«Noi vogliamo stare alle regole: vorrà dire che giocheremo con tre comunitari, quattro extra e tre italiani...». Gli altri in vacanza («Tanjevic dev'essere su qualche montagna del Montenegro a fumare i suoi sigari...» scherza), Dado Lombardi in città. Da solo in ufficio, con aria condizionata, telefoni e telefonini a fargli compagnia. Fare la Virtus non è una cosa facile a prescindere, figuriamoci adesso che le regole sono cambiate: è come vivere in una gabbia e il Dadone ci sta come una belva.
Non avendo un volto la squadra del dopo tante cose (Messina, Ginobili, Jaric, mica roba piccola) è ancora presto per giudicarlo come dirigente. Ma come dipendente è esemplare: il direttore generale Lombardi è uno che alle otto è già in ufficio e stacca a sera («Staccare? ma fammi il piacere...»). Gira in cravatta e in Panda, in pieno spirito di servizio: più che esibirsi, tocca a lui esibire una Virtus che piaccia. E davanti a tanti tifosi che storcono il naso chiede solo un po' di pazienza, come tutti coloro che sanno che il tempo (e i risultati) saranno galantuomini.
«Mi mancano due pezzi: un'ala e un italiano forte» conferma il Dadone. Che le strade per arrivare a destinazione non solo le conosce, ma le sta pure percorrendo. L'ala al momento sono due: Dan Langhi, carattere tipo lo Schoene visto con Peterson a Milano e tiro alla Morse, che Lombardi ha pure allenato, e Carlos Delfino, talento argentino della Viola, per il quale la Virtus non farà aste, come peraltro ha già fatto sapere la Benetton (e infatti sta per prenderlo la Fortitudo, ndr). Se poi saltasse fuori di meglio, magari dai tagli Nba, tanto di guadagnato. «Ma siamo lì, non si scappa: più di uno, non se ne può prendere» allarga le braccia il Dadone.
«E adesso dite voi quanti italiani ci sono in giro...» stuzzica Lombardi, riguardo il secondo pezzo mancante. Inutile girarci troppo intorno: il nome per il quale Tanjevic spinge fra un sigaro e l'altro è Andrea Meneghin, che con lui giocò da dio agli Europei d'oro, tre estati fa. Ma qui il discorso è lo stesso di Fucka, primo sogno di Boscia, di Dadone e del mercato bianconero: dopo il precedente Jaric, sperare che la Fortitudo lasci cambiare sponda a uno dei suoi è come pensare che possa nevicare a Rimini di Ferragosto.
«Guardi, piacerebbe anche a me fare la squadra con le vecchie regole: avrei fatto prima, magari sarei riuscito a prendere McDonald (andrà al Cska, ndr). Ma chiamarsi Virtus significa anche dare l'esempio» racconta Lombardi, che finirà per chiudere la lista dei comunitari scommettendo sul talento del regista francese Morlende e spera di risolvere al meglio la grana Granger: se rifiutasse di restare per giocare solo l'Eurolega, ci sarebbe forse da stupirsi?
Si stupisce, e un po' si arrabbia Lombardi quando sente in giro che quello della Virtus è un mercato deludente. Giustamente: se è deludente quello bianconero, chissà cosa dovrebbero dire in altre parrocchie, a cominciare da quella confinante. «Non esprimo valutazioni, le lascio a tifosi, quando però la squadra sarà pronta. Sapevo in partenza che sostituire chi è partito non sarebbe stato facile, perderei tempo se mi mettessi a cercare uno come Ginobili perchè quello è un pezzo unico. Sto solo cercando di dare a Tanjevic la miglior squadra che ci ha chiesto» conclude Lombardi. E chiude la porta, restandosene solo, con l'aria condizionata e i suoi telefoni.
Angelo Costa
Non avendo un volto la squadra del dopo tante cose (Messina, Ginobili, Jaric, mica roba piccola) è ancora presto per giudicarlo come dirigente. Ma come dipendente è esemplare: il direttore generale Lombardi è uno che alle otto è già in ufficio e stacca a sera («Staccare? ma fammi il piacere...»). Gira in cravatta e in Panda, in pieno spirito di servizio: più che esibirsi, tocca a lui esibire una Virtus che piaccia. E davanti a tanti tifosi che storcono il naso chiede solo un po' di pazienza, come tutti coloro che sanno che il tempo (e i risultati) saranno galantuomini.
«Mi mancano due pezzi: un'ala e un italiano forte» conferma il Dadone. Che le strade per arrivare a destinazione non solo le conosce, ma le sta pure percorrendo. L'ala al momento sono due: Dan Langhi, carattere tipo lo Schoene visto con Peterson a Milano e tiro alla Morse, che Lombardi ha pure allenato, e Carlos Delfino, talento argentino della Viola, per il quale la Virtus non farà aste, come peraltro ha già fatto sapere la Benetton (e infatti sta per prenderlo la Fortitudo, ndr). Se poi saltasse fuori di meglio, magari dai tagli Nba, tanto di guadagnato. «Ma siamo lì, non si scappa: più di uno, non se ne può prendere» allarga le braccia il Dadone.
«E adesso dite voi quanti italiani ci sono in giro...» stuzzica Lombardi, riguardo il secondo pezzo mancante. Inutile girarci troppo intorno: il nome per il quale Tanjevic spinge fra un sigaro e l'altro è Andrea Meneghin, che con lui giocò da dio agli Europei d'oro, tre estati fa. Ma qui il discorso è lo stesso di Fucka, primo sogno di Boscia, di Dadone e del mercato bianconero: dopo il precedente Jaric, sperare che la Fortitudo lasci cambiare sponda a uno dei suoi è come pensare che possa nevicare a Rimini di Ferragosto.
«Guardi, piacerebbe anche a me fare la squadra con le vecchie regole: avrei fatto prima, magari sarei riuscito a prendere McDonald (andrà al Cska, ndr). Ma chiamarsi Virtus significa anche dare l'esempio» racconta Lombardi, che finirà per chiudere la lista dei comunitari scommettendo sul talento del regista francese Morlende e spera di risolvere al meglio la grana Granger: se rifiutasse di restare per giocare solo l'Eurolega, ci sarebbe forse da stupirsi?
Si stupisce, e un po' si arrabbia Lombardi quando sente in giro che quello della Virtus è un mercato deludente. Giustamente: se è deludente quello bianconero, chissà cosa dovrebbero dire in altre parrocchie, a cominciare da quella confinante. «Non esprimo valutazioni, le lascio a tifosi, quando però la squadra sarà pronta. Sapevo in partenza che sostituire chi è partito non sarebbe stato facile, perderei tempo se mi mettessi a cercare uno come Ginobili perchè quello è un pezzo unico. Sto solo cercando di dare a Tanjevic la miglior squadra che ci ha chiesto» conclude Lombardi. E chiude la porta, restandosene solo, con l'aria condizionata e i suoi telefoni.
Angelo Costa
Fonte: Il Resto del Carlino