IL giorno dopo la rabbia, l´invasione, la violenza e pure la sconfitta (i guai non vengono mai soli), come al solito resta un vuoto da riempire per cercare, se possibile, di spiegare. Alcuni perché rimarranno inevasi, altri invece si spera saranno soddisfatti. Per esempio: perché esistono teste disabitate che schizzano in campo e si mettono a inseguire gli arbitri impunemente? Risposte non ce ne sono, reazioni, stavolta, invece sì. La Fortitudo, com´era stato annunciato a caldo dal suo vicepresidente avvocato Renato Palumbi, andrà fino in fondo nell´intento di identificare i colpevoli di quell´assalto tribale e dannoso, e si rivarrà su di loro per i danni quantomeno economici che la società ha subìto. Non dovrebbe essere difficile: esistono le immagini (quelle Rai e quelle del circuito interno), dunque esistono nomi, cognomi e numeri di tessere su cui rifarsi. Chiedere i danni sembra un ragionevole provvedimento, tenere fuori dal PalaDozza gli assaltatori sarebbe invece il più efficace dei rimedi per preservarsi in futuro da altri episodi del genere.
Quelli che sono partiti alla caccia degli arbitri hanno infatti agito da detonatore in un palasport che già di per sé è abbastanza incline ad incendiarsi. Anche di questo terrà conto la società biancoblù, che intende valutare diversamente la reazione del parterre e l´invasione in massa venuta dalla curva. A proposito: la voce che circolava in città già da sabato notte, era che la Fossa avesse deciso a priori d´invadere il campo in caso di sconfitta imminente. «Balle, noi volevamo solo evitare che i tifosi di Treviso festeggiassero sul nostro campo - spiegavano ieri alcuni portavoce della curva Fortitudo -, così come loro avevano impedito a noi di farlo al Palaverde nel giorno dello scudetto, tirandoci addosso di tutto. Poi la situazione è degenerata e siamo entrati. Ma il giornalista di Treviso non l´abbiamo colpito noi: primo, perché non lanciamo oggetti in campo, secondo perché non saremmo nemmeno potuti arrivare sotto la curva opposta a noi, dov´è la tribuna stampa». La ricostruzione balistica non fa una grinza. Quella monetina può essere arrivata solo dai settori a ridosso dell´ingresso degli spogliatoi, e anche in questo caso una sbirciatina alle immagini del circuito interno potrebbe essere molto utile.
Ma poiché oltre alle riprese filmate esistono anche le foto e le testimonianze dirette, sabato in molti hanno visto tra la gente che invadeva anche il presidente del quartiere Saragozza Alberto Vecchi. «Repubblica», dopo averlo visto lo ha anche scritto, e lui si è risentito. «E´ vero che sono entrato in campo, ma solo per cercare di calmare gli animi. Può darsi che voi non ve ne siate accorti, ma se esistono veramente le immagini del circuito interno, potranno dimostrarlo, dimostrando pure che il vostro articolo mi ha ingiustamente leso». Vecchi, che in passato ha frequentato assiduamente la Fossa dei leoni, sostiene anche che proprio in forza dei suoi precedenti si è sentito in dovere, e in potere, d´intervenire. E se obietti che invadere il campo è comunque un comportamento che contravviene alle regole, lui ribatte così: «Non se lo si fa con l´intento di evitare che la gente possa rendersi responsabile di comportamenti pericolosi». Libero di pensarla come crede, ed eventualmente di dimostrare in qualche modo la diversa 'natura´ del suo ingresso in campo (nonché di far produrre al suo avvocato una lettera di rettifica).
Molte meno eccezioni le fa Marco Odorici, quello che si è messo a sventolare il bandierone biancoblù in mezzo al parquet, che a sua volta ricopre un pubblico incarico. Lui è un consigliere comunale di Rifondazione Comunista a Casalecchio (il tifo non ha bandiere ideologiche, e nemmeno la cronaca), ma non cerca scuse al suo comportamento. «Lo so che in assoluto è sbagliato scendere in campo per sventolare una bandiera, ma io difendo il mio diritto ad essere un tifoso viscerale. Del resto, anche nei piccoli comuni come quello di Casalecchio, ci sono comportamenti politici ben peggiori ma più subdoli, di cui si macchiano molti personaggi. Io, invece, entro in campo e sventolo una bandiera, anche se poi a mente fredda posso pensare che sarebbe meglio evitarlo».
Una obiezione, tra le tante, anche per Odorici: ma dovendo votare, metti caso, un ordine del giorno sull´ordine pubblico dopo essere andato su tutti i giornali per l´invasione del PalaDozza, non crea come minimo un qualche problema di credibilità? «No: la politica è un conto e lo sport un altro. Io lo vivo così, anche quando sbaglio, ma anche impegnandomi per dialogare con la Questura, per esempio, o portando avanti, in Fossa, una politica di non violenza o di lotta al razzismo». Perché, invadere un campo non è un comportamento comunque violento? «Se lo si vuole strumentalizzare, sì».
Errate interpretazioni e strumentalizzazioni. Anche le invasioni di campo non sono più quelle di una volta.
Giovanni Egidio
Quelli che sono partiti alla caccia degli arbitri hanno infatti agito da detonatore in un palasport che già di per sé è abbastanza incline ad incendiarsi. Anche di questo terrà conto la società biancoblù, che intende valutare diversamente la reazione del parterre e l´invasione in massa venuta dalla curva. A proposito: la voce che circolava in città già da sabato notte, era che la Fossa avesse deciso a priori d´invadere il campo in caso di sconfitta imminente. «Balle, noi volevamo solo evitare che i tifosi di Treviso festeggiassero sul nostro campo - spiegavano ieri alcuni portavoce della curva Fortitudo -, così come loro avevano impedito a noi di farlo al Palaverde nel giorno dello scudetto, tirandoci addosso di tutto. Poi la situazione è degenerata e siamo entrati. Ma il giornalista di Treviso non l´abbiamo colpito noi: primo, perché non lanciamo oggetti in campo, secondo perché non saremmo nemmeno potuti arrivare sotto la curva opposta a noi, dov´è la tribuna stampa». La ricostruzione balistica non fa una grinza. Quella monetina può essere arrivata solo dai settori a ridosso dell´ingresso degli spogliatoi, e anche in questo caso una sbirciatina alle immagini del circuito interno potrebbe essere molto utile.
Ma poiché oltre alle riprese filmate esistono anche le foto e le testimonianze dirette, sabato in molti hanno visto tra la gente che invadeva anche il presidente del quartiere Saragozza Alberto Vecchi. «Repubblica», dopo averlo visto lo ha anche scritto, e lui si è risentito. «E´ vero che sono entrato in campo, ma solo per cercare di calmare gli animi. Può darsi che voi non ve ne siate accorti, ma se esistono veramente le immagini del circuito interno, potranno dimostrarlo, dimostrando pure che il vostro articolo mi ha ingiustamente leso». Vecchi, che in passato ha frequentato assiduamente la Fossa dei leoni, sostiene anche che proprio in forza dei suoi precedenti si è sentito in dovere, e in potere, d´intervenire. E se obietti che invadere il campo è comunque un comportamento che contravviene alle regole, lui ribatte così: «Non se lo si fa con l´intento di evitare che la gente possa rendersi responsabile di comportamenti pericolosi». Libero di pensarla come crede, ed eventualmente di dimostrare in qualche modo la diversa 'natura´ del suo ingresso in campo (nonché di far produrre al suo avvocato una lettera di rettifica).
Molte meno eccezioni le fa Marco Odorici, quello che si è messo a sventolare il bandierone biancoblù in mezzo al parquet, che a sua volta ricopre un pubblico incarico. Lui è un consigliere comunale di Rifondazione Comunista a Casalecchio (il tifo non ha bandiere ideologiche, e nemmeno la cronaca), ma non cerca scuse al suo comportamento. «Lo so che in assoluto è sbagliato scendere in campo per sventolare una bandiera, ma io difendo il mio diritto ad essere un tifoso viscerale. Del resto, anche nei piccoli comuni come quello di Casalecchio, ci sono comportamenti politici ben peggiori ma più subdoli, di cui si macchiano molti personaggi. Io, invece, entro in campo e sventolo una bandiera, anche se poi a mente fredda posso pensare che sarebbe meglio evitarlo».
Una obiezione, tra le tante, anche per Odorici: ma dovendo votare, metti caso, un ordine del giorno sull´ordine pubblico dopo essere andato su tutti i giornali per l´invasione del PalaDozza, non crea come minimo un qualche problema di credibilità? «No: la politica è un conto e lo sport un altro. Io lo vivo così, anche quando sbaglio, ma anche impegnandomi per dialogare con la Questura, per esempio, o portando avanti, in Fossa, una politica di non violenza o di lotta al razzismo». Perché, invadere un campo non è un comportamento comunque violento? «Se lo si vuole strumentalizzare, sì».
Errate interpretazioni e strumentalizzazioni. Anche le invasioni di campo non sono più quelle di una volta.
Giovanni Egidio
Fonte: La Repubblica