ROSETO - Ieri se n'è andato Giovanni Giunco, nato a Campli nel 1923 e rosetano da una vita. All'alba, ha chiuso per sempre la porta. Me lo immagino, con l'aria da finto burbero, prendere la corriera che lo porta all'eterno riposo. Me lo immagino e ricordo le gioie delle promozioni, con lui a farsi da parte per lasciare la platea ad altri. Me lo ricordo nelle sue lucide analisi, nei suoi pungenti commenti figli di un intelletto purissimo e limpido. Mi appiglio ai ricordi, ma le corde saltano una a una. Adesso, purtroppo, c'è soltanto la morte che si porta via Giovanni e la consapevolezza che, nel mondo dei vivi, non ci si potrà mai più incontrare. E Giovanni ci mancherà, come mancano le intelligenze fuori dagli schieramenti. Mancherà il suo modo lucido di pensare e di dire le cose fuori dai denti, il suo essere schietto senza mai ledere la dignità di nessuno. Mancheranno i suoi insegnamenti in tema di managerialità sportiva. Giovanni lascia la sua compagna, Minette e i figli Loretta, Cristina e Maurizio, ma non lascia soltanto familiari e parenti. Lascia una Roseto alla quale ha dato tutta la sua prestigiosa e inesauribile voglia di fare, tenendo viva la fiammella della pallacanestro negli anni più bui della serie C, quando nessuno ci credeva più. Lascia le sue battaglie e le innovazioni come quella dei ciclisti russi portati nel circuito professionistico. Già, ciclismo, perchè Giovanni, medaglia d'oro CONI e medaglia d'oro CIO (il non plus ultra dei riconoscimenti) è stato uomo di sport a tutto tondo, dirigente di fiducia del Cavalier Borghi e del Commendator Scibilia, professionista stimato da tutto il mondo sportivo. Ricordo quando Adriano De Zan lo salutava dai microfoni della Rai, durante il Giro d'Italia o quando gente importante dello sport lo avvicinava in modo ossequioso. Lui è rimasto sempre il Presidente capace di essere anche padre di famiglia per i suoi atleti. Con lui finisce, probabilmente, l'era del mecenatismo nello sport. Giovanni ci lascia sereno, con una cravatta blu, sulla quale sono impressi tanti palloni da basket dorati.
Luca Maggitti
Luca Maggitti