PESARO — Datevi uno stile, diceva uno scrittore, e il resto verrà da sé. Tradotto dalla letteratura al basket vuol dire datevi un'identità e il resto forse non verrà da sè, ma almeno saprete chi siete.
Manco a dirlo che stiamo parlando della Scavolini dalla sindrome schizofrenica, colei che sa benissimo da dove viene ma che oggi pare stentare a capire chi è e dove vuole andare. Viene da un grande passato cosmopolita che a sua volta aveva un grande passato cittadino: le famose radici storiche su cui è germogliata la passione pluridecennale di un popolo biancorosso. Se è vero che non si interrompe un'emozione, allora, visti i tempi cambiati, dall'emozione di quelle radici storiche si potrebbe ripartire. Volete fare una squadra di giovani che potrebbe anche essere una bella idea per ritrovare una identità? Un'identità non perduta, ma che sia nuova e certa? I casi sono due: o si mette in panchina un «santone» indiscusso e indiscutibile che tenga sotto la sua ala protettrice la covata di giovani proiettati verso il futuro; o si affida quella squadra di giovani ad altrettanto giovani allenatori. Un dignitoso allenatore esperto che sostituisce un altro allenatore esperto, anche lui dignitoso, onesto e coerente, non cambia «l'animus» di una squadra e non garantisce l'acquisizione di una nuova identità.
Se si deve saltare il fosso meglio farlo con un bel salto: i giovani in mano ai giovani, con un aggancio solido e forte con la città. A coprire le loro spalle ci pensino i «vecchi» saggi che di una grande identità furono gli artefici e che oggi siedono ai posti di comando.
f.b.
Manco a dirlo che stiamo parlando della Scavolini dalla sindrome schizofrenica, colei che sa benissimo da dove viene ma che oggi pare stentare a capire chi è e dove vuole andare. Viene da un grande passato cosmopolita che a sua volta aveva un grande passato cittadino: le famose radici storiche su cui è germogliata la passione pluridecennale di un popolo biancorosso. Se è vero che non si interrompe un'emozione, allora, visti i tempi cambiati, dall'emozione di quelle radici storiche si potrebbe ripartire. Volete fare una squadra di giovani che potrebbe anche essere una bella idea per ritrovare una identità? Un'identità non perduta, ma che sia nuova e certa? I casi sono due: o si mette in panchina un «santone» indiscusso e indiscutibile che tenga sotto la sua ala protettrice la covata di giovani proiettati verso il futuro; o si affida quella squadra di giovani ad altrettanto giovani allenatori. Un dignitoso allenatore esperto che sostituisce un altro allenatore esperto, anche lui dignitoso, onesto e coerente, non cambia «l'animus» di una squadra e non garantisce l'acquisizione di una nuova identità.
Se si deve saltare il fosso meglio farlo con un bel salto: i giovani in mano ai giovani, con un aggancio solido e forte con la città. A coprire le loro spalle ci pensino i «vecchi» saggi che di una grande identità furono gli artefici e che oggi siedono ai posti di comando.
f.b.
Fonte: Il Resto del Carlino