PESARO – Sta finalmente per finire un giugno da incubo per gli sportivi pesaresi, tra il caldo asfissiante, l’arbitro Moreno, la minaccia di “vendere tutto" da parte di il possibile addio a Booker e il sicuro dimezzamento del budget a disposizione della Vuelle. Ancora tramortiti da cotante iatture, cerchiamo faticosamente di voltare pagina al più presto, come farà anche ufficialmente la società di via Paterni che domani chiude e mette in archivio il librone del bilancio 2001-2002. E poi, in un modo o nell’altro “si tirerà avanti", come dice con fatalistico disincanto chi ne ha passate di cotte e di crude. E la Victoria Libertas ne ha passate davvero tante. Chissà se qualcuno ha fatto caso ad un significativo anniversario: dieci anni fa, nel giugno del ’92, arrivava a Pesaro Carlton Myers, l’uomo che avrebbe dovuto raccogliere il testimone di Darren Daye e regalare alla Scavolini dei favolosi anni Novanta. Come dire, il passo più lungo della gamba, una “overdose" di grandeur e di illusioni che poi, finita inevitabilmente la “droga" (1659 i punti segnati in biancorosso dal Re Mida del basket italiano), ha gettato la Vuelle in una grave crisi di astinenza, obbligandola ad una lunga e sofferta disintossicazione.
Dieci anni dopo, in tempi meno fantasmagorici e più sobri, bisognerà tornare un po’ tutti con i piedi per terra. La società, che ora, con un portafoglio parecchio più leggero, dovrà fare molto bene i conti della spesa, ma alla quale onestamente non si può rimproverare di non aver “comprato" uno... scudetto col ricco budget di cui ha goduto finora. E il popolo biancorosso, che deve riscoprire l’antica e genuina passione per la pallacanestro come “sport" prima che come “vittoria", la capacità si soffrire sugli spalti e la voglia di tifare, al di là dei risultati sul campo. Che deve ripartire da quanto di valido è stato costruito fino a qui: una società seria, efficiente, profondamente radicata nel territorio, con un vivaio ottimamente curato ed una organizzazione che tutta Italia le invidia; ed anche uno stupendo Palasport che rappresenta lo spot migliore per la città e la sua immagine non solo cestistica (un impianto polifunzionale che ha fatto di Pesaro una delle capitali della musica internazionale ed anche della politica italiana). Se il basket non riesce a riempire il BPA, è altrettanto sicuro che non lo svuoterà neppure! La passione per questo fantastico sport, nella città di Rossini, conoscerà ovviamente degli alti e bassi, ma non morirà mai. Quello che la gente può legittimamente chiedere è una squadra grintosa, combattiva ma anche capace di far divertire, che non abbia timore di giocare a briglie sciolte in attacco con buona pace degli aridi schemi e del difensivismo a oltranza, perché il basket – nonostante tutta la sua evoluzione tecnica – resta pur sempre “palla-a-canestro"! Infine, superata l’amarezza per le illusioni... disilluse quest’anno, la tifoseria è chiamata a trovare un “modus vivendi" con la società e con chi, per decisione che spetta alla dirigenza, sarà alla guida tecnica della squadra. Chi ha legittimamente criticato entrambe quando serviva, ha il dovere di ricordare che c’è un tempo per criticare ed uno per costruire. Dal primo luglio, in casa Scavolini, comincia la ricostruzione.
Giancarlo Iacchini
Dieci anni dopo, in tempi meno fantasmagorici e più sobri, bisognerà tornare un po’ tutti con i piedi per terra. La società, che ora, con un portafoglio parecchio più leggero, dovrà fare molto bene i conti della spesa, ma alla quale onestamente non si può rimproverare di non aver “comprato" uno... scudetto col ricco budget di cui ha goduto finora. E il popolo biancorosso, che deve riscoprire l’antica e genuina passione per la pallacanestro come “sport" prima che come “vittoria", la capacità si soffrire sugli spalti e la voglia di tifare, al di là dei risultati sul campo. Che deve ripartire da quanto di valido è stato costruito fino a qui: una società seria, efficiente, profondamente radicata nel territorio, con un vivaio ottimamente curato ed una organizzazione che tutta Italia le invidia; ed anche uno stupendo Palasport che rappresenta lo spot migliore per la città e la sua immagine non solo cestistica (un impianto polifunzionale che ha fatto di Pesaro una delle capitali della musica internazionale ed anche della politica italiana). Se il basket non riesce a riempire il BPA, è altrettanto sicuro che non lo svuoterà neppure! La passione per questo fantastico sport, nella città di Rossini, conoscerà ovviamente degli alti e bassi, ma non morirà mai. Quello che la gente può legittimamente chiedere è una squadra grintosa, combattiva ma anche capace di far divertire, che non abbia timore di giocare a briglie sciolte in attacco con buona pace degli aridi schemi e del difensivismo a oltranza, perché il basket – nonostante tutta la sua evoluzione tecnica – resta pur sempre “palla-a-canestro"! Infine, superata l’amarezza per le illusioni... disilluse quest’anno, la tifoseria è chiamata a trovare un “modus vivendi" con la società e con chi, per decisione che spetta alla dirigenza, sarà alla guida tecnica della squadra. Chi ha legittimamente criticato entrambe quando serviva, ha il dovere di ricordare che c’è un tempo per criticare ed uno per costruire. Dal primo luglio, in casa Scavolini, comincia la ricostruzione.
Giancarlo Iacchini