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Un tapiro per Madrigali

L´orgoglio e l´affetto del tifo bianconero, la goliardia e la delusione di quello biancoblù

Non è vero che i derby piacciono di più quando sono punto a punto, quelle sono cose che si dicono e si scrivono. Chi tifa, vuole la mattanza. E ieri i virtussini l´hanno avuta. Perdipiù, sentendola propria come mai era accaduto prima, perché mai era accaduto prima che un palasport scegliesse chi mandare in panchina, cancellando la decisione della società. E se ieri ad allenare la Kinder c´era Messina, è perché così avevano scelto quelli che pagano il biglietto, anziché quello che paga l´allenatore. «Siamo tutti innamorati di te», c´era scritto nel lenzuolo che un ultra è andato a sventolare fin sotto il naso di Ettore, apparso decisamente imbarazzato dal lungo e intenso applauso che lo ha accolto al suo rientro in campo, e l´ha salutato prima del sipario. «La manifestazione d´affetto dei tifosi resta uno dei momenti più belli della mia carriera e della mia vita», dirà poi nel dopopartita, nel vano sforzo di attenuare il più possibile i contorni del suo trionfo.
Meno applausi si sono sentiti per Madrigali, ovviamente, anche se meno fischi di quel che ci si poteva attendere, e che lui stesso evidentemente aveva messo in conto, presentandosi al PalaMalaguti con 5-guardie del corpo-5, più il suo angelo custode personale. Intorno alla sua poltroncina rossa una certa tensione è circolata ugualmente, ma a smorzarla, paradossalmente, ci ha pensato il blitz annunciato della Fossa, che ha mandato un proprio inviato in giacca e cravatta per consegnare un tapiro al presidente bianconero, con tanto di telecamera. Il servizio non lo vedrete su «Striscia» (che pure era stata contattata), ma diverrà materiale per l´archivio dei tifosi biancoblù. Il loro sberleffo a Madrigali, applaudito pure da diversi virtussini, era motivato dal caro prezzi, ma anche dall´episodio dell´esonero, sulla cui insensatezza mai nessuno in città ha dubitato, al di là dei colori di bandiera.
Non essendoci stata la partita, il derby ha vissuto soprattutto del suo contorno. E pure di un gustoso antipasto col concerto degli Skiantos nel piazzale di Casalecchio: a chiamarli era stata sempre la Fossa, ancora in festosa protesta per il caro prezzi. Dentro il PalaMalaguti, invece, l´effetto scenico migliore una volta tanto è stato dei tifosi virtussini: sollevato il gigantesco bandierone nero, è comparsa una distesa verde con le carte da poker, sormontata dalla scritta «Gran Casino Virtus» (probabilmente anche autoironica) e dallo slogan: «Voi il solito bluff, per noi poker servito», che ha fatto da didascalia agli ultimi quattro trofei vinti in fila dalla Kinder, esibiti come gigantesche carte da gioco tra gli applausi di tutti. Messa in scena un po´ macchinosa ma efficace, soprattutto nei jolly dipinti con i volti di Boniciolli e Meneghin. Quelli della Effe hanno risposto con un semplice striscione, ispirato dalle parole che pronunciò il magistrato biancoblù Spinosa all´indomani della finale scudetto del '98: «Voi orgogliosi di avere, noi orgogliosi di essere». E però non hanno mai smesso di sgolarsi, anche quando sono finiti sotto di 38 punti.
I frizzi e i lazzi sono finiti più in fretta del solito, perché tutti hanno rispettato religiosamente il minuto di silenzio che ha accomunato il ricordo di Marco Biagi e quello di Nino Calebotta. Poi, ha prevalso la tensione da derby, di cui la Fortitudo è rimasta vittima, soprattutto con Meneghin. Bersagliato incessantemente dal pubblico, il figlio di Dino ha perso in fretta il controllo della situazione e si è chiamato fuori dai giochi con cinque falli troppo veloci e dannosi.
Dovendo scegliere a chi far commentare la giornata di gloria bianconera, non si poteva che andare a cercare Ettore Messina. «Per noi era importante confermarci, loro invece avevano assenze pesanti e pochi problemi di classifica. Godiamoci il derby, insomma, ma non esageriamo. Ora il primo obiettivo è arrivare alla Final Four: perché è lì a portata di mano, perché si gioca a Bologna, e perché noi siamo la Virtus». Dentro quel noi, ieri ci sono state settemila persone.
Giovanni Egidio
Fonte: La Repubblica
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