PESARO – Domanda: a quanti metri finisce il suo raggio di tiro? Risposta: «Metri? Chilometri vorrà dire...». Domanda: quale punto del campo preferisce per tirare? Risposta: «Uno qualunque».
Clarence “Tudy" Gilbert è ironico e sfrontato, e l’intervistatore di “SportingNews" perde la pazienza: da cosa si maschera per Halloween? «Da Clarence Gilbert». Ma l’ultima maschera indossata? «Quella dell’Uomo Ragno, quando avevo 12 anni».
Prima di finire su toni da “Blob", l’intervista americana al nuovo cecchino della Scavolini aveva fornito qualche spunto più interessante: il momento in cui si è sentito più “caldo"? «Quando ho segnato 20 punti in 5 minuti contro Iowa (43 alla fine, ndr): prendevo fuoco!». Dove ha passato le vacanze? «In giro per i campetti col mio amico Keyon (Dooling, ndr)». Siete inseparabili, vero? Adesso come si terrà in contatto con lui? «Con la chat». Quali sono i suoi miti? «Nel basket? Isiah Thomas e Jerry West». E il suo hobby? «Collezionare DVD (ne ho più di 200)». Il film preferito? «Scarface». L’attore e l’attrice? «Denzel Washington e Nia Long».
Come le piacerebbe essere ricordato dai Tigers del Missouri? «Come la tigre più feroce». Li legge i giornali sportivi? «Solo se me li prestano». L’inviato di “SportingNews" deve averne abbastanza, perché commenta: «Signori, ecco Gilbert, un giocatore che deve ancora incontrare un tiro che non... gli piaccia; un tiratore “di striscia" che quando è in vena affonda la squadra avversaria, ma quando non lo è affonda la propria!».
E’ la celebre “maledizione del tiratore", che volete farci. Un eroe finché va bene, il capro espiatorio quando si perde.
«Ma le critiche non lo scalfiscono – dice il suo coach Quin Snyder – Lui è una Roccia, come il suo nick, non si piega e non si spezza. In questi quattro anni di college ha dimostrato un carattere incredibile».
Come quella volta che aveva un dito rotto e litigò coi medici perché voleva giocare lo stesso. Risultato: 23 punti rifilati a Ucla. «Ti fa male?», gli urlava il massaggiatore. «Mi fa male cosa?», rispondeva lui. Alla fine dell’incontro quasi sveniva per il dolore. Campionato Ncaa 2000-2001, gara decisiva contro Iowa, 77 pari a dieci secondi dalla fine. Gilbert arpiona la palla e vola da un canestro all’altro, fiondandosi in sottomano: fallo, due liberi. Sbaglia il primo. Tutti col cuore in gola. Insacca il secondo: è l’apoteosi. Lo portano in trionfo. Clarence, Clarence: cos’hai pensato dopo aver fallito quel primo libero? «Che dovevo segnare il secondo».
Impenetrabile, non lascia trapelare emozioni. Casomai le scatena nel cuore dei fans: «E’ il giocatore più selvaggio e divertente che abbiamo mai visto alla Missouri, e anche il tiratore più grande!», «Mai visto sparare da tre con tanta scioltezza e disinvoltura: quasi cento bombe a stagione, anche 12 in una sola partita: uno spettacolo!». Un beniamino dei giovani Usa (lo diventerà anche a Pesaro?).
«Mi piace giocare forte – dice la Roccia – mi piace affrontare le partite a muso duro. E se anche gli avversari fanno lo stesso, bene: mi piace ancora di più». Al suo “maestro" Snyder non dispiaceva, e gli perdonava volentieri qualche tiro forzato. Crespi, se l’ha scelto, saprà fare altrettanto.
Se poi farà ammattire i giornalisti, pazienza. L’importante è che faccia diventare matti anche i tifosi.
Giancarlo Iacchini
Clarence “Tudy" Gilbert è ironico e sfrontato, e l’intervistatore di “SportingNews" perde la pazienza: da cosa si maschera per Halloween? «Da Clarence Gilbert». Ma l’ultima maschera indossata? «Quella dell’Uomo Ragno, quando avevo 12 anni».
Prima di finire su toni da “Blob", l’intervista americana al nuovo cecchino della Scavolini aveva fornito qualche spunto più interessante: il momento in cui si è sentito più “caldo"? «Quando ho segnato 20 punti in 5 minuti contro Iowa (43 alla fine, ndr): prendevo fuoco!». Dove ha passato le vacanze? «In giro per i campetti col mio amico Keyon (Dooling, ndr)». Siete inseparabili, vero? Adesso come si terrà in contatto con lui? «Con la chat». Quali sono i suoi miti? «Nel basket? Isiah Thomas e Jerry West». E il suo hobby? «Collezionare DVD (ne ho più di 200)». Il film preferito? «Scarface». L’attore e l’attrice? «Denzel Washington e Nia Long».
Come le piacerebbe essere ricordato dai Tigers del Missouri? «Come la tigre più feroce». Li legge i giornali sportivi? «Solo se me li prestano». L’inviato di “SportingNews" deve averne abbastanza, perché commenta: «Signori, ecco Gilbert, un giocatore che deve ancora incontrare un tiro che non... gli piaccia; un tiratore “di striscia" che quando è in vena affonda la squadra avversaria, ma quando non lo è affonda la propria!».
E’ la celebre “maledizione del tiratore", che volete farci. Un eroe finché va bene, il capro espiatorio quando si perde.
«Ma le critiche non lo scalfiscono – dice il suo coach Quin Snyder – Lui è una Roccia, come il suo nick, non si piega e non si spezza. In questi quattro anni di college ha dimostrato un carattere incredibile».
Come quella volta che aveva un dito rotto e litigò coi medici perché voleva giocare lo stesso. Risultato: 23 punti rifilati a Ucla. «Ti fa male?», gli urlava il massaggiatore. «Mi fa male cosa?», rispondeva lui. Alla fine dell’incontro quasi sveniva per il dolore. Campionato Ncaa 2000-2001, gara decisiva contro Iowa, 77 pari a dieci secondi dalla fine. Gilbert arpiona la palla e vola da un canestro all’altro, fiondandosi in sottomano: fallo, due liberi. Sbaglia il primo. Tutti col cuore in gola. Insacca il secondo: è l’apoteosi. Lo portano in trionfo. Clarence, Clarence: cos’hai pensato dopo aver fallito quel primo libero? «Che dovevo segnare il secondo».
Impenetrabile, non lascia trapelare emozioni. Casomai le scatena nel cuore dei fans: «E’ il giocatore più selvaggio e divertente che abbiamo mai visto alla Missouri, e anche il tiratore più grande!», «Mai visto sparare da tre con tanta scioltezza e disinvoltura: quasi cento bombe a stagione, anche 12 in una sola partita: uno spettacolo!». Un beniamino dei giovani Usa (lo diventerà anche a Pesaro?).
«Mi piace giocare forte – dice la Roccia – mi piace affrontare le partite a muso duro. E se anche gli avversari fanno lo stesso, bene: mi piace ancora di più». Al suo “maestro" Snyder non dispiaceva, e gli perdonava volentieri qualche tiro forzato. Crespi, se l’ha scelto, saprà fare altrettanto.
Se poi farà ammattire i giornalisti, pazienza. L’importante è che faccia diventare matti anche i tifosi.
Giancarlo Iacchini