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Domani in Lega si discute sulle nuove norme

Troppi dettano legge così il basket è nel caos

LA LEGA Basket riunirà domani i suoi club per tentar di rappezzare il dissesto in cui versa questo sport un tempo ricco e famoso. Svuotare il mare con un bicchiere dev´essere impresa più facile. Davanti a un gioco che nell´ultimo mese ha cambiato regole tre volte, l´idea è che si stia assistendo solo all´inizio della fine. Il peggio deve ancora venire.
Le squadre della prossima serie A saranno incastri di passaporti più che di pregi tecnici: 4 extracomunitari, 3 italiani e, a ricaduta, 3 comunitari è la formula, per di più rigida. Tagliare l´americano lazzarone, sostituire il fuggitivo, provare il giovane promettente non si potrà più. Subìti gli orrori del mercato sempre aperto e d´una deregulation senza limiti (decenza inclusa), il basket, che di quei guasti, s´intende, fu complice, cade nell´eccesso opposto. Avrà solo vincoli, tali da paralizzare qualsiasi strategia.
Ma c´è qualcosa di più profondo e minaccioso dell´attuale stallo. Il caos nasce dal fatto che troppe autorità dettano norme, ormai di impossibile armonizzazione. Sull´ultimo caso s´intrecciano ad esempio una legge dello stato, una delibera del Coni, una della Fip e, presto, un regolamento di Lega. Aggiungiamo la norma UE di libera circolazione dei lavoratori, siamo a 5 fonti, e mancano i tribunali: state pur certi che qualcuno ci andrà.
E´ lo sfascio dello sport, almeno di quello che conoscevamo. Cambia il sistema organizzativo e, se sappiamo quel che c´era prima, dal Coni alle federazioni, non sappiamo quel che verrà. Ed è vero che la vecchia piramide, diciamo così "pubblica", esprimeva un potere superato e burocratico, talvolta clientelare e maneggione. Ma era una struttura riconosciuta. Oggi che c´è? Il caos o le fughe in avanti verso vaghe "privatizzazioni". Il basket ha creato l´Uleb e può essere che, pure in Italia, si progetti già una Lega "privata", fuoriuscita dal Coni. Non si vede in giro tanta trippa per mantenerla. Poi, se il governo dà 4 visti per squadra, quelli sono e stop. Si sa infine che queste norme varranno per un anno e potrebbero poi cambiare. Chi firmerà un contratto biennale a un giocatore, chi programmerà qualcosa di scadenza non imminente? Il mesto finale è che, abbisognando d´autonomia, sia normativa che economica, lo sport s´è consegnato mani e piedi al governo che lo manterrà in regime di sussistenza. La deriva sarà evitabile solo con la bontà delle scelte. Tanto poi, se si azzeccano, possono sempre cambiarle.
Walter Fuochi
Fonte: La Repubblica
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