IMOLA - Si avvicina il giorno della verità per l’ Andrea Costa. Venerdì 7 giugno, alle ore 9, il Tribunale di Verona metterà infatti all’asta la Scaligera, fallita qualche mese fa ed al cui destino è legato come da un cordone ombelicale il futuro di Imola. Negli ultimi giorni si è parlato, spesso a sproposito, del nodo-ripescaggio, giusto quindi fare un po’ d’ordine a pochi giorni da un avvenimento importante. LE CERTEZZE - La società gialloblu è fallita ed il dottor Mino Castellano, designato dal Tribunale quale curatore fallimentare, ha autorizzato la vendita del complesso aziendale, costituito dai beni mobili e attrezzature varie, dal diritto alle prestazioni sportive dei tecnici e degli atleti e dalla successione nei contratti pendenti, in un unico lotto al prezzo base di 65.320 euro (poco più di 130 milioni, tanto per capire meglio). Attualmente la Scaligera ha sotto contratto l’allenatore Lino Lardo, il general manager Claudio Crippa e tre giovani della squadra, Luca Ianes, Giorgio Boscagin e Claudio Nobile. Il titolo sportivo? Quello lo ha ritirato la Fip, pronta a girarlo ad eventuali nuovi proprietari. LE PRESSIONI DELLA LEGA - Nell’ultima riunione le società di serie A1 hanno ribadito la volontà di disputare un campionato a numero pari, possibilmente 18, ma anche 20 se Verona dovesse salvarsi. Morale della favola, qualche speranza per il ripescaggio di Imola, ma esplicita sollecitazione alla Fip ed al suo presidente Maifredi di non restituire il diritto sportivo alla Scaligera, onde rendere meno pesante la stagione ed intasato il calendario. Il salvagente per le richieste della Lega? Il mancato adeguamento di Verona ai parametri economici imposti con il nuovo regolamento (monte minimo di salari e via dicendo). LA VERITA’ - L’articolo 128 recita: “Il titolo sportivo di una società che sia stata dichiarata fallita, ovvero alla quale sia stata revocata l’affiliazione in conseguenza della declaratoria di morosità, può essere attribuito ad altra Società, anche di nuova costituzione avente sede nello stesso Comune od in Comune immediatamente confinante, con delibera del Presidente federale, sentita la Comtec se concerne un campionato professionistico... La società aspirante al titolo sportivo deve accollarsi ed assolvere tutti i debiti della Società a cui è stata revocata l’affiliazione nei confronti della Fip, della Lega di appartenenza nonchè di enti affiliati e di tesserati...”. Chiaro il senso dell’articolo. La federazione ha interesse ad evitare figuracce, quindi con queste 10-12 righe può salvare una società a stagione in corso (altrimenti Verona non avrebbe finito il campionato) e permetterle di mettere a posto i conti in estate. Già Reggio Calabria e Montecatini sfruttarono questa opzione, quindi le pretese della Lega sul no a Verona valgono meno di zero. Ricordiamo che il “debito sportivo”, quello che l’eventuale acquirente dovrà necessariamente soddisfare per comprare il titolo sportivo che la Federbasket aveva revocato alla Scaligera Basket, è pari a 653 mila euro, circa un miliardo 300 milioni di vecchie lire. In questa cifra rientrano quasi tutti i crediti privilegiati (quelli vantati dai dipendenti e dai giocatori) e qualche chirografo. COSA SUCCEDERA’? - Probabile che la prima asta vada a vuoto, tanto per abbassare il prezzo, poi al secondo round salteranno fuori i futuri proprietari del Verona Basket. Chi? La famiglia Vicenzi resta naturalmente in prima linea, ma nessuno vuole muovere più di tanto le acque, sia per non stuzzicare una pericolosa e costosa concorrenza, sia per arrivare all’appuntamento con il Tribunale senza pressioni. Certo nessuno comprerà senza avere garanzie dalla Fip sul rilascio del titolo e, seguendo la logica, sembra difficile che Maifredi decida di uccidere il basket gialloblu, dopo aver fatto di tutto per salvarlo durante il campionato.
Riccardo Rossi
Riccardo Rossi