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La Mabo non teme il taglio degli stranieri

La società amaranto ha sempre puntato sul settore giovanile

LIVORNO. 150 extracomunitari a disposizione del basket (più 10 posti per gli allenatori stranieri) invece di 220. Il consiglio del Coni ieri si è è allineato al volo alle richieste del governo di dare un colpo di forbici ai giocatori stranieri nello sport italiano, così in attesa dell'entrata in vigore della legge Bossi-Fini anche chi comanda dentro la palla a spicchi dovrà adeguarsi. Il consiglio federale il 21 giugno aveva deciso per cinque extracomunitari (più una sostituzione) a squadra in serie A1, ma nella prossima riunione di sabato Maifredi e gli altri non potranno non tenere conto dei nuovi parametri. E allora, visto che per tutte le discipline ci saranno a disposizione 1825 sportivi provenienti da paesi esterni all'Unione Europea, il basket professionistico dovrà fare retromarcia, tagliando settanta contratti.
La Lega ha preannunciato battaglia (punterà almeno a considerare comunitari anche i cosiddetti Bosman B, cioè i giocatori provenienti dalla ex Jugoslavia e dall'ex Urss, che intrattengono rapporti economici con l'UE), Maifredi ieri è stato l'unico a votare contro la proposta del Coni, ormai però le ruspe hanno tracciato la strada. E il basket avrà nuovi parametri: tre stranieri (più uno) in serie A, due (più uno) in Lega Due, due in serie A femminile. Un taglio drastico, discutibile dopo le infornate selvagge di extracomunitari degli anni scorsi, ma indispensabile per tutelare i vivai, il futuro della nazionale e ridare un senso a chi investe tempo e denaro nel reclutamento dei giovani.
Livorno è tra queste, anzi forse è in pole position. Con Parente, Santarossa, Garri, Giachetti, Cotani si ritrova un patrimonio di giocatori importanti. «E' una decisione - spiega Giuseppe Nieri, presidente della Mabo - che premia le scelte della società. La squadra si rivaluta, sia tecnicamente che sul piano economico. La decisione presa dal Coni è un premio al coraggio di chi ha puntato su questi ragazzi per la A2 e poi, anche quando in A1 le regole erano diverse, ha insistito su quella stessa politica, riuscendo a farli maturare tenendoli in campo, e non in naftalina. Segno che gli investimenti fatti in passato dal Don Bosco e nel presente dal Basket Livorno non erano e non sono una politica da ultimi romantici. Si valorizza tutto il capitale sociale, e questo mi sembra un dato oggettivo».
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