MILANO — Il nuovo corso dell'Olimpia comincia nel piccolo giardino della sede di via Caltanisetta. Tra brindisi e pasticcini, la Milano del basket prova a sognare di tornare tra le squadre che contano. Certo, dopo tanti anni di roster ballerini e mai completi sin dall'inizio della stagione, vedere questa volta il «tutto completo» fra i ruoli fa una certa impressione. Assenti giustificati Sconochini, impegnato con la sua Nazionale, Kidd e Garnett, alle prese con problemi di «visto».
Patron Corbelli, principe dell'antica arte del commercio, sa come «acquistare» la fiducia: «Aver comprato l'Olimpia è un atto d'amore. Ho costruito la squadra prima di avere la certezza di quali potranno essere gli introiti. Sapevo del forte malumore fra i tifosi ed è proprio per questo che abbiamo deciso di fondare una squadra (nuova per nove decimi, l'unico sopravvissuto è Rancik, ndr) che avesse elementi amati dal pubblico e che venisse incontro alle esigenze dell'allenatore». Sorride Corbelli: giura di aver dato il massimo e sceglie, come biglietto da visita, di tenere un basso profilo: «Anche se mi sono già occupato di basket e sono stato presidente di una società di calcio, mi sono rimesso in gioco e devo sicuramente migliorare. Dal gruppo mi aspetto coesione e che sappia seguire lo spirito dell'allenatore, che sappia dare, cioè, il massimo in ogni circostanza».
I tifosi provano a depurarsi dalle tante tossine accumulate nelle tribolate stagioni passate, ma mettono subito sull'attenti il nuovo coach, Attilio Caja: «Mi raccomando, non vogliamo vedere una squadra che va a Bologna con la mentalità di chi vuol perdere di 20 invece che di 40. Con Faina era così, non ne potevamo più...». Caja annuisce e dispensa tranquillità: «Lavorerò sin dall'inizio perché in tutti i miei giocatori siano bene impressi i concetti di lavoro, di umiltà e di squadra. Con queste basi si può iniziare un ottimo lavoro».
Basi che, per una vecchia conoscenza della piazza milanese come il centro Paolo Alberti, non esistevano nell'Olimpia dell'era Tacchini-Faina: «Erano troppo infarciti di grossi nomi, ognuno dei quali giocava solo per se stesso, peccato che questo sia uno sport di squadra. Ogni volta che scenderemo in campo, dimostreremo, qualsiasi sia il risultato finale, che avremo dato il massimo: così riporteremo finalmente entusiasmo fra i nostri tifosi. Perché Milano non può più essere solamente calcio».
Tra tanti nuovi acquisti, ce n'è uno particolarmente sotto esame: si tratta dell'americano Duane Simpkins. Il play di colore ha firmato sì un contratto annuale, ma per la sua permanenza saranno decisivi i prossimi trenta giorni: il giudizio di Caja sarà inappellabile. Simpkins va comunque a testa alta: «Anche quando stavo in America conoscevo la tradizione vincente dell'Olimpia. Sono arrivato nel miglior torneo d'Europa e metto a disposizione di Milano la mia forza in difesa e la mia capacità di distribuire palloni e assist. Prometto che giocherò duro».
Luca Degl'Innocenti
Patron Corbelli, principe dell'antica arte del commercio, sa come «acquistare» la fiducia: «Aver comprato l'Olimpia è un atto d'amore. Ho costruito la squadra prima di avere la certezza di quali potranno essere gli introiti. Sapevo del forte malumore fra i tifosi ed è proprio per questo che abbiamo deciso di fondare una squadra (nuova per nove decimi, l'unico sopravvissuto è Rancik, ndr) che avesse elementi amati dal pubblico e che venisse incontro alle esigenze dell'allenatore». Sorride Corbelli: giura di aver dato il massimo e sceglie, come biglietto da visita, di tenere un basso profilo: «Anche se mi sono già occupato di basket e sono stato presidente di una società di calcio, mi sono rimesso in gioco e devo sicuramente migliorare. Dal gruppo mi aspetto coesione e che sappia seguire lo spirito dell'allenatore, che sappia dare, cioè, il massimo in ogni circostanza».
I tifosi provano a depurarsi dalle tante tossine accumulate nelle tribolate stagioni passate, ma mettono subito sull'attenti il nuovo coach, Attilio Caja: «Mi raccomando, non vogliamo vedere una squadra che va a Bologna con la mentalità di chi vuol perdere di 20 invece che di 40. Con Faina era così, non ne potevamo più...». Caja annuisce e dispensa tranquillità: «Lavorerò sin dall'inizio perché in tutti i miei giocatori siano bene impressi i concetti di lavoro, di umiltà e di squadra. Con queste basi si può iniziare un ottimo lavoro».
Basi che, per una vecchia conoscenza della piazza milanese come il centro Paolo Alberti, non esistevano nell'Olimpia dell'era Tacchini-Faina: «Erano troppo infarciti di grossi nomi, ognuno dei quali giocava solo per se stesso, peccato che questo sia uno sport di squadra. Ogni volta che scenderemo in campo, dimostreremo, qualsiasi sia il risultato finale, che avremo dato il massimo: così riporteremo finalmente entusiasmo fra i nostri tifosi. Perché Milano non può più essere solamente calcio».
Tra tanti nuovi acquisti, ce n'è uno particolarmente sotto esame: si tratta dell'americano Duane Simpkins. Il play di colore ha firmato sì un contratto annuale, ma per la sua permanenza saranno decisivi i prossimi trenta giorni: il giudizio di Caja sarà inappellabile. Simpkins va comunque a testa alta: «Anche quando stavo in America conoscevo la tradizione vincente dell'Olimpia. Sono arrivato nel miglior torneo d'Europa e metto a disposizione di Milano la mia forza in difesa e la mia capacità di distribuire palloni e assist. Prometto che giocherò duro».
Luca Degl'Innocenti