MESSINA, dopo la sconfitta fuori i rimpianti.
«Su martedì, dopo una buona partita, solo l´ultima giocata. Ma senza addebitare nulla a Ginobili, che ce ne ha fatte vincere tante».
E i rimpianti sulla stagione?
«E´ stata molto difficile, ce lo siamo detti mille volte. E in tempi non sospetti».
Che ha detto ai giocatori dopo la resa?
«Che sono stati molto seri e corretti, in un´annata così. Non è da tutti. Ne siano orgogliosi».
Ve l´ha riconosciuto anche il pubblico.
«Già, commovente. La gente ha percepito la situazione, ha capito che c´è stata voglia di far gruppo e di reagire. Poi, abbiamo giocato pure tante belle partite. Se questi risultati li facevamo l´anno scorso, col gruppo in formazione, ne saremmo stati contenti. Ora invece siamo tristi».
Il raccolto è magro.
«Non direi, perché, senza disquisire sui motivi e senza schierarsi su torti e ragioni, è un fatto che la Virtus abbia fatto la stagione praticamente senza il centro titolare e senza il rinforzo principale. Detto questo, è stata positiva anche sul piano dei risultati».
L´altra sera ha detto: su Griffith si potrebbe scrivere un libro. Può dire almeno i titoli dei capitoli?
«Ripeto, non l´abbiamo avuto. Non mi schiero sulla diatriba, tra infortuni, impegno e soldi, perché ognuno avrà le sue ragioni, ma so che Rashard di fatto non ha giocato. E questo è ciò che conta».
Perché l´ha tolto martedì dopo i primi 8 punti?
«Me l´ha chiesto lui, era stanco».
E´ d´accordo che la stagione s´è chiusa in pratica il 5 maggio, dopo il Panathinaikos?
«Solo in parte. La reazione c´è stata. Ho visto altre squadre, la mia Kinder del '99, o la Treviso di Obradovic, mollare peggio, dopo la sconfitta europea. Poi, il colpo di Smodis è stato letale. Con lui, avremmo giocato con due lunghi e la rotazione degli esterni, spompati dalla formula a 4 piccoli, non avrebbe denunciato che mancava pure Becirovic».
Ha rimosso l´11 marzo?
«Dimenticato no. I fatti restano, quelli dolorosi di più. Ma non me la sono legata al dito».
Concludendo: la Virtus resta la sua prima scelta.
«Non ho problemi a dire qui quel che ho detto, dieci giorni fa, al presidente. Vuole fare la squadra con me? Bene, spieghi il suo progetto, capiamo cosa faranno Jaric e Ginobili e cominciamo a muoverci. Gli ho fatto anche qualche nome. Ci sono pure situazioni, ovvie, che non dipendono da Jaric e Ginobili e lì si può agire da subito. L´11 marzo non lo diedi io il segnale di sfiducia. Se quell´idea è rientrata, tocca a Madrigali dirlo e agire di conseguenza. Lui è liberissimo di fare la squadra, e di fare magari la sua Virtus, ora che un ciclo decade, e i segnali sono tanti: via Danilovic, via il marchio Kinder, via, se vorrà, Messina e Brunamonti. Se resto, il mio modo di essere coach è partecipare a questo progetto. Ma non è una novità».
E´ la condizione per restare?
«No, non è neanche una condizione. Vorrei solo capire se sono il fulcro di questo progetto o no. Perché di qui io vado via solo se sarò costretto».
Faccia un complimento alla Benetton.
«Mi viene difficile. Sarà che resta una rivale, anche se dite tutti che potrebbe essere la mia nuova squadra. Il loro pregio è stato avere qualità costante di gioco, un ritmo alto e piacevole e un equilibrio migliorato per strada, insieme alla mentalità, perché non era facile superare le due delusioni di Coppa Italia e di Eurolega. Aggrediscono sempre la partita, però l´altra sera, contro la zona, hanno preso un parziale da brividi. E questo è il sintomo che si reggono su equilibri sottili. Così ripenso che a lungo i più quadrati siamo stati noi, malgrado tutto. E dunque che potevamo vincere».
Eccolo, il rimpianto.
«Eccolo sì».
(w.f.)
«Su martedì, dopo una buona partita, solo l´ultima giocata. Ma senza addebitare nulla a Ginobili, che ce ne ha fatte vincere tante».
E i rimpianti sulla stagione?
«E´ stata molto difficile, ce lo siamo detti mille volte. E in tempi non sospetti».
Che ha detto ai giocatori dopo la resa?
«Che sono stati molto seri e corretti, in un´annata così. Non è da tutti. Ne siano orgogliosi».
Ve l´ha riconosciuto anche il pubblico.
«Già, commovente. La gente ha percepito la situazione, ha capito che c´è stata voglia di far gruppo e di reagire. Poi, abbiamo giocato pure tante belle partite. Se questi risultati li facevamo l´anno scorso, col gruppo in formazione, ne saremmo stati contenti. Ora invece siamo tristi».
Il raccolto è magro.
«Non direi, perché, senza disquisire sui motivi e senza schierarsi su torti e ragioni, è un fatto che la Virtus abbia fatto la stagione praticamente senza il centro titolare e senza il rinforzo principale. Detto questo, è stata positiva anche sul piano dei risultati».
L´altra sera ha detto: su Griffith si potrebbe scrivere un libro. Può dire almeno i titoli dei capitoli?
«Ripeto, non l´abbiamo avuto. Non mi schiero sulla diatriba, tra infortuni, impegno e soldi, perché ognuno avrà le sue ragioni, ma so che Rashard di fatto non ha giocato. E questo è ciò che conta».
Perché l´ha tolto martedì dopo i primi 8 punti?
«Me l´ha chiesto lui, era stanco».
E´ d´accordo che la stagione s´è chiusa in pratica il 5 maggio, dopo il Panathinaikos?
«Solo in parte. La reazione c´è stata. Ho visto altre squadre, la mia Kinder del '99, o la Treviso di Obradovic, mollare peggio, dopo la sconfitta europea. Poi, il colpo di Smodis è stato letale. Con lui, avremmo giocato con due lunghi e la rotazione degli esterni, spompati dalla formula a 4 piccoli, non avrebbe denunciato che mancava pure Becirovic».
Ha rimosso l´11 marzo?
«Dimenticato no. I fatti restano, quelli dolorosi di più. Ma non me la sono legata al dito».
Concludendo: la Virtus resta la sua prima scelta.
«Non ho problemi a dire qui quel che ho detto, dieci giorni fa, al presidente. Vuole fare la squadra con me? Bene, spieghi il suo progetto, capiamo cosa faranno Jaric e Ginobili e cominciamo a muoverci. Gli ho fatto anche qualche nome. Ci sono pure situazioni, ovvie, che non dipendono da Jaric e Ginobili e lì si può agire da subito. L´11 marzo non lo diedi io il segnale di sfiducia. Se quell´idea è rientrata, tocca a Madrigali dirlo e agire di conseguenza. Lui è liberissimo di fare la squadra, e di fare magari la sua Virtus, ora che un ciclo decade, e i segnali sono tanti: via Danilovic, via il marchio Kinder, via, se vorrà, Messina e Brunamonti. Se resto, il mio modo di essere coach è partecipare a questo progetto. Ma non è una novità».
E´ la condizione per restare?
«No, non è neanche una condizione. Vorrei solo capire se sono il fulcro di questo progetto o no. Perché di qui io vado via solo se sarò costretto».
Faccia un complimento alla Benetton.
«Mi viene difficile. Sarà che resta una rivale, anche se dite tutti che potrebbe essere la mia nuova squadra. Il loro pregio è stato avere qualità costante di gioco, un ritmo alto e piacevole e un equilibrio migliorato per strada, insieme alla mentalità, perché non era facile superare le due delusioni di Coppa Italia e di Eurolega. Aggrediscono sempre la partita, però l´altra sera, contro la zona, hanno preso un parziale da brividi. E questo è il sintomo che si reggono su equilibri sottili. Così ripenso che a lungo i più quadrati siamo stati noi, malgrado tutto. E dunque che potevamo vincere».
Eccolo, il rimpianto.
«Eccolo sì».
(w.f.)
Fonte: La Repubblica