PESARO – Il caldo afoso la fa ancora da padrone eppure si addensano all’orizzonte nuvoloni neri forieri di guai. Una nuova “austerity" incombe sul mondo del basket e non solo. Le vacche magre cominciano a popolare i terreni prima fertili della “new economy", l’orso ha scacciato il toro dalle Borse, calano i risparmi della gente e gli utili aziendali e la Fiat dice che il peggio deve ancora venire. Cala anche il pubblico del BPA Palas, così come l’interesse della tivù per il basket. Ma pure il calcio italiano, tramortito dal Mondiale, si prepara a sfrondare i superingaggi. Ricordate la battuta di Woody Allen? “Dio è morto, Marx è morto e neanch’io mi sento tanto bene!": come stupirsi se si prosciuga anche la sorgente dei finanziamenti per la Scavolini - basket? “Austerità" proprio come in quei primi anni Settanta, quando la crisi del petrolio costringeva gli italiani a lasciare le auto in garage. E’ il ’73-74 e guarda caso proprio in quella stagione la Max Mobili Pesaro dei Florio, dei Pleick e dei Grasselli scende mestamente in A-2. Il nuovo presidente Eligio Palazzetti, popolare costruttore, spera di... ricostruire la pallacanestro pesarese lanciando il motto “largo ai giovani!" (vi ricorda qualcosa?): via Bertini, dentro Ponzoni e Del Monte. Nel ’75 s’intravede un bagliore di luce in fondo al tunnel: entrano come sponsor le cucine Scavolini. Nessuno intuisce allora la portata storica di un matrimonio che, caso pressoché unico nello sport italiano, dura da ben 27 anni.
Con i soldi del nuovo generosissimo sponsor arrivano a Pesaro l’allenatore Lajos Toth e il mitico capitano Benevelli, ma la Scavolini è sempre in seconda serie, per tornare finalmente in A-1 nel ’78 e restarci nei due anni successivi grazie ad altrettanti (tremendi) spareggi-salvezza. Attraverso quella “strizza" tutta la città si innamora del basket, in primis la famiglia Scavolini, sempre più coinvolta nelle questioni tecniche e gestionali della Victoria Libertas. La passione contagia “papà" Valter, che si affianca a don Eligio al timone della nave biancorossa: arriva da San Severo (via Bologna) un altro Walter (ma con la v doppia), ossia il giovanissimo Magnifico e da Milano il famoso Mike Sylvester, l’oriundo con cui inizia la serie dei grandi stranieri che portano la squadra dalla coda alla testa della classifica: i Bouie, gli Holland, i Kicanovic. Arriva la prima finale scudetto, nell’82, e il primo trofeo, la Coppa delle Coppe, nell’83. Il nome “Scavolini" comincia a diventare famoso nel mondo, sia per le cucine che per il basket. E lievitano i sogni di gloria: arrivano Gracis e Costa. Si comincia a spendere tanto per gli americani (non tutti azzeccati) ed anche, forse, a fare il passo più lungo della gamba: Palazzetti vuole portare a Pesaro Paul Westhead, coach campione del mondo con i Lakers! Arriva la seconda finale e la prima Coppa Italia (’85). Il settore giovanile è affidato con felice intuizione a Sergio Scariolo, giovane ambizioso e preparato, che in prima squadra è il vice di Sacco. Ma nell’86 Palazzetti minaccia il “ridimensionamento" (altro termine oggi familiare...): “Riparto dai giovani", dice. I contratti di Magnifico e di altri “gioielli" sono in pericolo. Ed è a questo punto che Valter ed Elvino Scavolini “salvano" la squadra comprando tutto. E’ la mossa vincente, il “miracolo" che frutta i due scudetti dell’88 e del ’90, l’Open di Barcellona, la Final Four di Coppa Campioni a Parigi, la seconda Coppa Italia ed altre finali (compresa quella di Korac), giocatori da sogno (da Daye a Nixon, da Cook a Workman e a Myers) ed un nuovo Palas da favola. Che sia stato, appunto, tutto un sogno e una favola? La retrocessione del ’98 lo farebbe pensare, ma poi la passione (che sembrava inesauribile) della famiglia Scavolini ha riportato la Vuelle in A-1 e di nuovo ai vertici italiani ed europei. Forse, con meno soldi a disposizione ma con scelte di mercato più azzeccate, è ancora possibile restarci.
Giancarlo Iacchini
Con i soldi del nuovo generosissimo sponsor arrivano a Pesaro l’allenatore Lajos Toth e il mitico capitano Benevelli, ma la Scavolini è sempre in seconda serie, per tornare finalmente in A-1 nel ’78 e restarci nei due anni successivi grazie ad altrettanti (tremendi) spareggi-salvezza. Attraverso quella “strizza" tutta la città si innamora del basket, in primis la famiglia Scavolini, sempre più coinvolta nelle questioni tecniche e gestionali della Victoria Libertas. La passione contagia “papà" Valter, che si affianca a don Eligio al timone della nave biancorossa: arriva da San Severo (via Bologna) un altro Walter (ma con la v doppia), ossia il giovanissimo Magnifico e da Milano il famoso Mike Sylvester, l’oriundo con cui inizia la serie dei grandi stranieri che portano la squadra dalla coda alla testa della classifica: i Bouie, gli Holland, i Kicanovic. Arriva la prima finale scudetto, nell’82, e il primo trofeo, la Coppa delle Coppe, nell’83. Il nome “Scavolini" comincia a diventare famoso nel mondo, sia per le cucine che per il basket. E lievitano i sogni di gloria: arrivano Gracis e Costa. Si comincia a spendere tanto per gli americani (non tutti azzeccati) ed anche, forse, a fare il passo più lungo della gamba: Palazzetti vuole portare a Pesaro Paul Westhead, coach campione del mondo con i Lakers! Arriva la seconda finale e la prima Coppa Italia (’85). Il settore giovanile è affidato con felice intuizione a Sergio Scariolo, giovane ambizioso e preparato, che in prima squadra è il vice di Sacco. Ma nell’86 Palazzetti minaccia il “ridimensionamento" (altro termine oggi familiare...): “Riparto dai giovani", dice. I contratti di Magnifico e di altri “gioielli" sono in pericolo. Ed è a questo punto che Valter ed Elvino Scavolini “salvano" la squadra comprando tutto. E’ la mossa vincente, il “miracolo" che frutta i due scudetti dell’88 e del ’90, l’Open di Barcellona, la Final Four di Coppa Campioni a Parigi, la seconda Coppa Italia ed altre finali (compresa quella di Korac), giocatori da sogno (da Daye a Nixon, da Cook a Workman e a Myers) ed un nuovo Palas da favola. Che sia stato, appunto, tutto un sogno e una favola? La retrocessione del ’98 lo farebbe pensare, ma poi la passione (che sembrava inesauribile) della famiglia Scavolini ha riportato la Vuelle in A-1 e di nuovo ai vertici italiani ed europei. Forse, con meno soldi a disposizione ma con scelte di mercato più azzeccate, è ancora possibile restarci.
Giancarlo Iacchini
