FABRIANO — «Per adesso la mia prima premura, da fabrianese e non ancora da allenatore del Fabriano basket visto che a oggi non c'è alcun contratto scritto, è che martedì prossimo la Comtec accetti l'iscrizione della squadra al campionato». Da Los Angeles, Roberto Carmenati parte giocando sulla difensiva, ma è il primo a sapere che sarà lui il nuovo coach dei biancazzurri (tra oggi e domani dovrebbe essere firmato l'accordo definitivo) e che la società si dice tranquillissima sulla nuova scadenza burocratica. «Meglio così», aggiunge Roberto. «Se tutto va come deve andare, allora sarà importante sapere se davvero sarà di cinque unità il 'tetto' massimo degli extracomunitari per il futuro campionato».
Sembra proprio che sia così e anche che la dirigenza fabrianese ti dia il «via libera» per tornare in Italia venerdì prossimo con qualche contratto di americani già in saccoccia.
«Sono pronto a farlo. In quattro mesi trascorsi negli Stati Uniti sul taccuino ne ho annotati abbastanza di giocatori interessanti e pure abbordabili economicamente. Dirò di più: due o tre di questi già fanno parte del mio progetto tecnico».
Già che ci sei, dicci chi sono…
«I nomi non posso farli. Mica per altro, solo perché se arriva qualche società italiana o europea che offre 10 mila dollari in più del Fabriano (e non è difficile, ndr), secondo me perdiamo grosse occasioni».
Dicci almeno se, secondo te, riusciranno a sostituire nei cuori dei tifosi, beniamini assoluti come Monroe e, se partirà anche lui, Thompson.
«Certo, senza Rodney e Chandler si perde un uomo da venti punti sicuri a partita e un altro che nei momenti caldi dà sicurezza e garanzie. Ma io sono convinto che i giovani talenti 'sotto osservazione', pur con altre caratteristiche fisiche e tecniche, sapranno rimpiazzare adeguatamente i due campioni. Ripeto, sono nomi sconosciuti in Italia, ma che qui negli States per molti presto arriveranno in Nba. Uno addirittura la scorsa stagione già c'è stato…».
Insomma, quintetto a stelle e strisce, ma la panchina?
«Purtroppo se n'è andato Bonsignori, ora speriamo di trattenere Gattoni. Comunque a livello tecnico, in particolare, sugli stranieri, sono pronto ad assumermi tutte le responsabilità. Anche quella, se la società me la vorrà conferire, di fare il… general manager di me stesso. Ciò che conta veramente è che il progetto di squadra vada di pari passo con la stabilità societaria».
Già, ma se ti chiedono di arrivare ai play-off e non solo alla salvezza come lo scorso anno?
«Credo che si debba procedere piano piano, un passo alla volta e con molto realismo. Comunque, di sicuro da parte mia sono… bello carico. In tanti mi hanno detto che forse non era il caso di legarsi a una società con qualche problema, ma per me la sfida è ancora più elettrizzante».
E i tifosi? Qualcuno ti propone un colloquio dopo qualche tua dichiarazione quand'eri a Napoli non proprio graditissima… «Non ricordo bene, comunque disponibilissimo al dialogo. I duemila abbondati e i tremila fissi del PalaGuerrieri lo scorso anno sono un patrimonio inestimabile quanto la serie A1. Quanto a me, mi considero un fabrianese dentro. Da avversario ho sempre onorato le leggi del professionismo, ma ora che mi sento pronto a tornare nella mia città, ho tanti, ma tanti stimoli».
Alessandro Di Marco
Sembra proprio che sia così e anche che la dirigenza fabrianese ti dia il «via libera» per tornare in Italia venerdì prossimo con qualche contratto di americani già in saccoccia.
«Sono pronto a farlo. In quattro mesi trascorsi negli Stati Uniti sul taccuino ne ho annotati abbastanza di giocatori interessanti e pure abbordabili economicamente. Dirò di più: due o tre di questi già fanno parte del mio progetto tecnico».
Già che ci sei, dicci chi sono…
«I nomi non posso farli. Mica per altro, solo perché se arriva qualche società italiana o europea che offre 10 mila dollari in più del Fabriano (e non è difficile, ndr), secondo me perdiamo grosse occasioni».
Dicci almeno se, secondo te, riusciranno a sostituire nei cuori dei tifosi, beniamini assoluti come Monroe e, se partirà anche lui, Thompson.
«Certo, senza Rodney e Chandler si perde un uomo da venti punti sicuri a partita e un altro che nei momenti caldi dà sicurezza e garanzie. Ma io sono convinto che i giovani talenti 'sotto osservazione', pur con altre caratteristiche fisiche e tecniche, sapranno rimpiazzare adeguatamente i due campioni. Ripeto, sono nomi sconosciuti in Italia, ma che qui negli States per molti presto arriveranno in Nba. Uno addirittura la scorsa stagione già c'è stato…».
Insomma, quintetto a stelle e strisce, ma la panchina?
«Purtroppo se n'è andato Bonsignori, ora speriamo di trattenere Gattoni. Comunque a livello tecnico, in particolare, sugli stranieri, sono pronto ad assumermi tutte le responsabilità. Anche quella, se la società me la vorrà conferire, di fare il… general manager di me stesso. Ciò che conta veramente è che il progetto di squadra vada di pari passo con la stabilità societaria».
Già, ma se ti chiedono di arrivare ai play-off e non solo alla salvezza come lo scorso anno?
«Credo che si debba procedere piano piano, un passo alla volta e con molto realismo. Comunque, di sicuro da parte mia sono… bello carico. In tanti mi hanno detto che forse non era il caso di legarsi a una società con qualche problema, ma per me la sfida è ancora più elettrizzante».
E i tifosi? Qualcuno ti propone un colloquio dopo qualche tua dichiarazione quand'eri a Napoli non proprio graditissima… «Non ricordo bene, comunque disponibilissimo al dialogo. I duemila abbondati e i tremila fissi del PalaGuerrieri lo scorso anno sono un patrimonio inestimabile quanto la serie A1. Quanto a me, mi considero un fabrianese dentro. Da avversario ho sempre onorato le leggi del professionismo, ma ora che mi sento pronto a tornare nella mia città, ho tanti, ma tanti stimoli».
Alessandro Di Marco
Fonte: Il Resto del Carlino