Ha appena finito di guardare in tivù Italia-Corea del Sud. Non infierisce sull'interlocutore. Perché lui, Zoran Savic, è un gran signore.
«Mamma mia — racconta —. Ancora non ci credo. E poi un quarto di finale Italia-Spagna sarebbe stato più spettacolare». Chissà per chi avrebbe tifato Savic in quell'occasione. E' in Italia, d'accordo, ma la Spagna lo alletta e lo cerca. Lui, poi, ha un grande amico tra le Furie Rosse. «Luis Enrique, un bravo ragazzo. Ho passato sei mesi con lui». Non una fuga d'amore, ma un lungo periodo di rieducazione per entrambi, alle prese con problemi alle ginocchia. Sabato tornerà in Spagna perché ha appena comperato una casa a Marbella. Forse l'addio si avvicina, anche se prima dovrà parlare con Seragnoli. «Ho finito di giocare, basta. Adesso devo pensare al futuro. Pesic mi ha chiesto di fare il suo assistente al Barcellona. Mi avevano prospettato una cosa del genere anche un anno fa. Ma io non ho ancora preso alcuna decisione. Voglio godermi un po' di vacanza».
Di lui allenatore si parla da tempo. Lui, però, si schermisce. «Giuro — ribatte — non ci ho mai pensato», anche se dalla panchina dell'Aquila si alzava spesso e volentieri. «Cercavo di dare una mano, non di più. Sempre nel rispetto dei ruoli. Anche perché sono e resto un giocatore. O meglio, lo ero».
E' soprattutto uno che sa di basket. E che prevede che dall'altra parte della Città dei Canestri... «Non so, la mia è solo una sensazione. Ma Ettore potrebbe anche dimettersi». Poi la Benetton. «Ha vinto, l'ha fatto con pieno merito. Brucia il 3 a 0, ma i tifosi ci hanno sostenuto fino alla fine. Un entusiasmo così potevo trovarlo solo qui, a Bologna. In Grecia, per una sconfitta del genere, ci avrebbero aspettato. Per ucciderci».
Savic smette: a chi passerà il testimone? Forse a Smodis al quale tutti lo accostano? «Non lo so. Non ci ho ancora pensato. E poi sono diventato un giocatore perimetrale negli ultimi anni. Prima giocavo sotto. Poi, però, il ginocchio faceva fatica con tutte quelle torsioni. Fu Messina a cambiarmi ruolo, a portarmi lontano da canestro per la prima volta. Smodis, invece, è nato così».
Dovrà decidere. Ma l'ago della bilancia sempre pendere verso la Catalogna. Perché ha preso casa a Marbella, perché casa sua, a Barcellona, è a 500 metri dal palasport. E là, gli azulgrana, lo volevano già da un anno.
Alessandro Gallo
«Mamma mia — racconta —. Ancora non ci credo. E poi un quarto di finale Italia-Spagna sarebbe stato più spettacolare». Chissà per chi avrebbe tifato Savic in quell'occasione. E' in Italia, d'accordo, ma la Spagna lo alletta e lo cerca. Lui, poi, ha un grande amico tra le Furie Rosse. «Luis Enrique, un bravo ragazzo. Ho passato sei mesi con lui». Non una fuga d'amore, ma un lungo periodo di rieducazione per entrambi, alle prese con problemi alle ginocchia. Sabato tornerà in Spagna perché ha appena comperato una casa a Marbella. Forse l'addio si avvicina, anche se prima dovrà parlare con Seragnoli. «Ho finito di giocare, basta. Adesso devo pensare al futuro. Pesic mi ha chiesto di fare il suo assistente al Barcellona. Mi avevano prospettato una cosa del genere anche un anno fa. Ma io non ho ancora preso alcuna decisione. Voglio godermi un po' di vacanza».
Di lui allenatore si parla da tempo. Lui, però, si schermisce. «Giuro — ribatte — non ci ho mai pensato», anche se dalla panchina dell'Aquila si alzava spesso e volentieri. «Cercavo di dare una mano, non di più. Sempre nel rispetto dei ruoli. Anche perché sono e resto un giocatore. O meglio, lo ero».
E' soprattutto uno che sa di basket. E che prevede che dall'altra parte della Città dei Canestri... «Non so, la mia è solo una sensazione. Ma Ettore potrebbe anche dimettersi». Poi la Benetton. «Ha vinto, l'ha fatto con pieno merito. Brucia il 3 a 0, ma i tifosi ci hanno sostenuto fino alla fine. Un entusiasmo così potevo trovarlo solo qui, a Bologna. In Grecia, per una sconfitta del genere, ci avrebbero aspettato. Per ucciderci».
Savic smette: a chi passerà il testimone? Forse a Smodis al quale tutti lo accostano? «Non lo so. Non ci ho ancora pensato. E poi sono diventato un giocatore perimetrale negli ultimi anni. Prima giocavo sotto. Poi, però, il ginocchio faceva fatica con tutte quelle torsioni. Fu Messina a cambiarmi ruolo, a portarmi lontano da canestro per la prima volta. Smodis, invece, è nato così».
Dovrà decidere. Ma l'ago della bilancia sempre pendere verso la Catalogna. Perché ha preso casa a Marbella, perché casa sua, a Barcellona, è a 500 metri dal palasport. E là, gli azulgrana, lo volevano già da un anno.
Alessandro Gallo
Fonte: Il Resto del Carlino