CERVIA (Ravenna) — Avesse ottenuto qualche euro per ogni chilometro coperto quest'anno sarebbe l'uomo più ricco d'Italia. Charlie Recalcati (nella foto) ha interpretato il ruolo di ct della nazionale di basket nel migliore dei modi. Non si è accontentato delle relazioni dei suoi più stretti collaboratori, ma ha girato l'Italia in lungo e in largo, promuovendo stage e raduni, alla ricerca di nuovi talenti da ricostruire. Poi il ct è stato in Cina con la nazionale, in Lituania con gli under 20 ed è pronto per Indianapolis dove, ai mondiali che iniziano a fine mese, spierà le nostre avversarie. Prima di rifare la valigia si è rifugiato per qualche giorno nel suo personale ritiro di Cervia.
Recalcati, parliamo di mondiali, forse per farci del male. Chi vede come vincitore?
«Teoricamente gli Stati Uniti, perché sono forti e non vorranno deludere i loro tifosi. Ma la Jugoslavia, con Stojakovic e Divac, è un complesso che può dare fastidio a tutti. Stati Uniti compresi».
Altre dolenti note: gli europei under 20 in Lituania.
«Dal quarto posto di Zara, con i cadetti, siamo passati, con lo stesso gruppo, all'undicesima posizione. Una delusione, è chiaro, perché avevamo gli stessi ragazzi. Gli altri sono cresciuti, noi siamo regrediti. La Spagna, per esempio, che a Zara era fuori degli otto, ha raggiunto il secondo posto».
Cosa significa?
«Che i loro giovani sono migliorati. Che hanno lavorato molto bene su una generazione che sembrava buca».
Di questo passo lei diventerà lo spot vivente del governo Berlusconi.
«Prego?».
Nessun giovane valido, ergo nessun azzurro pensionabile. E lunga vita agli over 30.
«Sto pensando alle terme».
In che senso?
«Nell'affrontare un raduno, con i nostri trentenni, e costringerli, prima, a un periodo di cure e relax. Ne abbiamo già parlato. E forse lo faremo, perché servirerebbe, per recuperare dal punto di vista fisico. Abbiamo bisogno di loro. E di mantenerli sani ed efficienti ».
Intanto abbiamo provato a proteggere il prodotto italico chiudendo le porte agli extracomunitari.
«E' una decisione che non risolve i nostri problemi, ma serviva una regolamentazione che andrà comunque perfezionata. Gli italiani non miglioreranno d'incanto, se il loro posto sarà preso dai comunitari. Mi piace, però, il progetto del consiglio federale che vuole cambiare l'applicazione della legge 91. Dando modo alle società di controllare i giovani fino a 21 anni e non più fino a 18. I grossi club, trascurando un po' il vivaio, lamentavano l'applicazione di questa legge. Vedremo se saranno di parola».
Passiamo a Bologna. Sotto le Due Torri si sta stringendo la cinghia: è un brutto segno?
«No, è un fenomeno che mi preoccupa relativamente. Qualcosa andava cambiato perché le cifre che giravano erano vertiginose. Ne guadagnerà il campionato con più equilibrio».
Si parla molto di Siena.
«Sulla carta, ora, è da titolo. Vedremo le altre».
La Benetton campione?
«Beh, ha perso l'allenatore che ha vinto, ma si è cautelata con il miglior allenatore. E se il miglior allenatore, Messina, si trova nella società che vanta la migliore organizzazione… C'è uno staff di prim'ordine, collaboratori e Gherardini che, nel suo campo, è il numero uno».
La Fortitudo?
«Mai rimpiangere le partenze, anche se rappresentano una pagina di storia».
Se n'è andato Meneghin.
«Speravo lo facesse. Deve tornare a essere se stesso. In Fortitudo, il primo anno, ha stretto i denti perché Myers era infortunato. In realtà stava male anche lui: ha pagato questa situazione».
E Pozzecco al PalaDozza?
«Lui è uno che si carica, che ha bisogno d'entusiasmo. Può trovare subito il feeling con i tifosi. Se non ha questa carica perde il 90 per cento delle sue capacità. La Fortitudo è l'ambiente adatto».
Che effetto le farebbe il «Menego» in bianconero?
«Non lo so. Non ho ancora parlato con lui».
Alessandro Gallo
Recalcati, parliamo di mondiali, forse per farci del male. Chi vede come vincitore?
«Teoricamente gli Stati Uniti, perché sono forti e non vorranno deludere i loro tifosi. Ma la Jugoslavia, con Stojakovic e Divac, è un complesso che può dare fastidio a tutti. Stati Uniti compresi».
Altre dolenti note: gli europei under 20 in Lituania.
«Dal quarto posto di Zara, con i cadetti, siamo passati, con lo stesso gruppo, all'undicesima posizione. Una delusione, è chiaro, perché avevamo gli stessi ragazzi. Gli altri sono cresciuti, noi siamo regrediti. La Spagna, per esempio, che a Zara era fuori degli otto, ha raggiunto il secondo posto».
Cosa significa?
«Che i loro giovani sono migliorati. Che hanno lavorato molto bene su una generazione che sembrava buca».
Di questo passo lei diventerà lo spot vivente del governo Berlusconi.
«Prego?».
Nessun giovane valido, ergo nessun azzurro pensionabile. E lunga vita agli over 30.
«Sto pensando alle terme».
In che senso?
«Nell'affrontare un raduno, con i nostri trentenni, e costringerli, prima, a un periodo di cure e relax. Ne abbiamo già parlato. E forse lo faremo, perché servirerebbe, per recuperare dal punto di vista fisico. Abbiamo bisogno di loro. E di mantenerli sani ed efficienti ».
Intanto abbiamo provato a proteggere il prodotto italico chiudendo le porte agli extracomunitari.
«E' una decisione che non risolve i nostri problemi, ma serviva una regolamentazione che andrà comunque perfezionata. Gli italiani non miglioreranno d'incanto, se il loro posto sarà preso dai comunitari. Mi piace, però, il progetto del consiglio federale che vuole cambiare l'applicazione della legge 91. Dando modo alle società di controllare i giovani fino a 21 anni e non più fino a 18. I grossi club, trascurando un po' il vivaio, lamentavano l'applicazione di questa legge. Vedremo se saranno di parola».
Passiamo a Bologna. Sotto le Due Torri si sta stringendo la cinghia: è un brutto segno?
«No, è un fenomeno che mi preoccupa relativamente. Qualcosa andava cambiato perché le cifre che giravano erano vertiginose. Ne guadagnerà il campionato con più equilibrio».
Si parla molto di Siena.
«Sulla carta, ora, è da titolo. Vedremo le altre».
La Benetton campione?
«Beh, ha perso l'allenatore che ha vinto, ma si è cautelata con il miglior allenatore. E se il miglior allenatore, Messina, si trova nella società che vanta la migliore organizzazione… C'è uno staff di prim'ordine, collaboratori e Gherardini che, nel suo campo, è il numero uno».
La Fortitudo?
«Mai rimpiangere le partenze, anche se rappresentano una pagina di storia».
Se n'è andato Meneghin.
«Speravo lo facesse. Deve tornare a essere se stesso. In Fortitudo, il primo anno, ha stretto i denti perché Myers era infortunato. In realtà stava male anche lui: ha pagato questa situazione».
E Pozzecco al PalaDozza?
«Lui è uno che si carica, che ha bisogno d'entusiasmo. Può trovare subito il feeling con i tifosi. Se non ha questa carica perde il 90 per cento delle sue capacità. La Fortitudo è l'ambiente adatto».
Che effetto le farebbe il «Menego» in bianconero?
«Non lo so. Non ho ancora parlato con lui».
Alessandro Gallo
Fonte: Il Resto del Carlino