La mente è la sua, quella di un pluricampione della Nba che sta cercando di sfondare anche come allenatore. Ma il «braccio» di Kareem Abdul Jabbar, in questa avventura nella United States Basketball League che potrebbe avere un lieto fine (in settimana, ultime partite e playoff: gli Oklahoma possono vincere), è italiano. Roberto Carmenati, 38 anni, marchigiano, esperienze varie in A, è infatti uno degli assistenti dell'ex pivot dei Lakers. «L'anno scorso, mancata la promozione in A con Napoli, ho deciso di sfuggire ai tanti cialtroni che infestano la nostra pallacanestro...». Traduzione: piuttosto che una proposta di piccolo cabotaggio, meglio investire su se stesso. Ecco allora Carmenati andare negli Usa, visitare i luoghi sacri del basket, abbeverarsi alla fonte di «santoni» quali Bobby Knight. «La proposta della Usbl è nata tramite contatti che avevo già da tempo. Questa è una lega ancora piccola, che si incastra tra la stagione Nba e la Summer League. Diciamo che è un serbatoio, anche per l'Europa: alcuni giocatori sono venuti in Italia o hanno fatto il percorso al contrario, nella speranza di un ingaggio professionistico». Carmenati ha saggiato la professionalità degli americani anche a questo livello («Ti passano perfino un prontuario con le regole per le interviste») e ha scoperto l'umiltà del «mito»: «Jabbar vive in motel. E in aereo viaggia in ''economica'' come tutti. Anche per lui è un investimento: uno che ha vinto tutto riparte da zero, lo capite?». E come tecnico? «Ha carisma e usa l'esperienza dell'ex giocatore. L'ho consigliato, ho avuto la sensazione che mi ascoltasse. Il nostro rapporto si è consolidato con il tempo».
(f. van.)
(f. van.)