REGGIO CALABRIA – Massimo Bianchi è il nuovo coach del Firenze, formazione militante nel campionato di serie B/1. Dopo oltre 20 anni, ha deciso di non proseguire il suo rapporto di collaborazione con la Viola, dove s'era, in precedenza, distinto quale geniale «playmaker», tanto da figurare nella classifica dei «top ten» della formazione neroarancio con ben 4.799' giocati in 168 partite, con 303 assist distribuiti e 206 palloni recuperati. Si tratta di alcune delle cifre più significative di un giocatore che ha saputo scrivere pagine indelebili nella storia del basket reggino e che, assieme a Gaetano Gebbia, è riuscito a regalare uno storico scudetto nella categoria «cadetti». «Sicuramente ho avuto tanto dalla Viola, ma credo di avere dato anche tanto. È un po' la mia seconda casa – confessa Massimo Bianchi – e venti anni trascorsi in questa società sono davvero molti. Ero venuto a Reggio e pensavo di dovere restare una sola stagione. Ed, invece, mi sono fermato fino allo scorso 30 giugno, sempre nello stesso club e con i risultati che voglio che siano gli altri a giudicare. È giusto guardarsi indietro per rivisitare tutte le cose che ho fatto perché le considero molto importanti, sia quelle positive, che quelle negative. Ma se mi si chiede di tirare delle somme, allora penso proprio di avere fatto abbastanza bene, sia da giocatore, che da allenatore. Ritengo che questa della Viola rappresenti una tappa importante della mia vita, della mia carriera». Massimo Bianchi aveva, probabilmente, intuito che la scelta della Viola di affidare la panchina a Lino Lardo avrebbe comportato una conseguente volontà del nuovo allenatore di potersi scegliere i suoi collaboratori. «Al riguardo la Viola non poteva garantirmi nulla – confessa l'ex-neroarancio – e, quindi, da qui è venuta fuori la mia scelta. Il treno che passava era, per me, molto importante e io ci sono salito. La società di Firenze, che è una piazza molto ambita per i suoi trascorsi cestistici, mi ha proposto un progetto interessante e, di conseguenza mi sono trovato a dovere prendere una decisione. Che era, poi, quella di dovere accettare la proposta del team gigliato oppure aspettare gli eventi in casa Viola, senza avere delle certezze, per cui potevo rischiare di restare senza una formazione da allenare. Mi sono messo subito al lavoro, ho partecipato ai «campus» di Imola e Roseto degli Abruzzi per individuare gli elementi che possono fare al caso della mia nuova squadra, poiché Firenze vuole allestire un complesso, sicuramente, competitivo». Pur se visibilmente emozionato, Bianchi ha ricostruito le varie tappe della sua lunga permanenza in neroarancio, partendo dall'attività di giocatore. «Ho cominciato nel 1978 – sostiene il coach – e dalla serie B che allora si giocava allo «Scatolone» sono arrivato fino all'a/1. Tanti successi, ma anche qualche boccone amaro, con una retrocessione maturata per differenza canestri e a conclusione di una stagione molto sfortunata. Forse, con un poco più di buona sorte, la squadra avrebbe potuto raggiungere la permanenza e, nella storia della Viola, sarebbero cambiate tante cose». f.p.