L'incontro pre-draft dei "lottery pick" con la stampa riserva sempre risposte e argomenti a sorpresa. L'oscar della conversazione più curiosa è andato a Niko Tskitishvili, che ha intrattenuto a lungo i reporter americani raccontando divertenti aneddoti dei suoi trascorsi da ballerino in Georgia. Jay Williams invece ha preferito concentrarsi su discorsi più seri, analizzando il draft a 360 gradi. "Quando finisci l'università - ha detto l'ex stella di Duke - solitamente si sceglie tra le varie proposte di lavoro. Per noi atleti è l'opposto. Veniamo scelti da datori di lavoro senza poter esprimere le nostre preferenze. Non mi lamento, conosciamo tutti benissimo le regole e le accettiamo". Le regole dello sport americano, infatti, prevedono per ogni disciplina pro un draft annuale per cercare di ridurre il gap tra le squadre più forti e quelle più deboli. Un'idea che da sempre accompagna lo sport a stelle e strisce e lo contraddistingue. Chi viene da una stagione negativa infatti ha diritto di selezionare il giovane più promettente per poter ritornare a essere competitivo. Un po' come se nel nostro calcio la squadra ultima classificata in serie A potesse assicurarsi il miglior giocatore della Nazionale Under 21. Nella Nba il draft ha un'importanza vitale per ovvie ragioni. In un quintetto infatti a volte basta un solo giocatore dominante per far cambiare rotta a una franchigia. Negli anni la giornata delle scelte si è evoluta. Da 1947 al '65, infatti, la Nba prevedeva un "pick" territoriale per ogni squadra. In pratica le franchigie avevano il diritto di prelazione sui giovani di talento dell'area nella quale operavano. Defunte le "scelte territoriali", il draft ha assunto una valenza nazionale negli anni '60. Le opzioni in quegli anni non mancavano per gli scout Nba che avevano a disposizione la bellezza di 21 round per selezionare i giocatori più interessanti. Nel 1974 si passò a 10 round per scendere agli attuali 2 a partire dal 1989. Ma la prima scelta assoluta non viene più necessariamente assegnata alla squadra con il peggior record della stagione. Ci pensa infatti un sorteggio, nel quale le squadre peggio classificate partono avvantaggiate rispetto a quelle con un miglior record, ad assegnare l'ambitissima prima scelta. Il destino (o David Stern per chi crede ai "complotti" della Nba) quest'anno ha scelto Houston. I Rockets non potevano chiedere di meglio e mercoledì a New York utilizzeranno la loro prima scelta assoluta per portare in Texas il centro cinese Yao Ming. Tutto all'insegna della voglia di equilibrio nello sport a stelle e strisce.
Simone Sandri
Simone Sandri