PESARO – «Non chiedetemi niente sul futuro della Scavolini, devo ancora discuterne con la società». Questa la “linea Maginot" di Stefano Pillastrini in questa fase, in cui la stagione è finita da troppo poco tempo ma proprio per questo, a botta calda, la gente vorrebbe subito sapere cosa cambierà l’anno prossimo. Lui, il coach, non dubita minimamente di far parte del futuro biancorosso. Qualunque “insinuazione" in proposito lo fa trasecolare. Ha un altro anno di contratto e giura che il suo rapporto con la società è a prova di bomba, anzi, che nei momenti più difficili i dirigenti andavano da lui per chiedere se ritenesse necessari provvedimenti nei confronti dei giocatori. Sente dunque il timone ben saldo nelle sue mani, Pillastrini, mentre il mare intorno a lui è agitato dalle polemiche dell’Inferno (che minaccia uno sciopero di massa dell’abbonamento se il triennale del coach non venisse stracciato prematuramente) e increspato da una insistente brezza di scetticismo.
Non solo i risultati, ma il gioco della Scavolini è da tempo sotto accusa. Non è spettacolare, dicono in molti: poca transizione, poco contropiede, poca velocità. Un giorno abbiamo chiesto al coach che gioco avesse questa squadra. “Che domanda è?", è stata la risposta. Il gioco che le permettono i giocatori e gli avversari, ovvio! Pilla è il “fotografo" che deve solo fare clic, non il “pittore" la cui mano e il cui talento possano essere messi in discussione. Questa era la squadra e questo il logico risultato, fa capire senza tentennamenti, ed in fondo essere così sicuri del fatto proprio è un bel pregio per uno che fa il suo mestiere. Già, perché discutere un allenatore, dal calcio fino alle discipline minori, è sport nazionale. E nel basket, dopo il licenziamento di Ettore Messina, chi può dirsi intoccabile? Naturale perciò criticare anche Pillastrini, ma prima bisognerebbe sciogliere un non facile dilemma: è stato lui a non far rendere una squadra in sé fortissima, come pensano molti tifosi, oppure sono state le lacune dell’ultima Scavolini a mettere in difficoltà il coach? Chi propende per la seconda tesi, è anzi convinto che Pillastrini abbia persino fatto miracoli nella prima parte della stagione, quando la rinuncia a DeMarco aveva privato la squadra di una buona fetta del suo potenziale offensivo. Ed anche dopo il ritorno di Johnson, secondo i “difensori", il coach avrebbe fatto del suo meglio per ovviare alle clamorose stecche degli esterni (vedi il pessimo rendimento di Beric e Traina e la discontinuità di Middleton). Era accusato poi di non saper sfruttare Blair, “più adatto al gioco di Caja" (quante volte lo si è sentito?)... ma Blair alla fine è venuto fuori alla grande sia in campionato che in Eurolega, e casomai è stato DMJ (l’uomo “di Pillastrini") a fallire. E in ultimo, che dire di chi oggi stronca Pilla dopo averlo esaltato l’anno prima? Piuttosto è sulle due stagioni insieme che conviene adesso tracciare un bilancio, e sarà la dirigenza a doverlo fare. Sulla base, si spera, di due requisiti: chiarezza di idee e coraggio nel metterle in pratica. Il coraggio di un’eventuale svolta, qualora ai piani alti della società si covassero dubbi reali sull’operato del coach. Ma il coraggio anche di difenderlo a voce alta, se questi dubbi non ci sono. A maggior ragione nel momento in cui si prospetta l’insidiosa fronda di una componente importante della tifoseria, che merita di non essere snobbata e nemmeno demagogicamente assecondata, ma di ricevere dalla dirigenza parole chiare e rassicuranti sul futuro della squadra più amata dai pesaresi.
Giancarlo Iacchini
Non solo i risultati, ma il gioco della Scavolini è da tempo sotto accusa. Non è spettacolare, dicono in molti: poca transizione, poco contropiede, poca velocità. Un giorno abbiamo chiesto al coach che gioco avesse questa squadra. “Che domanda è?", è stata la risposta. Il gioco che le permettono i giocatori e gli avversari, ovvio! Pilla è il “fotografo" che deve solo fare clic, non il “pittore" la cui mano e il cui talento possano essere messi in discussione. Questa era la squadra e questo il logico risultato, fa capire senza tentennamenti, ed in fondo essere così sicuri del fatto proprio è un bel pregio per uno che fa il suo mestiere. Già, perché discutere un allenatore, dal calcio fino alle discipline minori, è sport nazionale. E nel basket, dopo il licenziamento di Ettore Messina, chi può dirsi intoccabile? Naturale perciò criticare anche Pillastrini, ma prima bisognerebbe sciogliere un non facile dilemma: è stato lui a non far rendere una squadra in sé fortissima, come pensano molti tifosi, oppure sono state le lacune dell’ultima Scavolini a mettere in difficoltà il coach? Chi propende per la seconda tesi, è anzi convinto che Pillastrini abbia persino fatto miracoli nella prima parte della stagione, quando la rinuncia a DeMarco aveva privato la squadra di una buona fetta del suo potenziale offensivo. Ed anche dopo il ritorno di Johnson, secondo i “difensori", il coach avrebbe fatto del suo meglio per ovviare alle clamorose stecche degli esterni (vedi il pessimo rendimento di Beric e Traina e la discontinuità di Middleton). Era accusato poi di non saper sfruttare Blair, “più adatto al gioco di Caja" (quante volte lo si è sentito?)... ma Blair alla fine è venuto fuori alla grande sia in campionato che in Eurolega, e casomai è stato DMJ (l’uomo “di Pillastrini") a fallire. E in ultimo, che dire di chi oggi stronca Pilla dopo averlo esaltato l’anno prima? Piuttosto è sulle due stagioni insieme che conviene adesso tracciare un bilancio, e sarà la dirigenza a doverlo fare. Sulla base, si spera, di due requisiti: chiarezza di idee e coraggio nel metterle in pratica. Il coraggio di un’eventuale svolta, qualora ai piani alti della società si covassero dubbi reali sull’operato del coach. Ma il coraggio anche di difenderlo a voce alta, se questi dubbi non ci sono. A maggior ragione nel momento in cui si prospetta l’insidiosa fronda di una componente importante della tifoseria, che merita di non essere snobbata e nemmeno demagogicamente assecondata, ma di ricevere dalla dirigenza parole chiare e rassicuranti sul futuro della squadra più amata dai pesaresi.
Giancarlo Iacchini
Fonte: Il Resto del Carlino