Sono in quattro, a torso nudo, sul cocuzzolo di quel gigantesco igloo color del cielo, a lavorare sotto un sole africano. Li vedi mentre guidi sulla Variante e ti viene da pensare. Per dieci anni è stato una cattedrale del deserto, covo di serpenti e rifugio di homeless. Perfino il Gabibbo si era scomodato per farci ridere sopra l'Italia, invece ora è quasi pronto. Finalmente a ottobre 2003 il palasport alla Porta a Terra potrà diventare la nuova casa del basket amaranto.
Potrà diventare, o forse sarebbe meglio dire potrebbe diventare, visti i tempi che corrono. Dopo l'arrivo sul pianeta A1, infatti, il Basket Livorno è tornato quasi all'anno zero, come nel gioco dell'oca quando tocchi la casella sbagliata e vieni rispedito indietro, direttamente al via. Oggi il sindaco Lamberti incontrerà una delegazione di dirigenti di Via Pera, pronti a piangere sulla spalla di un grande amico del basket, ma è impensabile che il primo cittadino, dopo il salvataggio in corner di due estati fa, riesca a inventare un altro miracolo, a trovare un altro signor Mabo. Anche i conigli che escono dai cilindri non sono eterni. Augurandoci che qualcosa si sblocchi e nella rete dei mille contatti allacciati in questo mese (associazione industriali, piccole imprese, istituti di credito, enti, possibili sponsor e partner pubblicitari, tessere vip) resti qualche assegno destinato ad aiutare il basket di vertice, forse è il caso di riflettere sulla situazione sportiva di Livorno città. Speciale e incredibile come impianti, iscritti, passione e praticanti, ma un incubo dal punto di vista delle risorse.
La pallavolo ha dovuto cedere il titolo di A2 e con quei soldi autofinanziarsi per ripartire dalla serie B, il rugby è retrocesso fra i cadetti dopo due stagioni disgraziate e bilanci coi buchi come una fetta di emmenthal, il calcio sta bene ma solo grazie a un flusso di miliardi venuto da Genova. E il basket? Costretta a contare sulle proprie forze, la PL deve spaccare il capello per affrontare una B1 che pretende un budget di almeno quattro-cinquecentomila euro (come trovarli?), mentre il Basket Livorno, due piani sopra, ovviamente ha necessità di mettere insieme cifre molto più importanti.
Nella stagione che chiuderà il 30 giugno i soci azionisti (a parte il 25% della Mabo prefabbricati il resto del pacchetto è in mano a soggetti locali) hanno dovuto far fronte a sacrifici pesanti per garantire il pareggio del bilancio, c'è da capirli se prima di buttarsi in un'altra avventura onerosa vogliono certezze sul budget e su quale sarà il loro sforzo economico. Come c'è da capire la Mabo prefabbricati: dopo la promozione in A1 e la salvezza alla penultima giornata, lo sponsor azionista voleva fare un altro passo avanti, puntare all'ingresso nei playoff. Ambizione legittima, che però si scontra con la cruda realtà dei numeri.
Nel momento del bisogno, dice il proverbio, si riconoscono i veri amici. Chi è amico del basket può dimostrarlo dando una mano a uno sport che tiene alta l'immagine della città e aspetta il nuovo palasport per provare a rimettersi sulla pista del decollo. Non importano grandi cifre, tanti sassolini messi insieme possono diventare una diga. A questo punto torna a galla l'antica domanda: dove sono gli imprenditori livornesi? Rintanati, impauriti, quasi clandestini. Eppure sotto lo sport di vertice c'è un iceberg fatto di impegno sociale, settori giovanili, centinaia di ragazzi tenuti lontano dalla strada, e questo vale sia per il basket come per tutte le altre discipline minori. Sono imprenditori o, come diceva una barzelletta, «prenditori»?
Renzo Marmugi
Potrà diventare, o forse sarebbe meglio dire potrebbe diventare, visti i tempi che corrono. Dopo l'arrivo sul pianeta A1, infatti, il Basket Livorno è tornato quasi all'anno zero, come nel gioco dell'oca quando tocchi la casella sbagliata e vieni rispedito indietro, direttamente al via. Oggi il sindaco Lamberti incontrerà una delegazione di dirigenti di Via Pera, pronti a piangere sulla spalla di un grande amico del basket, ma è impensabile che il primo cittadino, dopo il salvataggio in corner di due estati fa, riesca a inventare un altro miracolo, a trovare un altro signor Mabo. Anche i conigli che escono dai cilindri non sono eterni. Augurandoci che qualcosa si sblocchi e nella rete dei mille contatti allacciati in questo mese (associazione industriali, piccole imprese, istituti di credito, enti, possibili sponsor e partner pubblicitari, tessere vip) resti qualche assegno destinato ad aiutare il basket di vertice, forse è il caso di riflettere sulla situazione sportiva di Livorno città. Speciale e incredibile come impianti, iscritti, passione e praticanti, ma un incubo dal punto di vista delle risorse.
La pallavolo ha dovuto cedere il titolo di A2 e con quei soldi autofinanziarsi per ripartire dalla serie B, il rugby è retrocesso fra i cadetti dopo due stagioni disgraziate e bilanci coi buchi come una fetta di emmenthal, il calcio sta bene ma solo grazie a un flusso di miliardi venuto da Genova. E il basket? Costretta a contare sulle proprie forze, la PL deve spaccare il capello per affrontare una B1 che pretende un budget di almeno quattro-cinquecentomila euro (come trovarli?), mentre il Basket Livorno, due piani sopra, ovviamente ha necessità di mettere insieme cifre molto più importanti.
Nella stagione che chiuderà il 30 giugno i soci azionisti (a parte il 25% della Mabo prefabbricati il resto del pacchetto è in mano a soggetti locali) hanno dovuto far fronte a sacrifici pesanti per garantire il pareggio del bilancio, c'è da capirli se prima di buttarsi in un'altra avventura onerosa vogliono certezze sul budget e su quale sarà il loro sforzo economico. Come c'è da capire la Mabo prefabbricati: dopo la promozione in A1 e la salvezza alla penultima giornata, lo sponsor azionista voleva fare un altro passo avanti, puntare all'ingresso nei playoff. Ambizione legittima, che però si scontra con la cruda realtà dei numeri.
Nel momento del bisogno, dice il proverbio, si riconoscono i veri amici. Chi è amico del basket può dimostrarlo dando una mano a uno sport che tiene alta l'immagine della città e aspetta il nuovo palasport per provare a rimettersi sulla pista del decollo. Non importano grandi cifre, tanti sassolini messi insieme possono diventare una diga. A questo punto torna a galla l'antica domanda: dove sono gli imprenditori livornesi? Rintanati, impauriti, quasi clandestini. Eppure sotto lo sport di vertice c'è un iceberg fatto di impegno sociale, settori giovanili, centinaia di ragazzi tenuti lontano dalla strada, e questo vale sia per il basket come per tutte le altre discipline minori. Sono imprenditori o, come diceva una barzelletta, «prenditori»?
Renzo Marmugi