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Scavolini, un altro rookie ma con assaggi di Nba

Chi è Norman Richardson

PESARO – Diciotto vittorie consecutive: una bella striscia! Un anno fa fruttò a Jay Wright, coach della Hofstra University, la palma di “allenatore dell’anno" della East Conference. Eppure non tutti erano convinti del suo genio: «Sapete perché i suoi time-out durano così poco? – malignavano i reporters della CBN – perché ordina sempre lo stesso schema: palla a Richardson e speriamo bene!». Già, fu soprattutto Norm Richardson (la sua “forza stellare", come scrisse Bob Wenzel) a trascinare il college al record storico e ad impersonare al meglio quel “Hofstra Pride" (orgoglio) che campeggia nel logo dell’Università, sia in termini di tiro (17 punti di media, ma anche 34 in una partita, in doppia cifra 28 volte su 31, e dieci volte sopra i venti) che di rimbalzi (6 di media ma con un high di 16!). Insomma, per pareggiare i conti col suo coach anche lui vinse il titolo di “giocatore dell’anno" e giustizia fu fatta. Tutto questo un anno fa. Nel frattempo Richardson ha calcato i parquet della Nba, con i Pacers prima e i mitici Bulls poi, ma dopo appena 11 gare giocate per pochi minuti – con l’unico exploit dei 10 punti segnati l’11 aprile a New York (2/5 da due, 2/3 da tre e 3 rimbalzi) – possiamo forse definirlo un veterano? No, è di fatto un altro “rookie", fresco di college o quasi, un ragazzino che arriva in una squadra di ragazzini solo di qualche mese più giovani (Pecile, Gilbert, McGhee, Christoffersen, Malaventura), con il solo Beric, nel reparto “piccoli", a fare da chioccia. Tutti ottimi all’università i nuovi acquisti, tutti eccellenti prospetti, ma... accidenti signor Crespi (e dirigenti): che coraggio! Sia detto senza ironia, anzi. Una campagna acquisti scoppiettante, creativa, fantasiosa. Coraggiosa, appunto. Fors’anche geniale: sarà il campo a dirlo. Ma un esperto, un veterano là dietro non si poteva trovare il modo di metterlo? Per affiancare Beric il quale, dopo la stagione che ha disputato, non può obbiettivamente passare per una sicurezza. A meno che non lo diventi quest’anno. A meno che Pecile, play azzurro magari con addosso i gradi di capitano, non sappia fare “tre anni in uno" per laurearsi novello Booker. A meno che la concorrenza che così si viene di fatto a creare tra due grandi attaccanti quasi coetanei, Richardson e Gilbert, non metta in moto un circolo virtuoso. A meno che la prorompente giovinezza di questa nuova Scavolini, in cui tutti hanno qualcosa da dimostrare rabbiosamente all’universo mondo, non esploda in faccia al campionato come la Cantù della scorsa stagione. Tutto stimolante, eccitante, intrigante come ogni ventata di novità (e qui è tutto nuovo). Ma bisogna essere coscienti di una cosa: questa è una capriola su una fune, e senza la rete sotto! Da ovazione... se riesce. Un’avventura che sarebbe da vivere insieme, squadra e tifoseria, unite e solidali, perché è innanzitutto il popolo biancorosso lo “zoccolo duro" dal quale ripartire. Ecco perché le condizioni della campagna abbonamenti avrebbero potuto andare maggiormente incontro a chi vuole continuare a seguire la squadra del cuore ancorché “ridimensionata" (nel roster, nel numero di partite e nelle ambizioni) ma è riluttante a passare subito alla cassa per siglare, con un assegno pesante, un acquisto ancora in buona parte a scatola chiusa.
Giancarlo Iacchini
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