BOLOGNA - La Benetton è stata costretta ad alzare la Foxy Cup nei sotterranei del PalaDozza, perché sul campo, dove l´aveva vinta con indiscutibile merito, l´invasione del pubblico fortitudino ha interrotto il gioco a un minuto e due secondi dalla fine, con i verdi in vantaggio per 89-81 (0-20 poi a tavolino). «A Bologna non si festeggia» cantavano i tifosi sventolando i loro vessilli, mentre un giornalista di Treviso (Marco Labozzetta), reo di aver esultato per la Benetton, veniva colpito da una moneta, ferito alla fronte e inseguito fin dentro gli spogliatoi da un gruppo di ultras, o di professionisti: che tanto a Bologna, quando c´è di mezzo il basket, non fa molta differenza. A scatenare l´invasione è stata una caccia all´arbitro Cicoria (fallita, per fortuna, grazie anche al vigoroso intervento dei due allenatori D´Antoni e Boniciolli), partita dal settore poltronissime ad opera di almeno un paio di tifosi (milioni di lire in settembre per prendersi quella seggiola, e una manciata di secondi in diretta tv per perdere la faccia). A quella miccia è seguita l´esplosione, con trasloco in massa della curva sul parquet, nonostante Boniciolli si sgolasse al microfono per fermarli. Tra loro, anche un presidente di quartiere, Alberto Vecchi, di Alleanza Nazionale.
Per passare dalla tragedia sportiva alla farsa, si è dovuto però attendere l´esito della commissione giudicante della Federazione basket. Nessuna squalifica del campo. O meglio, tre giornate (due più una), però sanabili con una multa totale di circa 16mila euro. La chiamano giustizia veloce, quelli del basket. Da ieri, la si può anche chiamare giustizia orba, o volendo avida, visto chè stata capace solamente di passare all´incasso. L´insegnamento (si fa per dire) che questa illuminata sentenza lascia, in sintesi è questo: volete dare la caccia all´arbitro, interrompere le partite, invadere il campo? Fate pure, purchè siate disposti a pagare. Anzi, purchè siano disposti a pagare i dirigenti delle società, che infatti a Bologna non ne possono più: «Abbiamo fallito nella prevenzione - diceva l´avvocato Palumbi, vicepresidente della Skipper - non falliremo nella repressione». Ecco, ci pensino loro, visto che chi dovrebbe ha già fallito.
Il putiferio in cui è finita l´ennesima giornata di violenza del basket (e poi organizzano tavole rotonde per capire come mai questo sport fatichi a decollare), non sporca però l´impresa della Benetton Treviso, riuscita nell´intento di vincere giocando la pallacanestro più spettacolare d´Italia. «Dicevano che a correre veloce non si sarebbe andati lontano - spiegava D´Antoni alla fine - e invece anche qui, con questo caldo, i miei correvano e segnavano». Per la storia di Treviso è il terzo tricolore, due dei quali pilotati da D´Antoni. Lui che da gocatore ne vinse cinque con Milano (e due coppe dei campioni), da coach è tornato dal Colorado dove si era tolto lo sfizio di allenare nell´Nba, per bissare il successo. Ora, pare scontato, tornerà tra i giganti Usa, lasciando un´impronta profonda di classe e signorilità. «Forse il mio merito maggiore è di essere stato giocatore, e quindi di avere pazienza. Se i miei sbagliano, non li impicco, perché so che a starci male ci pensano da soli. Di solito li lascio in campo, e loro mi ripagano».
Contro la Skipper, Treviso in questa finale ha vinto tre volte di seguito (sei su sette in totale), due delle quali fuori casa, godendo di una squadra indubitabilmente più attrezzata. Questa fulminea serie di partite ha incoronato il giovane play trevigiano Massimo Bulleri come astro nascente della pallacanestro italiana, e approfondito la crisi di Andrea Meneghin, da ormai due anni in cerca di se stesso (ieri 7 punti a cinque falli molto prima della fine). Alla Skipper, oltre la sconfitta e la multa, resta anche una stagione nonostante tutto positiva (squadra rifondata e non straordinaria), che però non dovrebbe bastare per salvare la panchina al suo allenatore Boniciolli.
Giovanni Egidio
Per passare dalla tragedia sportiva alla farsa, si è dovuto però attendere l´esito della commissione giudicante della Federazione basket. Nessuna squalifica del campo. O meglio, tre giornate (due più una), però sanabili con una multa totale di circa 16mila euro. La chiamano giustizia veloce, quelli del basket. Da ieri, la si può anche chiamare giustizia orba, o volendo avida, visto chè stata capace solamente di passare all´incasso. L´insegnamento (si fa per dire) che questa illuminata sentenza lascia, in sintesi è questo: volete dare la caccia all´arbitro, interrompere le partite, invadere il campo? Fate pure, purchè siate disposti a pagare. Anzi, purchè siano disposti a pagare i dirigenti delle società, che infatti a Bologna non ne possono più: «Abbiamo fallito nella prevenzione - diceva l´avvocato Palumbi, vicepresidente della Skipper - non falliremo nella repressione». Ecco, ci pensino loro, visto che chi dovrebbe ha già fallito.
Il putiferio in cui è finita l´ennesima giornata di violenza del basket (e poi organizzano tavole rotonde per capire come mai questo sport fatichi a decollare), non sporca però l´impresa della Benetton Treviso, riuscita nell´intento di vincere giocando la pallacanestro più spettacolare d´Italia. «Dicevano che a correre veloce non si sarebbe andati lontano - spiegava D´Antoni alla fine - e invece anche qui, con questo caldo, i miei correvano e segnavano». Per la storia di Treviso è il terzo tricolore, due dei quali pilotati da D´Antoni. Lui che da gocatore ne vinse cinque con Milano (e due coppe dei campioni), da coach è tornato dal Colorado dove si era tolto lo sfizio di allenare nell´Nba, per bissare il successo. Ora, pare scontato, tornerà tra i giganti Usa, lasciando un´impronta profonda di classe e signorilità. «Forse il mio merito maggiore è di essere stato giocatore, e quindi di avere pazienza. Se i miei sbagliano, non li impicco, perché so che a starci male ci pensano da soli. Di solito li lascio in campo, e loro mi ripagano».
Contro la Skipper, Treviso in questa finale ha vinto tre volte di seguito (sei su sette in totale), due delle quali fuori casa, godendo di una squadra indubitabilmente più attrezzata. Questa fulminea serie di partite ha incoronato il giovane play trevigiano Massimo Bulleri come astro nascente della pallacanestro italiana, e approfondito la crisi di Andrea Meneghin, da ormai due anni in cerca di se stesso (ieri 7 punti a cinque falli molto prima della fine). Alla Skipper, oltre la sconfitta e la multa, resta anche una stagione nonostante tutto positiva (squadra rifondata e non straordinaria), che però non dovrebbe bastare per salvare la panchina al suo allenatore Boniciolli.
Giovanni Egidio
Fonte: La Repubblica