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Bianchini: se Scavolini lascia, un colpo durissimo

Un grido d’allarme per il mondo del basket

PESARO - Il basket pesarese reagisce, ed è un buon segno. La Scavolini è un patrimonio comune, chi è passato di qua la sente sua e non vuole che muoia. Il pericolo di un passaggio di proprietà è serio e sarebbe un salto nel buio che solo a pensarci fa venire i brividi. Eligio Palazzetti è stato l’ultimo presidente della Vuelle prima di Valter Scavolini e, appresa la notizia, ha reagito senza troppo stupore: «Lo sapevo che sarebbe finita così. E’ durata anche troppo, ma il problema non sussiste solo a Pesaro, è un male comune. Qui bisogna ripartire da zero, con i giocatori fatti in casa. Il pubblico non vuole per forza la grande squadra: c’erano 4.500 persone a Mestre, quando si lottava per non retrocedere. Bisogna spendere poco e dare spazio ai giovani e la gestione deve essere pubblica. Noi eravamo 140 consiglieri nei bar di tutta la città... Occorre ridare ai pesaresi la loro squadra. Nel basket, così come nel calcio occorre tagliare i costi». E’ interessato all’acquisto? «No, ormai sono fuori da quel mondo, ne sono uscito nauseato. Di sicuro qualcuno accetterà, i diritti di Serie A fanno gola a molti e il pubblico non tradirà la squadra. Qualche miliardario disposto a buttare i soldi dalla finestra si trova di sicuro... Noi abbiamo acquistato i diritti da Gorizia, era già immorale quello, ed è giusto che si rivenda». Che fine farà il basket a Pesaro? «Continuerà ad esistere. Per un po’ non saremo al vertice, ma la gente è appassionata e si divertirà lo stesso. Bisogna ricostruire».
L’opinione di Valerio Bianchini è lucida e appassionata: «Se Valter Scavolini lasciasse per il basket sarebbe un colpo durissimo. E’ bene che un tale allarme non provenga dall’ultimo arrivato, ma da un esempio vivente di passione unita all’imprenditoria. Il nodo è il tetto salariale: c’è un minimo ma non un massimo e questo è un problema. Il segnale lanciato da Scavolini riguarda tutto il movimento e, se ha sentito il bisogno di mettere un freno, il mondo del basket lo deve ascoltare. Si sta andando verso una progettualità economica. Se si tratta di un campanello d’allarme, credo che farà bene alla pallacanestro, se è un appello reale è un problema grossissimo. La Scavolini è una grande chance per chi vuole investire nel basket: la piazza, il Palasport, la tradizione, è il massimo che si possa chiedere. E poi, sarebbe tale lo choc che i pesaresi non pretenderebbero dal nuovo quello che chiedono al vecchio...».
Il pensiero di Andrea Gracis è una vera e propria dichiarazione d’amore, l’ennesima, sincera e sentita. «L’ho presa molto male. E’ qualche anno che aleggia questa eventualità, ma poi gli allarmi erano sempre rientrati. Ora la posizione presa è fortissima, la stanchezza come coinvolgimento diretto è evidente, perchè sono state spese tante energie fisiche ed economiche. La decisione è stata presa e, se non sarà quest’anno, ormai è una questione imminente. E’ un momento di tristezza e di speranza che la Scavolini passi in mano a qualcuno con lo stesso entusiasmo. Ma quello che ha fatto la famiglia Scavolini è qualcosa di unico... Mi piacerebbe restasse un imprenditore di Pesaro... di appassionati ce ne sono. Se il pubblico capirà si potrà far bene lo stesso». Un altro affezionato ex, di lunghissima militanza nella città di Rossini è Massimo Cosmelli: «Per me è stato un colpo al cuore. Ho passato 13 anni a Pesaro, e pensare di non vedere più il marchio Scavolini sulle maglie sarebbe un grandissimo dispiacere. Capisco i problemi e il periodo non felice del basket italiano. E’ comprensibile e immagino che Valter Scavolini non pensi di lasciare a cuor leggero». Chiudiamo con Antonello Riva, preoccupato e pessimista: «Questo è un ulteriore segnale che nel nostro basket c’è qualcosa che non va. Se una società gloriosa come Cantù rinuncia all’Eurolega e Scavolini sta cercando un possibile acquirente significa che il movimento sta boccheggiando. Lo dico da tempo: è necessario che si dia in mano a una o più persone il compito di studiare approfonditamente un futuro migliore».
Camilla Cataldo
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