Il presidente della Di Nola Basket Mario Maione rispone alla lettera aperta dell’assessore Alfredo Ponticelli, pubblicata ieri da Il Mattino.
Per prima cosa, ringrazio Alfredo Ponticelli, per le belle parole spese. Una testimonianza, quella resa dall'assessore all'anagrafe e stato civile del Comune di Napoli, che dà ancora più forza ed entusiasmo a chi, come il sottoscritto, ha deciso d'impegnarsi a fondo in una di quella discipline che, in modo assolutamente errato, vengono considerate "minori". L'ho fatto prendendo a prestito il background del mio gruppo. E non poteva essere altrimenti, quando dal nulla solo a metà luglio ci si ritrova a dover allestire un gruppo di professionisti. L'ho fatto partendo dalla base. Perché in pochi sanno che la Di Nola, parallelamente a quella della prima squadra, ha portato avanti un'attività giovanile che ha coinvolto circa quattrocento ragazzi distribuiti nelle varie categorie. E questo è stato realizzato in virtù di una nostra precisa convinzione: quella di cominciare a lavorare dal basso per creare un interesse sempre crescente intorno al mondo della pallacanestro. Il discorso, però, non può prescindere dal tema dell'impiantistica. Un capitolo questo, che in un futuro molto vicino, mi creerà anche qualche imbarazzo. Perché una volta trasferita l'attività a Napoli, una volta riportato il basket a Fuorigrotta, in quella che considero la sua sede naturale, bisognerà trovare una soluzione per soddisfare le attese dei ragazzi puteolani. E questo, ora, rappresenta uno degli obiettivi che la società s'è posta in una delle due direzioni parallele che stiamo tracciando per allestire in breve un grosso club. Un club che possa dare lustro alla Napoli sportiva, un club che sull'esempio di quanto hanno fatto negli anni Virtus Bologna, Fortitudo Bologna e Benetton Treviso, un giorno possa far commentare alla gente: "Guarda come si sono organizzati bene a Napoli". Un traguardo, quello appena citato, raggiungibile, però, solo con il contributo di tutti. Con le Istituzioni, naturalmente, schierate in prima linea. Cosa che, almeno per adesso, non accade esattamente come in altre città italiane. A Reggio Emilia, per esempio, ho assistito alla finale playoff in conpagnia delle massime autorità locali. Non mancava nessuno, al PalaBigi. In tribuna c'erano il presidente della Regione, della Provincia ed il Sindaco. Personalmente, con le autorità comunali della mia città, ho fatto una scommessa: quella di far competere ai massimi livelli, entro tre anni, la pallacanestro napoletana. Nello stesso frangente loro si sono impegnati a restituirci il "Mario Argento" in piena efficienza. Perché lo storico palazzetto partenopeo resta il sogno mio e di tutta Napoli. E con una struttura degna di un grande club, sono certo di riavere anche il grande pubblico. Quei sette-ottomila spettatori che un tempo seguivano il basket con passione. E, quando un giorno tutto questo sarà diventato nuovamente realtà, spero che gli organi d'informazione dedichino a questa meravigliosa disciplina lo stesso spazio e la stessa attenzione che da sempre viene riservata al calcio».
Per prima cosa, ringrazio Alfredo Ponticelli, per le belle parole spese. Una testimonianza, quella resa dall'assessore all'anagrafe e stato civile del Comune di Napoli, che dà ancora più forza ed entusiasmo a chi, come il sottoscritto, ha deciso d'impegnarsi a fondo in una di quella discipline che, in modo assolutamente errato, vengono considerate "minori". L'ho fatto prendendo a prestito il background del mio gruppo. E non poteva essere altrimenti, quando dal nulla solo a metà luglio ci si ritrova a dover allestire un gruppo di professionisti. L'ho fatto partendo dalla base. Perché in pochi sanno che la Di Nola, parallelamente a quella della prima squadra, ha portato avanti un'attività giovanile che ha coinvolto circa quattrocento ragazzi distribuiti nelle varie categorie. E questo è stato realizzato in virtù di una nostra precisa convinzione: quella di cominciare a lavorare dal basso per creare un interesse sempre crescente intorno al mondo della pallacanestro. Il discorso, però, non può prescindere dal tema dell'impiantistica. Un capitolo questo, che in un futuro molto vicino, mi creerà anche qualche imbarazzo. Perché una volta trasferita l'attività a Napoli, una volta riportato il basket a Fuorigrotta, in quella che considero la sua sede naturale, bisognerà trovare una soluzione per soddisfare le attese dei ragazzi puteolani. E questo, ora, rappresenta uno degli obiettivi che la società s'è posta in una delle due direzioni parallele che stiamo tracciando per allestire in breve un grosso club. Un club che possa dare lustro alla Napoli sportiva, un club che sull'esempio di quanto hanno fatto negli anni Virtus Bologna, Fortitudo Bologna e Benetton Treviso, un giorno possa far commentare alla gente: "Guarda come si sono organizzati bene a Napoli". Un traguardo, quello appena citato, raggiungibile, però, solo con il contributo di tutti. Con le Istituzioni, naturalmente, schierate in prima linea. Cosa che, almeno per adesso, non accade esattamente come in altre città italiane. A Reggio Emilia, per esempio, ho assistito alla finale playoff in conpagnia delle massime autorità locali. Non mancava nessuno, al PalaBigi. In tribuna c'erano il presidente della Regione, della Provincia ed il Sindaco. Personalmente, con le autorità comunali della mia città, ho fatto una scommessa: quella di far competere ai massimi livelli, entro tre anni, la pallacanestro napoletana. Nello stesso frangente loro si sono impegnati a restituirci il "Mario Argento" in piena efficienza. Perché lo storico palazzetto partenopeo resta il sogno mio e di tutta Napoli. E con una struttura degna di un grande club, sono certo di riavere anche il grande pubblico. Quei sette-ottomila spettatori che un tempo seguivano il basket con passione. E, quando un giorno tutto questo sarà diventato nuovamente realtà, spero che gli organi d'informazione dedichino a questa meravigliosa disciplina lo stesso spazio e la stessa attenzione che da sempre viene riservata al calcio».