: Bo 21/30, Ca 13/22. Da due: Bo 21/41, Ca 15/33. Da tre: Bo 7/20, Ca 7/22. Rimbalzi: Bo 46, Ca 28.
Parziali: 5´ 12-5, 10´ 21-11, 15´ 31-22, 20´ 37-34, 25´ 45-42, 30´ 59-50, 35´ 73-51, 40´ 84-64. Massimo vantaggio Fortitudo: +26 (82-56) al 38´. Massimo svantaggio: -2 (0-2) al 1´.
Com´è noto, sul 2-1 ci può ancora stare tutto, ma anche alla luce della partita di ieri pensare che la Skipper possa perdere per due volte di seguito da Hines e Damiao, è una prospettiva che nemmeno il più pessimista dei tifosi avverte come verosimile. Morale: da qui alla finalissima (che sarebbe la sesta in sette anni) c´è un tappeto di velluto rosso che la Skipper deve solo attraversare col suo passo, senza neanche aver bisogno di clamorose accelerazioni.
Il passo con cui ieri ha iniziato la partita, ad esempio, andrebbe di lusso. Due o tre minuti scintillanti (12-3 quasi subito, innescando Fucka al meglio, cioè in velocità), prima di perdere il filo e abbandonarsi a un primo quarto di partita brutto, sporco e nemmeno cattivo. Pur avendo avuto il merito di conservare quel vantaggio, la Fortitudo ha infatti avuto la colpa di non ingrossarlo quando per Cantù segnare sembrava un esercizio sconosciuto e inaffrontabile (nella prima manche, 22% da due). Col campionario di errori di Lindeman ci si poteva fare un manuale alla rovescia, gli altri ad andar bene prendevano il ferro (ma si è visto anche un bel cross di Stonerook dall´angolo).
Consapevole della propria anemia, Cantù ha però capito in fretta che non poteva concedere sempre a Fucka di arrivare a rimorchio, pena prenderne 30 ogni cinque minuti, e così si è adeguata in difesa, aprendo gli occhi e mulinando con convinzione le braccia. Lì la Skipper ha subito il primo intoppo della sua serata, non riuscendo ad avere da Basile, né da altri, le idee per scardinare il fortino canturino. Senza segnare se non dai liberi (e poco), Cantù ha arginato le falle e tenuto quel -10 in chiusura della prima rata, ma ha poi saputo ridurre lo svantaggio a soli tre punti per l´intervallo. Hoover è stato il trascinatore con la prima bomba (poi ne ha sbagliate tre di fila), Thornton si è dato una svegliata, Riva ha messo la sua tripla, ma soprattutto la Fortitudo ha continuato a faticare per trovare la luce in attacco. Poco da Meneghin e da Basile, qualcosa da Kovacic (anche se non più la perfezione, com´era stato in questa serie) e insomma, se non c´erano gli 11 di Fucka, sarebbe stato quasi il buio.
Con quelle premesse crescere dopo il the era obbligatorio, e la Skipper l´ha fatto. Trovando scelte vincenti e coraggiose, pazientando per scardinare la difesa canturina, ritrovando almeno la mira in Basile, se non proprio la regia (8 punti del break in 7´), dominando a rimbalzo e imponendo il fisico. Tenere a distanza Cantù non è però un´impresa da poco, e i 9 punti di vantaggio alla fine del terzo quarto il gruppo Boniciolli ha dovuto sudarseli tutti, sfruttando anche un arbitraggio non limpido, almeno in quel frangente. Dal 59-50 si è ripartiti per cercare di matare il match, con Cantù che cominciava ad avere una situazione pesante ai falli, le idee sempre più annebbiate e la mira pure. Una bomba di Meneghin (suo primo canestro su azione della serata, prima solo due liberi) ha fissato un 64-50 a 8´ dalla fine, che aveva già il sapore della sentenza, soprattutto dopo essere stato seguito da un´altra tripla di Galanda per il +17. Quelli venuti da Cantù, lassù cantavano lo stesso, ma quelli in campo avevano già le braccia alzate.
In teoria la partita era ancora viva, in pratica solo la Skipper poteva rianimarla, ammutinandola. Ma questo non è un gruppo con i buchi neri. Magari non sarà baciato dal talento come altri che di recente l´hanno preceduto su queste canotte, ma conosce e apprezza la fatica con cui si deve sudare ogni partita, e quindi si guarda bene dal buttare via quel che risparmia. Quindi, secondo l´inerzia della logica, è finita di venti, lasciando a Basile il ruolo di primattore (Goldwire si è fatto 40 minuti seduto, Boniciolli gliel´ha data su) e al pubblico la festa. Domani si gioca ancora, basterà non scordarselo per evitarsi una sudata al PalaDozza, in attesa dell´ultimo atto.
Giovanni Egidio
SKIPPER-OREGON 84-64
Skipper: Basile 19, Meneghin 5, Milic 13, Fucka 17, Kovacic 12, Galanda 13, Marcelic 3, Pilutti 2. N.e. Goldwire e Savic.
Oregon: McCullough 13, Thornton 15, Hines 8, Stonerook 7, Lindeman 2, Damiao 2, Hoover 10, Riva 4, Gay, Ansaloni 3.
Arbitri: Facchini e Paternicò.
Note: liberi: Bo 21/30, Ca 13/22. Da due: Bo 21/41, Ca 15/33. Da tre: Bo 7/20, Ca 7/22. Rimbalzi: Bo 46, Ca 28.
Parziali: 5´ 12-5, 10´ 21-11, 15´ 31-22, 20´ 37-34, 25´ 45-42, 30´ 59-50, 35´ 73-51, 40´ 84-64. Massimo vantaggio Fortitudo: +26 (82-56) al 38´. Massimo svantaggio: -2 (0-2) al 1´.
Fonte: La Repubblica