Sei finali in sette anni per l'Aquila. Per Claudio Pilutti — in esilio proprio a Cantù nell'anno del 3+1 di Danilovic — è la quinta volta. Raggiunge così Carlton Myers, ma presumibilmente non gli basta.
Finale con la Benetton, capitano, come due anni fa.
«Già, ma questa volta è tutto diverso».
Voi sempre primi, loro con il ruolo di sfidanti.
«Con il ruolo di favoriti, precisiamolo. Anche se sono arrivati secondi, in campionato, sono una corazzata. Stanno giocando bene, sono tranquilli. Noi, invece…».
Voi, dunque?
«Eravamo partiti per arrivare tra le prime quattro. L'obiettivo iniziale non era questo».
Quinta finale. Ormai c'è abituato.
«Magari. La realtà è che ogni volta c'è qualcosa di diverso. Ha un pizzico di fascino in più, questo sì, perché ce la siamo conquistata a piccoli passi. Ce la siamo meritata anche se nell'ultima gara, con Cantù, avremmo anche potuto uscire. Loro sono stati proprio bravi: hanno giocato tranquilli, come se si trattasse di un allenamento. A un certo punto non ci speravo più. Però è innegabile che abbiamo avuto un merito. Quello di restare lì, attaccati, a ruota, aspettando qualche loro errore».
La finale con la Benetton, per lei…
«E' particolare. Ha quasi un sapore di derby. Mi danno ancora del mestrino, da quelle parti, perché sono cresciuto là. Quando c'era Mestre la rivalità con Venezia e Treviso era fortissima. Dei piccoli derby, proprio come qua».
Skipper-Benetton: torna alla mente la penultima sfida della regular season. E le polemiche a fine gara di D'Antoni sul fischio di Facchini per il contatto tra Bell e Basile.
«Avessi perso, e mi fossi trovato nei panni di Mike, avrei detto le stesse cose. Anche perché loro erano stati avanti per tutta la gara. Ma si tratta di un episodio passato, mi auguro che resti tale».
Loro fortissimi dal perimetro, voi con un Kovacic in crescita. Cercherete di vincere sotto canestro?
«Ci proveremo. Ma più che dirlo, poi, bisogna farlo. Era lo stesso piano che avevamo pensato per superare Cantù. Poi abbiamo fatto fatica ad appoggiare il gioco sotto canestro. Loro, comunque, sono molto bravi. E giocano pure bene. Chi entra, dalla panchina, ha lo stesso rendimento di chi esce».
Ha parlato con il suo amico Dan Gay dopo la sirena?
«Non ci siamo incrociati. E' venuto Marcelo, erano delusi, perché avrebbero meritato. Sentirò Dan nei prossimi giorni».
Alessandro Gallo
Finale con la Benetton, capitano, come due anni fa.
«Già, ma questa volta è tutto diverso».
Voi sempre primi, loro con il ruolo di sfidanti.
«Con il ruolo di favoriti, precisiamolo. Anche se sono arrivati secondi, in campionato, sono una corazzata. Stanno giocando bene, sono tranquilli. Noi, invece…».
Voi, dunque?
«Eravamo partiti per arrivare tra le prime quattro. L'obiettivo iniziale non era questo».
Quinta finale. Ormai c'è abituato.
«Magari. La realtà è che ogni volta c'è qualcosa di diverso. Ha un pizzico di fascino in più, questo sì, perché ce la siamo conquistata a piccoli passi. Ce la siamo meritata anche se nell'ultima gara, con Cantù, avremmo anche potuto uscire. Loro sono stati proprio bravi: hanno giocato tranquilli, come se si trattasse di un allenamento. A un certo punto non ci speravo più. Però è innegabile che abbiamo avuto un merito. Quello di restare lì, attaccati, a ruota, aspettando qualche loro errore».
La finale con la Benetton, per lei…
«E' particolare. Ha quasi un sapore di derby. Mi danno ancora del mestrino, da quelle parti, perché sono cresciuto là. Quando c'era Mestre la rivalità con Venezia e Treviso era fortissima. Dei piccoli derby, proprio come qua».
Skipper-Benetton: torna alla mente la penultima sfida della regular season. E le polemiche a fine gara di D'Antoni sul fischio di Facchini per il contatto tra Bell e Basile.
«Avessi perso, e mi fossi trovato nei panni di Mike, avrei detto le stesse cose. Anche perché loro erano stati avanti per tutta la gara. Ma si tratta di un episodio passato, mi auguro che resti tale».
Loro fortissimi dal perimetro, voi con un Kovacic in crescita. Cercherete di vincere sotto canestro?
«Ci proveremo. Ma più che dirlo, poi, bisogna farlo. Era lo stesso piano che avevamo pensato per superare Cantù. Poi abbiamo fatto fatica ad appoggiare il gioco sotto canestro. Loro, comunque, sono molto bravi. E giocano pure bene. Chi entra, dalla panchina, ha lo stesso rendimento di chi esce».
Ha parlato con il suo amico Dan Gay dopo la sirena?
«Non ci siamo incrociati. E' venuto Marcelo, erano delusi, perché avrebbero meritato. Sentirò Dan nei prossimi giorni».
Alessandro Gallo
Fonte: Il Resto del Carlino