DOPO un mese di allarmante stagnazione e di silenzi imbottiti di nulla, le due panchine di Basket City hanno trovato ieri, quasi simultaneamente, i loro titolari. Boscia Tanjevic è stato ufficializzato in mattinata dalla Virtus come successore di Messina, e presentato nel pomeriggio all´Arcoveggio: senza pompa, e pure senza presidente, in dichiarata sobrietà. Matteo Boniciolli ha ottenuto al telefono, da Giorgio Seragnoli, l´agognata riconferma, che pure la Virtus non ha ancora ufficializzato: l´irrituale procedura, da parte di chi ha spesso sventolato i vessilli della buona comunicazione, aggiunge solo l´ultima pennellata sghemba a un quadro già fosco.
Il derby che verrà sarà dunque pane per un padre e un figlio d´arte. Così soffia la prima suggestione della sfida Tanjevic-Boniciolli, se di queste atmosfere vorrà ancora nutrirsi una città del basket mai vista come oggi scettica e distante, in entrambe le diocesi. Uomo di molte avventure, buone letture e indubbio carisma personale, non nutrito di sole volute di sigaro e ultimi giri di grappa, Tanjevic potrà piacere o meno, ma occupa la fascia alta, nella gerarchia dei coach. In Italia ha più seminato che raccolto, né è un caso che lui stesso si sia sentito da ieri in una prima fila mai occupata: la sua Caserta nacque come un fiore nel deserto, la sua Trieste crebbe poco per volta, la sua Milano, che poi era Trieste trapiantata, vinse poco prima di avviare l´agonia. Boniciolli incrociò Boscia nelle stagioni triestine, ne fu ammaliato e un anno fa stava quasi per seguirlo a Lione, come vice, quando il padrino lo prese a pranzo, in ritiro con la nazionale, e gli fece: «Ti faccio guadagnar bene». Gli diede, più che il permesso, la benedizione per venirsene a Bologna. Oggi lo raggiunge, alla guida di quella Virtus dove regnava Messina: uno che Tanjevic non può non stimare, ma non riesce ad amare, ricambiatissimo, anche se qualche spigolo, di recente, s´è addolcito.
Tanjevic e Boniciolli iniziano da ieri a reggere questo cartellone di una stagione difficile, in cui ancora non s´intravvedono le compagnie recitanti e si profila anzi la minaccia che questo lungo mese di silenzi abbia già incubato gli effetti di una strisciante disaffezione. Sarà dura per Boniciolli sentirsi una scelta forte della società Fortitudo, dopo le incertezze di un´attesa umanamente sfiancante, e anche professionalmente improduttiva. E sarà dura per Tanjevic scalfire la corteccia di diffidenza che da lui non dipende, ma che la società Virtus ha ingrossato in questi mesi travagliati. Che Lombardi abbia sentito il bisogno di fare l´appello ai virtussini, richiamando i 130 anni di una storia indelebile, è il sintomo che uno stato d´incertezza esiste. Non c´è bisogno di ricordarla la storia, alla tifoseria che più vi si riconosce, con un orgoglio d´appartenenza che ha tratti unici in Italia. Bisogna solo, lavorando, cercare di farla. Come Ginobili, per esempio: un bravo giocatore, e un ottimo ragazzo che andremo volentieri a salutare, oggi alle 12 al Cierrebì, quando verrà a dirci arrivederci, è stato bello. Certo, bellissimo.
Walter Fuochi
Il derby che verrà sarà dunque pane per un padre e un figlio d´arte. Così soffia la prima suggestione della sfida Tanjevic-Boniciolli, se di queste atmosfere vorrà ancora nutrirsi una città del basket mai vista come oggi scettica e distante, in entrambe le diocesi. Uomo di molte avventure, buone letture e indubbio carisma personale, non nutrito di sole volute di sigaro e ultimi giri di grappa, Tanjevic potrà piacere o meno, ma occupa la fascia alta, nella gerarchia dei coach. In Italia ha più seminato che raccolto, né è un caso che lui stesso si sia sentito da ieri in una prima fila mai occupata: la sua Caserta nacque come un fiore nel deserto, la sua Trieste crebbe poco per volta, la sua Milano, che poi era Trieste trapiantata, vinse poco prima di avviare l´agonia. Boniciolli incrociò Boscia nelle stagioni triestine, ne fu ammaliato e un anno fa stava quasi per seguirlo a Lione, come vice, quando il padrino lo prese a pranzo, in ritiro con la nazionale, e gli fece: «Ti faccio guadagnar bene». Gli diede, più che il permesso, la benedizione per venirsene a Bologna. Oggi lo raggiunge, alla guida di quella Virtus dove regnava Messina: uno che Tanjevic non può non stimare, ma non riesce ad amare, ricambiatissimo, anche se qualche spigolo, di recente, s´è addolcito.
Tanjevic e Boniciolli iniziano da ieri a reggere questo cartellone di una stagione difficile, in cui ancora non s´intravvedono le compagnie recitanti e si profila anzi la minaccia che questo lungo mese di silenzi abbia già incubato gli effetti di una strisciante disaffezione. Sarà dura per Boniciolli sentirsi una scelta forte della società Fortitudo, dopo le incertezze di un´attesa umanamente sfiancante, e anche professionalmente improduttiva. E sarà dura per Tanjevic scalfire la corteccia di diffidenza che da lui non dipende, ma che la società Virtus ha ingrossato in questi mesi travagliati. Che Lombardi abbia sentito il bisogno di fare l´appello ai virtussini, richiamando i 130 anni di una storia indelebile, è il sintomo che uno stato d´incertezza esiste. Non c´è bisogno di ricordarla la storia, alla tifoseria che più vi si riconosce, con un orgoglio d´appartenenza che ha tratti unici in Italia. Bisogna solo, lavorando, cercare di farla. Come Ginobili, per esempio: un bravo giocatore, e un ottimo ragazzo che andremo volentieri a salutare, oggi alle 12 al Cierrebì, quando verrà a dirci arrivederci, è stato bello. Certo, bellissimo.
Walter Fuochi
Fonte: La Repubblica