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La promessa di Corbelli

«Porterò gente cattiva, per esempio Coldebella; come allenatore cercherò di prendere Caja, una garanzia»

MILANO - Da Napoli a Milano, dal calcio alla pallacanestro. Per Giorgio Corbelli, nuovo presidente della gloriosa e un po’ ammaccata Olimpia, un cambio di rotta, anzi un ritorno a casa. Lui che nel 1988, poco più che trentenne, aveva immolato alla passione per il basket più di una briciola del suo impero - le sue tivù già aggiudicavano quadri e pentole a pressione - prima nella sua Brescia, poi a Forlì per finire a Roma, sempre nell’attico della pallacanestro italiana. A seguire, la parentesi tempestosa del calcio, senza neppure la soddisfazione di rendere al Napoli la dignità che merita. «Troppo presto - dice Corbelli - ho ricominciato troppo presto. Avrei dovuto fermarmi ancora un po’, dopo l’ubriacatura del calcio, ma non ho saputo resistere». La tentazione si chiama Olimpia, 25 scudetti e 9 coppe europee nella bacheca più scintillante d’Italia ma un’ultima stagione con salvezza sul filo. Corbelli riesce a non prendersela neppure quando un vecchio tifoso si sostituisce ai giornalisti e lo provoca: «Siamo stanchi di avere dei brocchi. Milano merita di più. Lei cosa ci offre?» Il baffetto di Corbelli si curva in un sorriso, poi esce una frase che dice tutto e niente: «Stiamo lavorando per restituire a questa città un ruolo più decoroso nella pallacanestro». Chiaro che non si sbilancia Corbelli, ma le idee chiare le ha. E comincia con il chiamare all’appello Milano, tutta Milano. Dal pubblico, al Comune (ma l’assessore Brandirali sparisce dieci minuti prima della conferenza stampa), fino agli sponsor: «Voglio un pool di una dozzina di aziende, possibilmente milanesi. Obiettivo 4,5 milioni di euro».
È venuta via a poco, l’Olimpia, come un quadro di Cascella battuto in fretta perché dalla regia fanno segno che il tempo è scaduto. L’ha ereditato da Sergio Tacchini che ha fatto «un prezzo di favore» pur di mantenere in linea di galleggiamento il basket milanese. «Ho commesso un solo errore nella mia vita sportiva - confessa Tacchini -: non essere riuscito a riportare Milano al vertice della pallacanestro. Ho risanato la società e adesso lascio tutto a Corbelli. Lui si è sporcato le mani nel calcio ma è uomo di basket: la persona giusta per l’Olimpia».
«Voglio solo gente motivata, altrimenti aria» intima Corbelli che, come prima mossa a effetto, ingaggia il trentaquattrenne playmaker Claudio Coldebella («Mi piace, è cattivo») che dalla Grecia si porterà cinque campionati di ricordi e una splendida moglie in attesa di un contratto da showgirl con Mediaset. Dal Messina, Legadue, arriva l’ala Manuel Vanuzzo, 27 anni, 202 centimetri. Restano Mordente e Rancik, se ne vanno Bullock, Rusconi, Portaluppi e Michelori («Ha chiesto un ingaggio triplo»). Ardue le trattative per portare a Milano Booker e Joseph Blair («Costa un terzo del bilancio dell’Olimpia»). Ancora aperta la pista del condor Hugo Sconochini, trentenne guardia italo-argentina.
Gino Natali («uno di famiglia») è il nuovo direttore generale, resta sulla poltrona di comando Toni Cappellari, che di mercato se ne intende, e poi è innamorato della sua Milano. Ancora tutto fermo sul fronte coach: Corbelli desidera fortissimamente Attilio Caja («È una garanzia, non è mai andato sotto la sesta posizione») ma è bloccato dal contratto che lo vincola a Roma. Comunque, uno scacchiere, quello di Milano, ancora tutto da riempire, le pedine arriveranno. Intanto, ci sono soldi freschi e la passione di un pentito del Sud e del calcio.
Federico Pistone
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