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Zoran, un cuore d'Aquila

Savic potrebbe entrare a far parte della dirigenza Fortitudo

Cercato e voluto dallo scomparso Piero Costa. Zoran Savic, nuovo giemme dell'Aquila, arriva a Bologna nell'estate del 1996, con un pedigree di prim'ordine. Per dare una mano anche in Europa, ma la Virtus, alla prima stagione Kinder, è alla fine di un ciclo. Brunamonti si è appena ritirato, Coldebella è volato in Grecia. Così, nella primavera del 1997, nonostante qualche acciacco di Zoran, arriva la Coppa Italia, conquistata a Casalecchio, in finale con la Polti Cantù. Savic ha un altro anno di contratto, ma Messina, che ha appena lasciato la nazionale, ha qualche dubbio sulla salute del gigante serbo. E' una Kinder piena di lunghi con Frosini, strappato ai cugini, Nesterovic, Binelli, Amaechi e, appunto, Savic. Che finisce anche in tribuna in una gara interna con Varese.
Da lì la svolta: Zorky diventa il leader occulto del gruppo (l'unico che può tener testa a Danilovic). C'è lo zampino di Zoran nel neuroderby (quello senza Wilkins). Savic e Abbio da una parte, Fucka e Myers dall'altra, sono costretti a guardare gara-due da spettatori. Savic sarà poi l'mvp di Barcellona, della prima Coppa dei Campioni bianconera, prima di andare a Istanbul. Poi il ritorno a Barcellona e, infine, lo sbarco a Bologna, sponda Fortitudo. Guardato con diffidenza (per il suo passato), agli inizi, Zoran diventa un beniamino per il suo carattere, per il suo trasporto e per il suo entusiasmo. Un uomo Fortitudo, anche fuori dal campo. Per la sua esperienza e le sue conoscenze.
Alessandro Gallo
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