Non c’è abituato, Ettore Messina, a questo ruolo da spettatore. Ma va così, i bilanci questa volta si tirano prima che la stagione sia finita. Cosa resta, dopo l’uscita di martedì sera tra gli applausi del popolo bianconero? Amarezza, orgoglio?
«Ovviamente, un misto di queste sensazioni. È un forte dispiacere non aver conquistato la quinta partita contro la Benetton. A conti fatti, questo è stato un anno difficile che con un pizzico di fortuna in più avrebbe potuto diventare un altro anno importante. Credo sia stata una stagione più che buona, ma certamente meno gratificante di quella passata sul piano dei risultati».
Quella del Grande Slam era un’eredità pesante, e ripetersi a quei livelli non era semplice.
«Pesante per chi magari fatica a inquadrare le cose nella giusta dimensione. Quello che ci è capitato l’anno scorso, nella prima stagione senza Danilovic, è roba che succede una volta ogni vent’anni. Nonostante questo abbiamo sfiorato ancora traguardi molto importanti».
Un anno difficile, un anno sfortunato. Azzardiamo percentuali?
«Non saprei. Gli incidenti vanno catalogati alla voce malasorte, in più abbiamo attraversato parecchie situazioni complicate».
Lo scossone di marzo: nell’immaginario collettivo resta una specie di spartiacque.
«Vorrei evitare di tornare su questo argomento. Di sicuro non è stato un momento semplice. Direi che è stato un passaggio delicatissimo della nostra stagione».
Dimenticando per un attimo le assenze, quanto avrebbe cambiato le cose, dal punto di vista psicologico, un successo col Panathinaikos in Eurolega?
«Avrebbe cambiato molto, su questo non ci sono dubbi. Avrebbe dato una spinta incredibile alla squadra. Ma anche per questo, per come sono andate le cose in Europa, devo dire grazie ai ragazzi che dopo quella sconfitta hanno saputo voltare pagina, battendo tre a zero la Scavolini e lottando fino all’ultimo con la Benetton, pur con l’handicap delle assenze di Griffith, Becirovic e Smodis. Penso soprattutto a gente come Ginobili e Jaric, che probabilmente l’anno prossimo saranno altrove eppure non si sono mai tirati indietro».
Cosa ha pesato di più, a conti fatti? L’assenza prolungata di Griffith o quella contingente di Smodis?
«Dire che Matjaz ci avrebbe dato una bella mano in questa serie con Treviso è un eufemismo. Sarebbe stato fondamentale, ecco tutto».
Messina che adesso guarda dritto davanti a sè. C’è il futuro, di fronte, e non è detto sia bianconero.
«Ho ribadito pubblicamente quello che già avevo detto al presidente Madrigali prima che la serie con Treviso iniziasse. Io vorrei allenare la Virtus, questo è sicuro. Per me è un orgoglio essere alla guida di questa squadra. Ma vorrei anche sapere, e credo sia logico, se sono un elemento importante in un discorso di preparazione e di costruzione. Se ha senso che io sia alla base della Virtus che verrà, che sarà».
Anche perché ci sarà parecchio da ricostruire. Diciamo pure che bisognerà rifondare.
«Se Marko e Manu se ne vanno nella Nba, spariscono di colpo due uomini del quintetto base. Due uomini fondamentali. Quanto a Griffith, non credo abbia un futuro a Bologna».
Resta da scrivere quel famoso libro su Rashard. A chi toccherà? A un giallista, a un gossip-writer, a un cacciatore di scoop?
«Non lo so, credo non mi riguardi»
A Messina serve chiarezza. Di solito la chiarezza richiede tempi brevi.
«Fortunatamente i tempi non sono così stretti. Ci sono ancora parecchie situazioni aperte».
Già. C’è un campionato in corso. E ce ne sono altri, oltre a quello italiano. In Spagna, in Grecia. Ma questo volare avanti con la fantasia è un gioco che riguarda noi, che aspettiamo di sapere e capire. Non Ettore Messina. Lui attende risposte, e dentro ha ancora una gran voglia di Virtus.
Marco Tarozzi
«Ovviamente, un misto di queste sensazioni. È un forte dispiacere non aver conquistato la quinta partita contro la Benetton. A conti fatti, questo è stato un anno difficile che con un pizzico di fortuna in più avrebbe potuto diventare un altro anno importante. Credo sia stata una stagione più che buona, ma certamente meno gratificante di quella passata sul piano dei risultati».
Quella del Grande Slam era un’eredità pesante, e ripetersi a quei livelli non era semplice.
«Pesante per chi magari fatica a inquadrare le cose nella giusta dimensione. Quello che ci è capitato l’anno scorso, nella prima stagione senza Danilovic, è roba che succede una volta ogni vent’anni. Nonostante questo abbiamo sfiorato ancora traguardi molto importanti».
Un anno difficile, un anno sfortunato. Azzardiamo percentuali?
«Non saprei. Gli incidenti vanno catalogati alla voce malasorte, in più abbiamo attraversato parecchie situazioni complicate».
Lo scossone di marzo: nell’immaginario collettivo resta una specie di spartiacque.
«Vorrei evitare di tornare su questo argomento. Di sicuro non è stato un momento semplice. Direi che è stato un passaggio delicatissimo della nostra stagione».
Dimenticando per un attimo le assenze, quanto avrebbe cambiato le cose, dal punto di vista psicologico, un successo col Panathinaikos in Eurolega?
«Avrebbe cambiato molto, su questo non ci sono dubbi. Avrebbe dato una spinta incredibile alla squadra. Ma anche per questo, per come sono andate le cose in Europa, devo dire grazie ai ragazzi che dopo quella sconfitta hanno saputo voltare pagina, battendo tre a zero la Scavolini e lottando fino all’ultimo con la Benetton, pur con l’handicap delle assenze di Griffith, Becirovic e Smodis. Penso soprattutto a gente come Ginobili e Jaric, che probabilmente l’anno prossimo saranno altrove eppure non si sono mai tirati indietro».
Cosa ha pesato di più, a conti fatti? L’assenza prolungata di Griffith o quella contingente di Smodis?
«Dire che Matjaz ci avrebbe dato una bella mano in questa serie con Treviso è un eufemismo. Sarebbe stato fondamentale, ecco tutto».
Messina che adesso guarda dritto davanti a sè. C’è il futuro, di fronte, e non è detto sia bianconero.
«Ho ribadito pubblicamente quello che già avevo detto al presidente Madrigali prima che la serie con Treviso iniziasse. Io vorrei allenare la Virtus, questo è sicuro. Per me è un orgoglio essere alla guida di questa squadra. Ma vorrei anche sapere, e credo sia logico, se sono un elemento importante in un discorso di preparazione e di costruzione. Se ha senso che io sia alla base della Virtus che verrà, che sarà».
Anche perché ci sarà parecchio da ricostruire. Diciamo pure che bisognerà rifondare.
«Se Marko e Manu se ne vanno nella Nba, spariscono di colpo due uomini del quintetto base. Due uomini fondamentali. Quanto a Griffith, non credo abbia un futuro a Bologna».
Resta da scrivere quel famoso libro su Rashard. A chi toccherà? A un giallista, a un gossip-writer, a un cacciatore di scoop?
«Non lo so, credo non mi riguardi»
A Messina serve chiarezza. Di solito la chiarezza richiede tempi brevi.
«Fortunatamente i tempi non sono così stretti. Ci sono ancora parecchie situazioni aperte».
Già. C’è un campionato in corso. E ce ne sono altri, oltre a quello italiano. In Spagna, in Grecia. Ma questo volare avanti con la fantasia è un gioco che riguarda noi, che aspettiamo di sapere e capire. Non Ettore Messina. Lui attende risposte, e dentro ha ancora una gran voglia di Virtus.
Marco Tarozzi